Il piano-solo di Iiro Rantala incanta il pubblico romano

IiroRantala8598front

“Gli assenti hanno sempre torto”: mai proverbio fu più azzeccato con riferimento al concerto con cui il pianista finlandese Iiro Rantala, domenica 18 gennaio, ha concluso alla Casa del Jazz di Roma una tournée in piano-solo effettuata nel nostro Paese toccando in rapida successione le piazze di Caltanissetta, Catania, Bressanone, Firenze, Ancona. Il tutto dopo un’altra tournée europea, questa volta in trio, che l’aveva portato in Germania, Austria, Svizzera e Francia, ottenendo ovunque un clamoroso successo.

A Roma, ad accoglierlo c’era un pubblico oltre che numeroso, caldo e competente, come si conviene quando si è dinnanzi ad una stella di primaria grandezza quale Rantala.

In effetti Iiro può, a ben ragione, essere considerato uno dei migliori pianisti oggi in esercizio, un musicista in grado di esibirsi con eguale valenza sia in solo, sia in trio. Non a caso può già vantare parecchi dischi all’attivo e la unanime considerazione di miglior jazzista finlandese. La sua carriera si basa su solide basi: ha studiato piano presso il dipartimento jazz della “Sibelius Academy” di Helsinki e piano classico alla Manhattan School of Music. Il debutto discografico nel 1990 alla testa di quel Trio Töykeät che avrebbe in seguito ottenuto un successo planetario. Sciolta questa formazione nel 2008, il pianista guida l’ “Iiro Rantala New Trio”, dopo di che, pochi anni or sono, decide di intraprendere una carriera solistica che gli sta dando grosse soddisfazioni. Il successo di Rantala si basa su alcuni semplici ma essenziali fattori. Innanzitutto una straordinaria tecnica di base conseguita attraverso gli studi cui prima si faceva riferimento; una tale preparazione gli permette di affrontare con estrema disinvoltura qualsivoglia passaggio strumentale, il che non fa di Rantala un mero virtuoso, ché la tecnica è sempre posta al servizio dell’espressività. In secondo luogo, per l’appunto, una straordinaria sensibilità musicale che gli ha consentito di organizzare un linguaggio del tutto originale.

(altro…)

Classica. “Visions Fugitives”di Sergej Prokofiev: mente fredda, cuore caldo

gourari

ECM ha pubblicato recentemente un CD della pianista di origine russa Anna Gourari.

Il disco propone un affascinante programma che mette a confronto due capolavori: le Visions Fugitives op.22 di Sergej Prokofiev (1891-1953), miniature di un artista versato nelle grandi forme, e la terza Sonata di Fryderyk Chopin (1810-1849), un romanzo scritto da un poeta dell’aforisma.

A guisa di intermezzo una bellissima miniatura di Nikolaj Medtner (1880-1951), autore su cui spero di tornare presto in questa rubrica.

Le “Visions Fugitives”, e questo ascolto me lo ha riconfermato, sono una porta ideale attraverso la quale un amante del jazz può avventurarsi nel giardino lussureggiante della musica “classica” e scoprire che questi mondi possono essere più vicini di quanto sembri.

Una digressione a questo punto: da sempre la parola jazz va a braccetto con un’altra con cui nella “vulgata” quotidiana sembra identificarsi: improvvisazione. Associandole si è certi di essere compresi e di aver tracciato, con una buona approssimazione, i confini dell’ambito semantico in cui ci si muove.

Per fortuna il rapporto che intercorre tra i due concetti non è così semplice; nel jazz esistono infatti molte “gradazioni” del tasso di improvvisazione. Alcuni artisti sono improvvisatori “totali” (pensiamo ad esempio a Steve Lacy), altri spostano il proprio baricentro altrove. Ascoltate lo splendido “Body and Soul” dalle sessioni pianistiche del sommo Art Tatum e scoprirete una composizione “classica” in cui prevale l’arrangiamento, la costruzione.

Si capisce chiaramente che è “jazz”, il linguaggio è quello, le letture sono però molteplici.

(altro…)

Esce “Porti di mare” del sassofonista Marco Castelli. Il 31 gennaio, in anteprima live Al Vapore di Marghera‏

È un nuovo composito e trascinante lavoro, quello che il sassofonista veneziano Marco Castelli firma ora per l’etichetta Caligola Records. “Porti di mare” (Caligola 2196) arriva dopo una quindicina di album a suo nome affiancati, negli anni, da molte importanti collaborazioni illustri (Lee Konitz, Marcus Stockhausen, Philip Catherine, tra gli altri), ma anche da decine di tour in tutto il mondo e partecipazioni a festival prestigiosi (dal Festival Cervantino, Messico, nel 1997, al Singapore Art Festival nel 2007, dal Montreal Jazz Festival, Canada, nel 2001, all’International Festival Bangkok, Tailandia, 2013, dal Dakar Festival, Senegal, 2011, al Copenhagen Jazz Festival nel 2008). Oltre a Castelli al sax tenore e soprano, l’album vede la partecipazione di Alfonso Santimone al piano, Edu Hebling al contrabbasso, Mauro Beggio alla batteria e Andrea Ruggeri alla batteria e percussioni.

Questo cd sembra trovare proprio la quadratura del cerchio, poiché mette le pregresse e molteplici esperienze musicali di Castelli, al servizio di un linguaggio lucido e personale, ben congegnato.

Sono, in particolare, l’Africa e l’America Latina ad aver lasciato un segno profondo nella poetica espressiva di un musicista eclettico quale è Castelli (già compositore, produttore, fondatore dell’etichetta Anelli Records); a tal proposito, il cd raccoglie tre brani originali e inediti dal titolo “Dakar”, “Zanzibar” e “Xela”, ma anche “Alfonsina y el Mar” dell’argentino Ariel Ramirez e, infine, “El Ciego” del messicano Armando Manzanero.
Non mancano i riferimenti jazzistici e rock, da Jelly Roll Morton a Tom Waits passando per “Scorribanda” (originale dall’ultimo disco della BandOrkestra) ma anche un omaggio all’opera, con l’aria “Mercè Dilette Amiche” tratta da “I Vespri Siciliani”.

(altro…)

Al KaamosJazz il mainstream fa la voce grossa

Saariselkä

Saariselkä

Parlare del “KaamosJazz”, cui abbiamo avuto la fortuna di assistere nello scorso mese di novembre, è impresa piuttosto “rischiosa” in quanto si è tentati di intrattenersi troppo sulla descrizione dello straordinario ambiente naturale – siamo nella Lapponia finlandese oltre il Circolo Polare Artico – trascurando, così, il lato meramente musicale ed artistico. Quindi, per non cadere nel tranello, vi diremo soltanto che se avete ancora qualche euro da spendere e tempo a disposizione vale davvero andare fin lassù: gusterete uno spettacolo assolutamente fuori dal normale. Un’enorme distesa di neve, niente città ma piccoli agglomerati urbani, e quindi niente traffico, niente rumori e tanta, tanta pace e tranquillità.

Ciò detto veniamo alla musica. Come accennato, il Festival si è svolto dal 20 al 23 novembre ed ha interessato quattro località: Saariselkä, centro nevralgico delle operazioni, Kakslauttanen, Ivalo, Inari. Già da queste primissime notazioni vi sarete resi conto che si tratta di un festival assolutamente anomalo per cui sono necessarie alcune considerazioni di fondo: in queste località manca una sala da concerto per cui le performances si svolgono in ristoranti dotati di capienti sale; in secondo luogo nelle ultime due settimane di novembre in Lapponia si trasferiscono molti turisti che amano sciare e che, probabilmente , non sono particolarmente attratti dal jazz. Di qui la difficoltà di approntare un cartellone capace di soddisfare i gusti più eterogenei, né troppo moderno (ché manca il pubblico adatto), né troppo legato alla tradizione (ché potrebbe in ogni caso risultare stucchevole) salvaguardando, comunque, una complessiva valenza artistica della manifestazione. E devo dire che il patron del Festival, Aarno Cronvall, ha fatto davvero un ottimo lavoro approntando un programma con alcune punte di eccellenza, globalmente di buon livello che, a giudicare dall’affluenza del pubblico, ha soddisfatto appieno le aspettative degli organizzatori…e quelle dei finlandesi sfegatati amanti del ballo (ho visto con i miei occhi una coppia lanciarsi in un improbabile ballo sulla musica di Eric Satie, arrangiata da Kukko).

(altro…)

I nostri CD. Massimo Barbiero – “Simone de beauvoir”

simone de beauvoirQuando si ascolta un cd di Massimo Barbiero in solo occorre, come avevo già detto una volta, ignorare, benevolmente i titoli dei suoi brani. Questi titoli infatti hanno un profondo significato per l’ artista che li ha scelti ma fuorvierebbero il vostro ascolto e vi distrarrebbero, alla ricerca di un riscontro culturale che non avrebbe senso: ha senso, interiore ed intimo, per lui. Per comprendere non dovete far altro che cominciare ad ascoltare, invece, ed il senso lo troverete nella musica che fluisce, e che ha un preciso senso evocativo. Evoca sensazioni, o ricordi (i vostri) , o sentimenti, o solitudine o libertà o costrizione. Dunque scoprirete che il significato non era racchiuso nei titoli ma nel fluire dei suoni. “Simone de Beauvoir” è un disco in solo, con la marimba. Strumento strano, la marimba, dal suono “tropicale” ma dal sistema temperato, quello europeo, quello di Bach, per capirci. Basata sul nostro sistema scalare. Dal suono caldo e avvolgente. Massimo Barbiero è dunque davanti ad un pianoforte di legno, se vogliamo semplificare ma essere efficaci, che percuote con quattro bacchette, come un vibrafono.

(altro…)

Vi spiego… la marimba: Massimo Barbiero

BarbieroOdwalla

D. Massimo volevo intanto sapere come mai hai cominciato a suonare la marimba. E’ uno strumento che prima o poi i batteristi prendono in esame o tu l’ hai eletta a tuo strumento?
B. “Non credo: non è che ne conosco tanti che suonano la marimba. Di solito si suona il vibrafono, anche per motivi economici, la marimba costa molto di più del vibrafono. Io l’ho scoperta subito, ma c’è un disco famoso, “Conference of the bird”, di Dave Holland, in cui nel brano che da il titolo al disco Barry Altschul suona il tema principale proprio con la marimba: forse quello è il disco in cui me ne sono innamorato. C’è da dire che quando suoni il vibrafono cominci a suonare anche la marimba. La differenza sta nell’ affinità che hai tu, musicista, più con il legno o più con il metallo”.


D. Ecco allora dobbiamo cominciare proprio dall’ inizio. La marimba è uno strumento idiofono… [ [comp. di idio- e -fono]. – Termine usato, per lo più al plurale, per indicare tutti gli strumenti musicali il cui suono è producibile unicamente mediante la messa in vibrazione del materiale da cui è costituito lo strumento stesso, senza l’ausilio di superfici o parti poste in tensione (corde, membrane, ecc.); gli strumenti idiofoni si suddividono in sei categorie principali: a percussione, a scuotimento, a pizzico, ad aria, a raschiamento e a frizione. ] (fonte Treccani)

(altro…)