Due dischi per un ritratto del musicista-anfibio

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Non mi si accuserà, spero, di iperbole se affermo che Gioacchino Rossini (1792-1868) è compositore grande quanto Mozart (che morì tre mesi dopo la nascita del pesarese).

Caso singolare il suo. Persino inquietante e, per certi aspetti, di non facile soluzione. Raggiunta la fama molto presto, accresciutasi poi quest'ultima fino all'inverosimile, ecco a soli 37 anni la decisione di abbandonare il teatro e le scene per rifugiarsi in un esilio dorato, in cui si dedicò alla composizione di musiche prevalentemente pianistiche, vocali da camera e, talora, sacre (tra cui la vetta assoluta della Petite Messe Solennelle, scritta nel 1863). Oltre naturalmente a perfezionare l'amata e celebrata “ars coquinaria” …ma questo è un discorso a parte.
Prima di morire per una grave malattia, aveva ormai abbandonato del tutto da un pugno di anni la composizione.
Misteriosi prodotti, quelli della seconda fase rinunciataria, frutti certi di una depressione: manufatti di raffinata fattura quanto incerta sessualità e ancor più critica collocazione stilistica.

Gioielli o semplici utensili da cucina musical, pietre preziose o balocchi?

Confesso di non amare né – forse – comprendere appieno parte di questa sua tarda produzione pianistica, laddove a me giunge una musica tanto tecnicamente raffinata quanto persa nella ricerca del particolare, anti-passionale e spesso priva del “dono” che aveva contraddistinto la sua musica precedente. Questione di gusto, naturalmente.
Invece. di quest'ultima fase, trovo straordinariamente toccanti tante opere di canto da camera nelle quali l'ironia e una malinconia presaga della morte sembrano tenersi per mano.

D'altro canto più passano gli anni più cresce in me l'amore per il Rossini operista.
Un melodramma da approfondire, non “facile”, nascosto dietro le convenzioni ma sempre aperto a soluzioni personali uniche.
Rossini limitò l'arbitrio dei cantanti, usi a far scempio del testo per trovar posto alle più vane esibizioni di bravura, e squadernò da par suo l'impianto formale e strutturale dell'opera.
Parente spirituale ante-litteram del positivismo, amante dell'ornamento, dominatore in punta di dita del linguaggio musicale, seppe essere rivoluzionario senza muoversi di un millimetro dal proprio tempo, ciò che rappresenterebbe una contraddizione in termini per qualsiasi altro musicista tranne che per lui.
Grande logico e grande sentimentale al tempo stesso, soffrì moltissimo la sensazione di essere stato superato dalla sua epoca, come un passante attardato.

Non sempre amo i dischi antologici di arie operistiche, rivolti talvolta a mettere in luce più le qualità della ‘star' di turno che la musica, la quale, distolta dal suo profilo plastico e narrativo può risultare degradata a “numero” anche quando il cantante è bravo.
Ma questo disco Sony di Olga Peretrayko è un'eccezione e lo consiglio a chiunque voglia introdursi (o riavvicinarsi) al mondo operistico rossiniano.
La raffinata scelta delle arie, l'esecuzione molto buona dell'orchestra diretta da Alberto Zedda, specialista di questo repertorio, il canto alato della Peretrayko creano un'occasione magnifica di ascolto.
Non mi spingo fino ad analizzare le qualità tecniche di tale canto, soltanto osservo che le capriole vocali che qui si ascoltano rasentano, e talora toccano, la perfezione.

Aderendo al testo, ma senza eccessi di teatralità, Olga Peretrayko dà vita ad un universo di colorata bellezza che si rivolge al cuore della musica e ne disvela gli accenti più dinamici: motore, forza, energia, senza mai forzature.

Chi volesse avventurarsi anche nel mondo più riservato e misterioso del Rossini “post – ritiro” dalle scene, non dovrebbe mancare l'ascolto dello splendido CD “Mon ami Rossini” (1997) del duo formato dalla soprano Gemma Bertagnolli e da al pianoforte.

Corredato da un brillante saggio introduttivo di Alessandro Baricco, il CD (La Bottega Discantica) antologizza come meglio non si potrebbe l'ultima fase di “musica riservata “ alternando alcuni dei migliori pezzi pianistici a splendide pagine vocali come la dialettale “Regata Veneziana” o il “Duetto buffo di due gatti” dove anche il pianista è chiamato a miagolare.
Gemma Bertagnolli possiede un'eleganza ideale per l'interpretazione di queste canzoni dove, si badi bene, l'opera è e deve restare soltanto un ricordo, per giunta rimosso. Un canto intimo e puro è quello che qui si richiede, e quest'artista lo sa porgere con sorridente facilità.

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Antonio Ballista come sempre, non è un semplice accompagnatore; egli è “la” Musica con la M maiuscola. Ascoltarlo è ogni volta una delizia e le sue esecuzioni fungono da elisir dispensatore di gioia.

Ecco quindi due consigli complementari per avventurarsi con mano sicura nei territori e nella mente labirintica di Gioacchino Rossini: caso molto raro di anfibio procreatore di due mondi sonori differenti ma complementari che stanno tra loro come la cattedrale e il battistero, uniti in un abbraccio interrotto.

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