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C’era una volta “La Buona Scuola”.

In questa favola moderna abbiamo un’insegnante di pianoforte alla quale, per valorizzare e promuovere i propri allievi, viene un’idea: un’incisione discografica.

Lei, che è una nota pianista, suonerà accanto ai propri allievi; non pezzi qualunque ma programmi molto raffinati, persino prime incisioni assolute di brani scritti per l’occasione, con un filo conduttore stimolante. Programmi, insomma, che non riusciresti ad ascoltare altrove.
L’impresa, alla fine, riesce: i dischi non soltanto vengono prodotti, ma risultano due gioielli.

Non ci troviamo in un film di Frank Capra né dalle parti dell’ Esclusa di Pirandello, neppure in un’opera della narrativa italiana post unitaria, nei romanzi di Edmondo de Amicis o di Giovanni Verga dove i maestri sono i protagonisti dell’epopea risorgimentale. Siamo in Svizzera, al Conservatorio di Berna, negli anni dieci del ventunesimo Secolo, epoca in cui nel panorama musicale viene dato ampio spazio a dischi ‘imperdibili’ che non è, spesso, indispensabile ascoltare o a “star” magari discutibili, simili in tutto al Gatto di Alice.

Assordati da un grande rumore di fondo, accecati dal baluginio di giostre sonanti, è bello poter scoprire un angolo nascosto dove abbandonarsi in silenzio ad una contemplazione primaverile ed ascoltare dei talenti intatti!

Patricia Pagny, per chi non la conoscesse, è una magnifica pianista con al suo attivo diverse prestigiose incisioni, una vittoria al concorso “Casagrande” di Terni e collaborazioni con grandi musicisti tra cui Sir Georg Solti.

Per valorizzare e promuovere i propri studenti (in questo caso, singolarmente, tutte allieve) ella ha pensato, come dicevamo poc’anzi, ad un’impresa discografica. E’ cosa comune fare dischi con gli allievi? Specie se si è musicisti importanti?

Ciò che è vieppiù ammirevole, e mi muove a segnalarvi l’operazione, non è però tanto il cosa quanto come essa è stata concepita; l’insegnante infatti non si è limitata ad un’operazione tipo saggio scolastico tradizionale, ma ha cucito sulle proprie allieve, come un abito di sartoria, due programmi diversissimi e culturalmente molto stimolanti, mettendosi in gioco in prima persona come pianista ma dando anche dando spazio alle bravissime comprimarie.
Come non bastasse, ha scritto delle belle note di copertina, utilissime.

L’ascolto dei due CD della classe di Patricia Pagny mi ha dapprima interessato per i programmi, poi catturato e infine conquistato, con buona pace dei miei pregiudizi sui dischi “collettivi”, lavori sui quali gravano spesso molti equivoci.

“Entre la France et le Japon, un sentiment de parfaite harmonie…” il primo suggestivo titolo.

L’idea da cui muove è quella di individuare un precedente filologico musicale analogo a quello che ha intrecciato, all’inizio del secolo scorso le sorti di questi due paesi nell’ambito delle arti figurative.
Alla fine dell’ottocento le opere d’arte giapponesi, stampe perlopiù giunte in Olanda per mezzo della Compagnia delle Indie ed esposte successivamente anche in Francia, influenzarono grandi artisti come Manet, Degas, Lautrec e Van Gogh e, conseguentemente, anche l’estetica europea.

Se non basta un titolo per descrivere un universo, poiché simili correspondances vivono a livello di percezione più che in teoria, ecco che la scelta dei brani di questo disco può dirsi, in tal senso, quantomeno azzeccata.

Si va da Ravel, Debussy e Poulenc fino al Messiaen dei Vingt Regards, per restare in territorio francese. Ma anche Lili Boulanger e persino Luciano Berio, di cui vengono proposti alcuni Encores (Leaf, Wasserklavier, Erdenklavier), miniature di taglio simbolista che, con una poetica esplorazione delle possibilità timbriche del pianoforte, ripropongono secondo una sensibilità moderna il palpito estetizzante, bidimensionale e atemporale di questa Art Nouveau.

Poi ci sono alcune interessantissime pagine di compositori giapponesi contemporanei come Toshio Akashi e il più celebre Toru Takemitsu, che offrono un confronto assai stimolante nella loro immota eloquenza.
Le raffinate esecuzioni portano la firma di Tanja Biderman, Giovanna Gatto,Tomomi Hori, Anda Kryeziu, Patricia Pagny, Mrika Sefa, Aimi Sugo, Zarja Vatovec, Xenia Wiener.

Il secondo CD propone un altro tema stimolante: “ Bern – Thun- Interlaken – véritable source d’inspiration”. Qui la suggestione è più geografica che storica.
La Svizzera è stata infatti costante fonte d’ispirazione per alcuni dei più grandi compositori romantici (anche per molti di quelli moderni, ma il discorso ci porterebbe lontano). Robert e Clara Schumann la frequentarono molto. Di Schumann vengono qui proposti il trittico della maturità Fantasiestücke op. 111 (concepito a Bâle) e, per contrasto di carattere, la giovanile e impervia Toccata op.7.
Anche Mendelssohn fu visto spessissimo in terra elvetica. Di questo compositore sono qui presentate alcune splendide pagine tra cui le mirabili Variations Sérieuses op. 54, a mio giudizio il suo capolavoro per il pianoforte.
E poi Brahms, le cui commoventi pagine di commiato alla vita furono dedicate all’amato pianoforte; proprio vicino al lago di Thun, ispirato dai colori autunnali tanto evocati per descrivere il tono della sua musica, egli compose molti tardi capolavori tra cui i commoventi Intermezzi op. 117.
Diversissime tra loro, le opere qui registrate, grazie a questa intelligente contestualizzazione come alle belle esecuzioni di Tanja Biderman, Tomomi Hori, Patricia Pagny, Mrika Sefa, Aimi Sugo, SoJung Yeon, giungono all’ascolto in modo nuovo.
Dell’insegnante, Particia Pagny, ho già detto ma mi riprometto di tornare sul suo pregevole pianismo in occasione di un prossimo lavoro discografico. Le allieve, diciamolo, sono tutte, ciascuna a suo modo, bravissime. Potrei avere delle preferenze personali; di qualcuna potrei apprezzare di più il tocco, di qualcun’altra il fraseggio, di altre la fantasia..ma una simile disamina non sarebbe interessante e farebbe un torto alla qualità complessiva della ‘scuola’ di Patricia Pagny che è globalmente di alto livello.
Vero Maestro non è chi si limiti ad insegnare delle tecniche bensì colui che, insegnandole (e per farlo deve realmente padroneggiarle) permetta agli allievi di dischiudere il proprio mondo espressivo in modo che possa liberarsi tutta la loro individualità, con risultati il più possibile omogenei nella qualità quanto differenziati nell’espressione.
Patricia Pagny e le sue allieve ce lo ricordano e danno vita ad un’impresa esemplare cui può rivolgersi con fiducia anche l’ascoltatore più esigente.
I dischi si possono reperire sul sito tastieraprojects.com insieme a tante altre informazioni su queste artiste.

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