Il concerto al Folk Club di Torino giovedì 30 gennaio

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Pierluigi Balducci (foto Dorit Winkler)

Pierluigi Balducci (foto Dorit Winkler)

Se dovessi trovare un aggettivo per definire il concerto al Folkclub di Pierluigi Balducci con Paul McCandless (oboe e sax), Michele Rabbia (batteria) e John Taylor (pianoforte) lo definirei “morbidamente complesso”. Ovvero melodico, fruibile, accattivante ma non “easy” nel senso deteriore del termine. E il motivo non è difficile da capire.

Pierluigi Balducci suona il basso elettrico portando un retroterra di suggestioni varie che fanno parte di un suo personalissimo linguaggio musicale: il Jazz naturalmente, ma anche il tango, la musica brasiliana, e – come orgogliosamente ricorda durante il concerto – anche la sua Puglia. Non collage, piuttosto trama, tessuto di suoni che sembrano essere connaturati a John Taylor e Paul McCandless, e a Michele Rabbia, che trasforma quei suoni in battiti e altri suoni.  Lo dice Balducci: “io ho sempre suonato con loro, quando suonavo con il mio basso sui loro dischi, mi è sembrato naturale chiedere la loro collaborazione”.Tutto dunque scorre naturale, piacevole, e pieno di spunti reciproci continui. Brani originali tratti dal cd “Blue from Heaven”, edito da “Dodicilune”, che Balducci sta portando in giro per l’ Europa con questi tre straordinari musicisti, ma anche standard classici di autori come Bill Frisell, affrontati con una varietà di approccio notevole: ruoli intercambiabili nell’ esposizione dei temi, nel disegno sempre curato degli accompagnamenti reciproci, soli che diventano melodie nelle melodie, momenti ben definiti armonicamente e ampi spazi sospesi.

Il pianoforte di John Taylor, a tratti persino poetico, trova un suo riscontro nei battiti pieni di musica, e acqua, e aria, persino, della batteria e delle mille bacchette di Michele Rabbia, così come l’ oboe (sempre emozionante) di Paul McCandless suona note che si attorcigliano armoniosamente con quelle del basso di Balducci, in un fluire continuo di musica evocativa, ma anche fortemente strutturata.  I riff iniziali di basso tracciano spunti fecondi che vengono sviluppati agevolmente da pianoforte, oboe e batteria (come ad esempio in “Blue from heaven” ), anche quando vengono presentate in forma di “ostinato”: che in quanto tale conta anche ritmicamente… e allora il ritmo diventa suono, spesso proprio ad opera di Rabbia, che in “Solo Rabbia” dà un’ idea di quante cose può fare un percussionista, se visionario come lui… mai cognome fu più “inadatto” all’ inclinazione di un musicista che riesce ad esprimere certamente ben altro che solo rabbia.

Pierluigi Balducci Quartet (foto COOPERATIVA SJOT ALIVE - Lecce)

Pierluigi Balducci Quartet (foto COOPERATIVA SJOT ALIVE – Lecce)

La scelta dei brani è varia ma c’è sempre un filo conduttore: un amore per  le danze, come il tango o anche la mazurka,  per brani a volte malinconici e dolci, una inclinazione per i tempi in 3 o per il terzinato che culla in un certo senso chi ascolta. E il suonare il basso spesso come una chitarra, che canta e non solo “struttura” il pezzo: questa la particolarità di Balducci, del quale la vena compositiva è totalmente congrua con il suo modo particolare di suonare il basso. La bellezza è fatta di cose semplici, è vero: ma di tante cose semplici, intrecciate armoniosamente tra loro.

John Taylor (foto Daniela Crevena)

John Taylor (foto Daniela Crevena)

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