Alessandro Galati e la suggestione della melodia cangiante

Alessandro Galati casa del Jazz

La ricerca ed il nuovo , nel Jazz, non devono necessariamente portare ad una musica ostica: che il linguaggio cambi non deve significare immancabilmente un ascolto arduo, da interpretare cerebralmente, e a volte persino da “sopportare” per esserne all’ altezza ed elevarsi.

Anzi, a volte quello della difficoltà di ascolto come indice di qualità e rottura con il passato è uno stereotipo che cela una reale incapacità di comunicare, di esprimersi. A volte cela persino una reale incapacità di suonare. Non sempre: a volte.
La ricerca nel Jazz può portare a musica tutt’ altro che ostica. Non è detto che la si comprenda fino in fondo, perché può essere musica difficile, ma quel che è certo è che si attiva una comunicazione tra il musicista ed il suo pubblico: qualcosa di palpitante, che vive in quanto il primo ha bisogno di esprimere se stesso a qualcuno, che è lì per raccogliere suggestioni, emozioni, e ritrovare persino qualcosa di se e del suo mondo raccontato con un altro linguaggio.

In fondo si va ad ascoltare un concerto anche per essere compresi e ritrovare se stessi. Un po’ è anche così.

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