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simone de beauvoirQuando si ascolta un cd di Massimo Barbiero in solo occorre, come avevo già detto una volta, ignorare, benevolmente i titoli dei suoi brani. Questi titoli infatti hanno un profondo significato per l' artista che li ha scelti ma fuorvierebbero il vostro ascolto e vi distrarrebbero, alla ricerca di un riscontro culturale che non avrebbe senso: ha senso, interiore ed intimo, per lui. Per comprendere non dovete far altro che cominciare ad ascoltare, invece, ed il senso lo troverete nella musica che fluisce, e che ha un preciso senso evocativo. Evoca sensazioni, o ricordi (i vostri) , o sentimenti, o solitudine o libertà o costrizione. Dunque scoprirete che il significato non era racchiuso nei titoli ma nel fluire dei suoni. “Simone de Beauvoir” è un disco in solo, con la marimba. Strumento strano, la marimba, dal suono “tropicale” ma dal sistema temperato, quello europeo, quello di Bach, per capirci. Basata sul nostro sistema scalare. Dal suono caldo e avvolgente. Massimo Barbiero è dunque davanti ad un pianoforte di legno, se vogliamo semplificare ma essere efficaci, che percuote con quattro bacchette, come un vibrafono.

Cosa accade in quest' ora di musica solitaria? Udirete uno scorrere estemporaneo delle idee in una porzione limitata della tastiera, quasi un avvinghiarsi a se stesso (in Nausicaa). O un procedere per gradi, lentamente, prudentemente, un indugiare sul timbro per poi prodursi in brevi espressive accelerazioni: inutile cercare accordi o melodie inscrivibili in un pentagramma. Ascolterete Barbiero assaporare ogni nota ed i suoi armonici, o compiere circonvoluzioni intorno ad un perno tematico , o la sua destrutturazione del ritmo che diventa totale libertà, quella libertà data dalla solitudine, quella che ti chiude al mondo, forse, ma ti apre alla totale libertà del non confronto.
Ad una parsimonia di note (come in My Dance) corrisponde sempre una ricchezza timbrica: si immagina la danza di un solitario che solamente immagina di danzare, è il sogno di una danza, la sua “impressione”.

Al mio ascolto, che è solo il mio (ma ognuno di voi troverà il suo) ho provato quel sentire profondo dell' introspezione, che a tratti si scioglie nella spensieratezza e nella leggerezza. O magari la sensazione forte che nulla è per sempre, ma anche che ogni digressione è tale solo e soltanto perché si torna alla regola: come in “Naiadi” , con quel 6/8 che ti culla per tre battute e poi si sfalda e poi ritorna e poi si sfalda. “Cristiana” è un brano ricorrente in tutti i lavori di Barbiero ma qui viene scardinato proprio nel suo fluire melodico, che diventa singhiozzantE. Il tema appare lontano, appena accennato, per poi divenire finalmente un ritmo su sui danzare: evoluzione confortante di un accadimento stemperato dal tempo. Il viaggio si conclude con sul noto e sul rassicurante: è bello atterrare su ‘Round Midnight. Perché è bello? Non lo so. Scopritelo voi.

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