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Come mai hai scelto il contrabbasso e quando hai capito che avresti vissuto suonando?

E. Avevo vent’ anni, era il 1975 e venivo da esperienze dilettantesche con tantissimi strumenti: batteria, chitarra e tastiere suonate a orecchio, poi lezioni di sassofono con Maurizio Giammarco. All’ improvviso, l’ impazzimento per il contrabbasso, dopo aver sentito un disco. Studiavo un assolo di sassofono di Joe Farrel su un disco di Chick Corea. Stanley Clarke al contrabbasso. Ho preso questa decisione dopo aver sentito quel suono…. E pensare che oggi Stanley Clarke è un contrabbassista che, pur rispettandone la bravura, mi piace poco ! Non mi piacciono le sue scelte stilistiche, il suo modo un po’ troppo americano “ muscolare” , se posso permettermi il termine “piacione”. Non mi emoziona più, mentre allora fu la ragione della mia scelta.

D. Forse da ragazzi le cose tecniche piacciono di più…

E. Forse si. O forse da ragazzi si subisce maggiormente il fascino di una certa scuola “americana” e poi crescendo ci si accorge che non c’è solo quello.
Quel che conta è che ho cominciato a studiare il contrabbasso e quasi subito ho capito che avrei vissuto facendo il contrabbassista.

D. A che età è possibile cominciare a studiare il contrabbasso? Perché di certo le dimensioni di questo strumento sono notevoli…

E: All’epoca il mio maestro mi disse che il contrabbasso, a differenza di altri strumenti che puoi suonare anche a tre o quattro anni, prima dei 17 anni non lo si poteva cominciare a studiare, poiché richiede uno sforzo fisico per gestire la sua mole, per domarlo, e in un fisico non ancora completamente sviluppato potrebbe provocare dei danni. In realtà esistono dei contrabbassi con un formato molto piccolo (i cosiddetti 2/4) che servono proprio a cominciare, per poi gradualmente passare a quello regolare.

D. Chi era il tuo maestro?

E. Massimo Giorgi, dei Solisti Aquilani, grandissimo solista, prestigioso, che adesso insegna a Santa Cecilia. Ho preso lezioni private da lui per poco tempo ma per me sono state molto importanti.

D. Di che materiale è fatto un contrabbasso?

E. Di solito per il contrabbasso sono preferiti legni di minore compattezza, il noce, il cipresso, il pioppo, come quello con cui studio e che hai davanti, ma ne esistono di vari legni, acero, abete, possono anche essere in compensato e magari suonare discretamente bene.

D. E le corde?

E. Le corde sono di acciaio rivestite, ma possono essere anche di budello rivestito o di puro budello.

D. E che differenza hanno?

E. Con il budello si fa soprattutto la musica classica barocca… però ad esempio nel jazz Charlie Haden ha ricominciato ad usare il budello rivestito per avere quel suono lì un po’ più antico, un po’ più “pomposo”, diciamo.

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D. Di quante parti è composto il contrabbasso?

E. Dal riccio, il manico, la tastiera, di ebano o palissandro, le meccaniche su cui avvolgere le corde e i piroli per accordarlo, le fasce superiori mediane e inferiori, davanti il piano armonico, dietro il fondo che può essere piatto o bombato, l’anima, un cilindretto di legno che trasmette il suono dal piano armonico al fondo, la catena al suo interno che ha un ruolo di sostegno, il ponticello, la cordiera e il puntale.

D. Poi c’è l’ archetto…

E. Si, l’ archetto, che può essere francese o tedesco. Quello francese è più sottile nella impugnatura, quello tedesco è più largo e consente di infilarvi le dita ottenendo una leva più favorevole e più potenza, con il francese hai più scioltezza. Ognuno sceglie quello che gli è più congeniale, comunque puoi avere una grande scioltezza anche col tedesco. Questo che ho io è francese in carbonio.

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D. Come sono disposte le corde dal punto di vista dell’ intervallo tra loro? Quelle della chitarra sono per intervalli di quarta, per il contrabbasso?

E. Anche nel contrabbasso mi, la, re sol, solo che si ferma alla quarta corda. E’ come un basso elettrico, ma mentre quest’ultimo è una chitarra con due corde in meno, il contrabbasso è un violino gigante , per cui sono molto diversi come approccio. Suonando il contrabbasso nelle prime posizioni sulla tastiera devi usare medio e anulare come se fossero un dito unico, mentre quando suoni nel registro alto il pollice diventa il capotasto e le altre dita, escluso il mignolo, agiscono individualmente. Il basso elettrico ha più la tecnica del violoncello, se proprio vogliamo fare un paragone, sono due famiglie diverse, anche se il ruolo del contrabbasso e del basso elettrico nella musica moderna sono molto simili.

D. Tu lo suoni il basso elettrico?

E. L’ ho suonato tanto negli anni 80 con Lingomania, però poi l’ ho un po’ abbandonato. Magari quando sarò anziano e non ce la farò più a portare questo….. lo riprenderò da sotto il letto, dove è adesso!

D. La differenza tra i due non è solo tecnica….

E. No, in effetti… non c’è paragone. Oggettivamente, qui la nota te la vai a cercare, a costruire, ha un altro “peso specifico”.

D. In effetti qui non ci sono i riferimenti….

E. Infatti, non è uno strumento ad accordatura fissa, come lo è ad esempio il pianoforte o come gli strumenti a tasti, chitarre e bassi elettrici: bisogna studiare, allenarsi moltissimo, per trovare l’ intonazione. Di solito per l’ intonazione, e anche per il suono, bisogna allenarsi facendo note lunghe: perché se fai un passaggio veloce e non sei perfettamente intonato di solito si può anche “soprassedere …”, ma se suoni lentamente te ne accorgi subito: e questo ti mette un po’ alla prova, sei “nudo” di fronte all’ intonazione e sei costretto a lavorarci.

D. Bisogna anche avere orecchio…

E. Si bisogna averlo, come per tutta la musica, ma non puoi vivere solo di quello.
Non è solo una questione di tecnica: è anche una questione di forza, di energia: guarda le mie mani, questo mignolo è molto più grande dell’ altro, così come questo indice è molto più grande dell’ altro, ho molti calli. Cioè, ti vai a modificare il corpo. Vedi che questa mia spalla è più bassa dell’ altra, ad esempio? Fisicamente è abbastanza impegnativo, faticoso, bisogna sempre stare attenti a possibili acciacchi fisici, in particolare alla schiena.

D. Il contrabbasso dunque può avere diverse grandezze: ad esempio Ron Carter ne suona anche uno un po’ più piccolo degli altri, giusto?

E. Si, per un periodo lui ha suonato un “piccolo”, non vorrei sbagliare ma è un po’ meno di un 2/4. Mi spiego meglio: principalmente i contrabbassi vengono classificati secondo la loro grandezza, e principalmente abbiamo ¾ e 4/4, sia nel classico che nel Jazz. Nella musica classica si prediligono un po’ i 4/4, perché in orchestra serve un suono molto potente, mentre nel Jazz, spesso per problemi di facilità di trasporto, si suonano molto i ¾. La differenza ovviamente è nelle dimensioni e nel diapason.

D. Ti interrompo, per diapason che intendi?

E. Il diapason è la lunghezza della corda vibrante, in inglese string-lenght, e va dal capotasto al ponticello. In questo caso questo mio è un ¾ ed ha un diapason di 102 cm .
Dunque a seconda di questa lunghezza si allargano o si stringono le posizioni delle dita. Più ti allarghi con le posizioni e più è facile intonare. Più ti stringi nelle posizioni più è difficile intonare. Non a caso il violino è uno strumento molto difficile da intonare, proprio perché hai poco spazio e di conseguenza posizioni delle dita molto strette, ed il margine di errore è molto minore: nel violino basta un millimetro e ti cambia la nota!
Però è detta “diapason” anche un’ altra “informazione” del contrabbasso, un importante punto di riferimento nella tastiera, ovvero l’ impugnatura posta tra la fine del manico e la cassa armonica.
Esiste il diapason francese e il diapason tedesco . Ti spiego meglio. Con una tastiera così liscia sei sempre in alto mare, come dicevamo non hai riferimenti, però hai un aiuto: se metti il pollice in questo punto preciso e lo allinei con l’ indice, produci una nota precisa. Se questa nota è un re hai un diapason francese. Se è un mi bemolle allora il diapason è tedesco. E’ l’ unico punto di riferimento vero che hai sulla tastiera. So che può creare confusione il fatto che si intenda per diapason sia la lunghezza della corda vibrante che il punto in cui si allineano pollice e indice, però è così.

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D. Questo tuo è un diapason francese o tedesco?

E. Questo è francese.

D. Il tuo contrabbasso è un ¾ giusto?

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E. Si questo è un ¾. Ma continuo a raccontarti. Originalmente il contrabbasso, specialmente in Italia, era a tre corde e in Germania a quattro corde, in seguito si è passati definitivamente a quattro corde. Wagner ha poi chiesto, scrivendo la sua musica, che ci fosse un’ ulteriore nota più grave, per cui ora ci sono anche i contrabbassi a cinque corde, con il do basso oppure con una prolunga sulla corda di mi basso, una levetta che tu metti e togli a seconda delle esigenze: ma viene usato di più nella musica classica. Ultimamente sono poi venuti anche fuori i cinque corde con la nota più acuta.

Contrabbasso a 5 corde

Contrabbasso a 5 corde

In particolare il più famoso e bravo con questo strumento è Renaud Garcia Fons, un francese che praticamente suona il basso come se fosse un violino, un virtuoso che quando lo sento mi viene proprio da cambiare mestiere: a pensarci bene però invece ci penso e dico di no: ognuno deve saper valorizzare i propri limiti invece che cercare di fare quello che fanno gli altri .

D. Beh certo anche perché lui sicuramente non fa cose che fai tu…

E. Ogniuno è diverso ma lui è piuttosto allucinante: sembra un violino!

D. Ma allora perché suona il contrabbasso? Per il suono?

E. E’ quello che dico io! C’è chi vuole suonare il contrabbasso come John Coltrane: ma allora perché non suonare il sassofono? Oppure quelli che vogliono suonare le suite per violoncello di Bach con il contrabbasso: per quanto le studi non avrai mai quel risultato. Il contrabbasso è questo strumento grosso che vedi e ha delle sue caratteristiche precise e potenzialità, che vanno sfruttate in quanto contrabbasso, senza scimmiottare altri strumenti.

D. L’ archetto è demandato solo alla musica classica? Lo si vede usare nel Jazz ma abbastanza sporadicamente. Perché non si usa nel Jazz? Forse perché il contrabbasso nel Jazz ha una valenza più ritmica?

E. Suonare con l’ arco è veramente difficile. Un concertista classico che si rispetti e che voglia esprimersi suonando con l’ arco, prima di iniziare ogni altro esercizio deve fare lunga pratica quotidiana di solo archetto: staccato, legato, ecc. e poi comincia a suonare. E’ un altro mondo, un’ altra cosa. Quando vedo questi musicisti classici così bravi con l’ archetto ho un grande senso di ammirazione e anche di frustrazione, ma mi consolo pensando che anche molti musicisti classici quando vedono un jazzista che pizzica in un certo modo provano un senso di ammirazione, come quando ci vedono suonare senza partitura . . . comunque mi sarebbe piaciuto usare meglio l’arco e ammiro molto chi lo sa fare.

D. A proposito appunto del pizzicato, questo modo di suonare lo strumento è nato proprio con il Jazz?

E. Si. Nel classico ci sono sempre passi in cui i contrabbassi fanno dei pizzicati, però la vera evoluzione del pizzicato è derivata dal jazz e anche dal rock and roll, e dal rockabilly, in cui incontriamo lo slap, tecnica molto affascinante, che io sto provando a studiare: ad esempio nell’ ultimo mio disco “Futuro Primitivo”, con Adriano Viterbini, c’è un pezzo con il contrabbasso a tecnica slap.
Altri maestri dello slap sono quelli della musica gitana. Per fare lo slap devi avere le corde molto alte sulla tastiera, perché tu colpisci la corda ma la devi anche tirare. Se la corda è attaccata alla tastiera, colpisci ma non hai lo spazio che ti consenta di infilare le dita per tirare. Dunque, se tu fai una cosa molto virtuosa con la tecnica slap poi hai difficoltà per come sono messe le corde a ritornare agilmente su altre cose. In pratica lo strumento deve essere predisposto per questa tecnica e quindi non è facile avere un buon suono slap e allo stesso tempo una grande agilità di fraseggio nel pizzicato.

D. Parliamo del suono di questo strumento. Il contrabbasso ha un suono particolare e nel jazz, essendo pizzicato, non ha un volume particolarmente alto. Come si fa ad emergere in un trio, in un quintetto, o addirittura nelle big band? Non è solo questione di ampificazione, immagino… cerchi un tuo suono, per tutta la vita.

E. Si, cerchi un suono tutta la vita. Fino a pochi decenni fa gli amplificatori non esistevano. Intanto bisogna distinguere tra due caratteristiche del suono: il sustain ed il volume. Per “sustain” si intende la durata della nota: ovvero la nota vibra più a lungo, ma il volume è minore. Con le corde alte sulla tastiera (le corde alte si regolano attraverso l’ altezza del ponticello) abbiamo maggiore volume ma minore sustain. Con la corda alta si ha più “attacco”, mentre con la corda bassa si possono fare passaggi molto veloci. Agli albori del jazz si tenevano le corde alte per avere più volume, ma non si riusciva ad eseguire fraseggi particolarmente agili . Poi sono arrivati i pickup, inizialmente come quelli dei bassi elettrici e in seguito con altre caratteristiche, che collegati a un ampificatore consentivano di avere molto volume anche con le corde basse.

D. Le corde del tuo contrabbasso sono alte o basse?

E. Una via di mezzo. Medie. Una cosa giusta… ho visto bassi con le corde molto più basse delle mie e contrabbassi con le corde molto più alte. Un contrabbassista che le tiene basse è Miroslav Vitous, spesso invece la scuola “nera” predilige le corde alte.

D. Le dinamiche come si ottengono? Come si fa ad ottenere un “piano” intenso, ad esempio?

E. Dipende naturalmente dalla forza che metti nel pizzicare e dal sustain. Poi ci sono vari effetti, ad esempio il vibrato, che io detesto, e anche il glissato, che ugualmente detesto.

D. Il glissato anche io lo detesto in effetti!

E. Detesto sia l’ eccesso del vibrato che l’ eccesso del glissato: mi riporta molto al basso elettrico “fretless”. E poi mi ricordo che il mio maestro mi diceva sempre, durante gli esercizi, di non vibrare mai, perché il vibrato è un po’ una furbata che ti consente di trovare l’ intonazione al volo mentre suoni: tu fai la nota, capisci che non è molto intonata, e hai tempo e modo di aggiustarla. Per questo gli esercizi li devi fare sempre con la nota dritta: l’ intonazione devi imparare a prenderla senza aiuti, e il vibrato lo usi solo se c’è una vera esigenza espressiva. Io non lo amo . Nel periodo in cui studiavo la tromba detestavo il vibrato anche sulla tromba.

D. Beh in generale tutti i virtuosismi o gli effetti un po’ eccessivi se non hanno senso non sono belli…

E. Anche nella voce ad esempio, troppo vibrato non mi piace. Le note per me devono essere dritte.

D. Ogni contrabbassista, se lo ascolti bene (non che sia facile) ha un suo suono. Lo si riconosce. Lo cerchi sempre, tutta la vita, dicevamo… tu lo hai mai trovato? Perché io vedo inquietudine in tutti i musicisti che intervisto. Bosso, trombettista, mi ha detto di essere sempre alla ricerca del bocchino adatto, Mirabassi, clarinettista, e Scannapieco, sassofonista, cercano di continuo l’ ancia giusta, Tucci, batterista mi parlava dei piatti, che chioda lui personalmente per trovare un suo suono… si cerca sempre un suono proprio. Questo suono lo si ha in mente?

E. Lo si ha dentro. Dicono che il suono uno ce l’ ha dentro… ed è vero, però il suono non è solo dentro, il suono è anche nello strumento, e poi conta molto il luogo: ad esempio quando vado a fare i concerti, tiro fuori il contrabbasso dalla custodia, faccio due note e non è mai uguale. Perché il suono viene dal contrabbasso, ma il luogo in cui ti trovi è la cassa armonica di quel momento. Non dipende solo da noi: oltretutto poiché si è amplificati, è sempre più raro potersi esprimere attraverso il proprio suono. Non si è propriamente se stessi, c’è sempre un filtro. Il mio suono ce l’ ho solo quando sono a casa. In concerto è diverso, si deve trovare un compromesso. Rispetto al luogo, al tipo di palco, al volume dei musicisti con cui suoni e alla loro capacità di evitare un uso eccessivo di monitor sul palco…

D. Anche rispetto allo strumento? Voi contrabbassisti ve lo portate appresso ma spesso no…

E: Spesso all’estero non si porta, io l’ ho portato per anni con un flight-case pesantissimo ma non lo faccio più, anche perché molte compagnie aeree non lo accettano, e quindi si chiede di trovare un contrabbasso con determinate caratteristiche: si manda una scheda tecnica precisando la lunghezza della corda vibrante, il tipo di diapason, se francese o tedesco, il ponticello regolabile, il pickup di un certo tipo, e si spera che vada bene .
Una volta ad esempio a Montreal ho trovato un meraviglioso contrabasso tedesco da sogno… Stessa cosa a San Pietroburgo: mi hanno portato nella sala di un auditorium pazzesco dove c’ erano dodici strumenti, uno più bello dell’ altro: “Scelga lei”, mi hanno detto. Mentre una volta in Algeria ho trovato il basso da una parte e la tastiera scollata dall’ altra… E’ arrivato un signore con una colla gialla e dell’ elastico pensando che si potesse risolvere così. Con quel contrabbasso era proprio impossibile suonare. All’ ultimo momento è arrivato un altro strumento, pessimo, ma almeno era intero!

D. Il contrabbasso ha una cassa di risonanza notevole: eppure il suo suono non è sempre “esplicito”…

E. Forse perché le frequenze basse su cui si lavora viaggiano diversamente da quelle alte… ti faccio un esempio: vado spesso all’ Auditorium a sentire la musica classica. Un colpo sul rullante o uno squillo di tromba lo sento sempre chiaro, invece otto contrabbassi mi arrivano con più difficoltà. Questo proprio perché viaggiano su altre frequenze.

D. Il contrabbasso è uno strumento che può essere considerato anche percussivamente, a parte lo slap, secondo te? Ovvero lo schiocco delle corde è importante nel suono complessivo?

E. Direi che nel Jazz può esserlo. Nella musica classica invece bisogna stare attenti. Certi attacchi imprecisi, sporchi di Miles Davis hanno fatto la storia della musica di questo secolo: nel Jazz era arte pura. Ma se lo fa un musicista in una sinfonia di Mahler lo licenziano . E’ un po’ la nostra fortuna!

D. Quando suonate “pianoless”, o comunque senza uno strumento che produca accordi, ho la sensazione che voi siate fondamentali per dare un riferimento armonico. E’ così?

E. Si, è così. Il contrabbasso è uno strumento armonico, melodico e ritmico. Quando si suona senza il pianoforte o senza la chitarra ad esempio, abbiamo un po’ più di resposabilità, dobbiamo far capire gli accordi su cui si basa il pezzo. Spesso ad esempio ricorriamo ai bicordi. ( Il bicordo è un insieme di due note suonate simultaneamente, n.d.r. )

D. Cos’è il walkin bass??

E. Il walkin’ bass è una sorta di pulsazione ritmica in cui quasi sempre ogni nota ha la stessa durata dell’ altra: dunque sui quattro quarti si battono i quarti, dando, insieme al ritmo, l’armonia. Inizialmente si doveva sempre partire dalla tonica, poi la musica si è evoluta ed ora c’è molta più libertà. E’ il cosiddetto “andare in quattro”.

D. Quanto costa un contrabbasso? Esiste un mercato del vintage?

E. Il contrabbasso deve suonare bene. Puoi trovare quello che tu vuoi da un bravo liutaio, al quale dai una cifra, e lui ti costruisce un contrabbasso che suona bene, o puoi cercare il suono che vuoi in uno strumento di cento o più anni fa . Puoi avere un buon suono e una buona resa anche con un contrabbasso relativamente economico. Se tu fai il solista di musica classica e devi suonare il repertorio di Giovanni Bottesini devi investire molto di più…Questo vale per tutti gli archi. Il valore dei contrabbassi non è paragonabile a quello dei violini o dei violoncelli, insomma può partire da 300 euro a infinito ma di sicuro non esiste il corrispondente dello Stradivari per i violini, strumenti da milioni di euro: con una cifra ragionevole puoi arrivare ad avere un buono strumento…. Uno strumento antichissimo di un liutaio prestigioso può essere molto costoso. Ma allora quella diventa più una questione di investimento.

D. In effetti ho notato che ci sono molti appassionati non professionisti che hanno bellissime collezioni di contrabbassi che i musicisti sognano…

E. E’ vero, spesso gli amatori hanno dei bellissimi strumenti! Per esempio a Cassino c’è un medico appassionato di musica, Francesco Pisani, che possiede bellissimi strumenti, e che peraltro suona molto bene, e questa cosa succede anche in altri generi musicali.

D. E tu che contrabbasso hai?

E. Qui a casa ho un contrabbasso con cui studio del liutaio Zobboli: è un liutaio di Bologna che principalmente costruisce violini. Lo strumento che suono regolarmente in concerto, e che tengo nel box, è un Pollman, ottimo strumento tedesco.

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D. E tra i due c’è differenza per te?

E. Eh si, non sono proprio uguali. Infatti vorrei trovare uno strumento identico così da non trovare differenza tra il basso con cui studio e quello da concerto. Ne ho due essenzialmente per motivi pratici: quando torno da un concerto non è agevole caricarmi a ore tardissime la notte lo strumento, magari dopo avere cercato parcheggio inutilmente per mezz’ora, dunque lo lascio in un garage, che è l’ ambiente ideale: i contrabbassi soffrono molto il calore e l’ aria secca. Guai al calore, guai al sole, guai al termosifone, tanto che vi si mettono dentro sacchettini contenenti sali per far si che si mantenga l’ umidità, se no il legno si spacca. Questo vale soprattutto per i contrabbassi antichi.
Il contrabbasso come tutti gli strumenti ha bisogno di una sua manutenzione, e soprattutto ne esistono di varie qualità. I legni dei contrabbassi non devono essere freschi, per cui i bravi liutai fanno stagionare gli stessi legni per decenni, in modo che diventino “fermi” e che abbiano delle loro precise caratteristiche. Anni fa c’è stata una inflazione di contrabbassi costruiti da liutai dell’ est e venduti a prezzi favorevolissimi, alcuni erano buoni e ben riusciti, ne ho anche posseduto uno, ma la maggior parte erano fatti con legni freschi o stagionati artificialmente facendoli asciugare in breve tempo, e alcuni di loro, col tempo, hanno dato problemi.

D. Ho visto suonare a volte uno strano contrabbasso con una cassa armonica ridotta.

E. Si, quello che hai visto è il cosiddetto “Czech Ease” ove per “Czech” si intende, con un gioco di parole, il “check in” aereo e la Repubblica Ceca, perché è lì che lo producono. Però è stato ideato da David Gage, che è un liutaio di Ny famoso per aver inventato alcuni pickup particolari e tante altre belle cose per il contrabbasso. Il Czech Ease lo suonano anche Dave Holland, Esperanza Spalding, oltre al nostro Marco Panascia. In pratica hanno ridotto la parte inferiore e fatto in modo che il riccio si possa mettere e togliere, per cui hai minor ingombro ma un buon suono.

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Enzo, buono studio e grazie di averci aperto un mondo!

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