Elegance Cafè, anche ad aprile il jazz non si ferma

Nuove date e nuovi artisti per il jazz club di Via Veneto, che anche nel mese di aprile non si ferma. Tutti i giorni un concerto, tutti i giorni i migliori artisti della scena jazz romana e non, tutti ad ingresso libero.
Situato nel cuore del centro storico della Capitale lungo la strada più famosa della Dolce Vita, Elegance Cafè è un locale che si propone come punto d’incontro che mescola diverse tipologie di clienti da Roma, dall’estero e da tutto il mondo, i frequentatori dell’Elegance Cafè si riuniscono in un ambiente esclusivo e ricercato. Ideale per colazioni di lavoro a pranzo offre giornalmente ai propri clienti una vasta scelta di proposte enogastronomiche. Al calar delle luci si trasforma nel luogo perfetto per un aperitivo con gli amici, nell’elegante sala interna climatizzata oppure nel comodo salotto su strada. Per poi arrivare al momento dinner dove la carta del menu è continuamente aggiornata per soddisfare i palati più esigenti con offerte di crudi di carne e di pesce e una selezione di dolci raffinati. Da cornice a tutto ciò una programmazione di musica live che offre giornalmente i migliori artisti che calcano i palchi nazionali e internazionali proponendo una selezione di jazz, swing, nu jazz, smooth jazz, easy jazz e tutte le sue contaminazioni e per i gusti più adulti e raffinati. La serata prosegue con un drink nel cocktail bar, che si propone di perseguire la strada del buon bere con prodotti di altissima qualità. Il maestro barman vi stupirà con un’offerta sempre varia e accattivante di proposte giovani e fresche, oppure usufruire dell’ampia carta dei vini presentata dall’esperto sommelier per continuare fino a tarda notte a godere l’atmosfera unica che si vive all’Elegance Cafè. Nella foto Elisa Mini, tra i protagonisti del cartellone musicale di aprile 2014.

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I nostri libri. La storia del Jazz, di Ted Gioia

La pubblicistica della musica afro-americana è oramai colma di “Storie del Jazz”; non passa quasi anno senza che un nuovo volume venga immesso sul mercato. Si potrebbe , quindi, pensare che si tratti di una mera ripetitività a carattere esclusivamente commerciale con scarse novità dal punto di vista contenutistico.

E invece no! Abbiamo potuto constatare come le varie “Storie del jazz” lette in questi ultimissimi tempi abbiano tutte un quid di differenziazione l’una rispetto all’altra, un quid che può consistere in una diversa angolazione da cui osservare lo scorrere degli eventi o nella scoperta di nuovi fatti, nuovi accadimenti.

Ciò dimostra, senza ombra di dubbio, due elementi: primo l’estrema difficoltà di storicizzare compiutamente una musica tutto sommato ancora giovanissima; secondo l’estrema ricchezza di questo genere che in poco più di un secolo ha saputo sviluppare una serie di linguaggi diversi assolutamente stupefacente… per non parlare dell’influenza che ha avuto sulla vita degli afroamericani.

Ed è proprio questo aspetto che viene particolarmente lumeggiato nella “Storia del Jazz” di Ted Gioia uscita negli Stati Uniti nel 2011 ed ora pubblicata nella versione italiana curata da Francesco Martinelli per la EDT  in collaborazione con Siena Jazz (575 pgg, euro 35).

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IVANO NARDI: UN PROFILO DISCOGRAFICO

Nardi 1

Batterista, performer, compositore, didatta… in alcuni casi organizzatore visionario e generoso (le iniziative nel quartiere romano di Monte Mario dello scorso anno, dal “MoMa” ai “Venerdì del jazz”). Ivano Nardi è un personaggio e un musicista “underground” che non vuol dire “nascosto”. I jazzisti romani ed una certa area di quelli nazionali ben conoscono il suo drumming personale e passionale, tagliente, rumoristico, a tratti “teatrale” ma con un preciso senso del tempo e della quadratura. La ricercatezza dei timbri del suo set, la forza – a tratti la violenza – espressiva del suo approccio ne fanno un batterista paragonabile a Tony Oxley, Milford Graves, Sunny Murray. Da sempre attivo nel sociale, ha al suo attivo – a partire dagli anni ’70 – collaborazioni con Mario Schiano, Evan Parker, Steve Lacy, i Cadmo di Antonello Salis, Don Cherry e Lester Bowie. Moltissimi i jazzisti italiani con cui ha lavorato, dal fraterno amico Massimo Urbani a Larry Nocella, da Sandro Satta a Maurizio Giammarco.

Da alcuni anni ha il suo quartetto Open Door, il duo con Marco Colonna ed intreccia le sue bacchette con le ance di Eugenio Colombo, la tromba di Angelo Olivieri, il trombone di Giancarlo Schiaffini, il piano di Gianni Lenoci, il vibrafono di Francesco Lo Cascio ed il contrabbasso di Silvia Bolognesi, collocandosi in una precisa area dell’avanguardia jazzistica di derivazione free e post-free (lo si può ascoltare anche nel bel disco-progetto dedicato a Mario Schiano, “If Not”, di un paio d’anni fa). A quest’artista, conosciuto meno dei suoi meriti musicali, da tempo “A proposito di Jazz” voleva dedicare un ritratto, realizzato ripercorrendo alcune delle ultime registrazioni del batterista, anch’esse dal carattere “underground”, spesso incise dal vivo.

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