I nostri CD. Afro Garage, “Eighteen Ways to Miss Egypt”

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Il cinema e l’Africa sono le passioni che accomunano da decenni il pianista Cristoph Baumann, il contrabbassista e vocalist Jacques Siron ed il batterista Dieter Ulrich. Terzo album nell’arco di ventitré anni per un sodalizio che trova nella produzione discografica solo un parziale riflesso.
Gli Afro Garage hanno iniziato a suonare insieme nel 1991, sonorizzando un viaggio immaginario attraverso l’Africa – che ancora non avevano visitato – basato su tre film. Nel tempo le comuni passioni (Africa e cinema) sono andate crescendo di pari passo con lo sviluppo dell’attività musicale, sia individuale che collettiva. “Eighteen Ways to Miss Egypt” è stato registrato nel 2005 e nel 2011 a Friburgo, pubblicato quindi nel ‘15 dall’etichetta indipendente inglese Leo. Riporta, in diciotto tracce, le colonne sonore improvvisate per due film ispirati al Continente Nero: “Thèbes à l’ombre de la tombe” e “Les Mille et Un Caire”, entrambi dedicati all’Egitto.

Nello Toscano. In Sicilia non si può vivere suonando jazz

Nello Toscano è una delle colonne del jazz ‘made in Sicily’; contrabbassista e compositore di solida preparazione è oramai da molti anni impegnato in una meritevole opera di diffusione del jazz nell’Isola, cosa ovviamente non facilissima visto il crescente disinteresse degli enti pubblici. Al suo attivo ha variegate esperienze negli organici più diversi, dal trio alla big band, nonché una produzione discografica sempre di eccellente livello. Lo abbiamo intervistato sullo stato dell’arte in Sicilia e queste sono le sue risposte.

-Tu hai deciso di restare in Sicilia per svolgere la tua attività di musicista jazz. Oggi si può vivere nell’Isola occupandosi esclusivamente di questa musica?
Io in Sicilia ci sono arrivato a sette anni da Brescia, dove sono nato. Mio padre nel secondo dopoguerra era emigrato al nord in cerca di un futuro migliore, ma dopo vent’anni per motivi di salute è tornato con la famiglia ed eccomi qui. In casa con mamma bresciana e nonna milanese era come stare al nord. Diventare siciliano alla fine degli anni Cinquanta non è stato facile. Però con il passare degli anni questa terra l’ho sentita mia, mi è entrata dentro e anche quando sarei voluto scappare dalle contraddizioni e dalle penalizzazioni che il Sud vive non ho mai pensato di lasciarla in modo definitivo. Alla domanda se si può vivere di jazz in Sicilia la risposta è no. Solo abbinando all’attività del musicista quella didattica si può condurre una vita economicamente accettabile.

-Cosa è cambiato – se qualcosa è cambiato – in questi ultimi anni?
Gli enti pubblici non hanno più denaro da investire nelle attività culturali e quindi molte manifestazioni jazzistiche sono scomparse. Però, nel frattempo, è anche accaduto che negli ultimi 10-15 anni siano cresciuti dei talenti strumentali, anche se ritengo che il jazz non è di strumentisti che oggi ha bisogno, ma di musicisti e soprattutto di musicisti che non siano solo autoreferenziali. In questo particolare momento ‘storico’ non basta guardarsi dentro, bisogna ritrovare il piacere di guardarsi intorno e non solo per cercare il modo migliore per fare reddito.

-La Sicilia, da sempre, sforna una serie di talenti jazzistici davvero rilevante: come te lo spieghi?
Innanzitutto credo che nei siciliani ci sia un grande desiderio di riscatto, una voglia enorme di essere e di dimostrare di essere speciali che li porta ad affermarsi non solo nella musica. Inoltre, per quanto riguarda i giovani talenti jazzistici, penso che in Sicilia negli ultimi vent’anni si siano create delle importanti occasioni di sensibilizzazione e di crescita grazie all’attività di alcuni musicisti siciliani che hanno fatto da volano a questo processo che non ritengo concluso. Io, in tal senso, penso di aver fatto e di fare ancora la mia parte.

-Sulla base delle mie esperienze, noto che nei concerti di jazz il pubblico giovanile diventa sempre più rado; la stessa cosa avviene in Sicilia?
Sì, avviene anche in Sicilia. Io insegno in un liceo di 2000 ragazzi e il jazz è tabù. La fisionomia psicologica ed esistenziale degli individui delle ultime generazioni in Occidente è completamente cambiata. Sarebbe importante capirne il perché.

-Tu segui la strada di tanti tuoi colleghi dedicando del tempo all’insegnamento, o preferisci dedicarti esclusivamente all’attività concertistica e discografica?
Io suono abbastanza ma la mia base economica proviene dalla scuola pubblica dove insegno da 40 anni. Agli inizi ho insegnato filosofia, poi per quasi 30 musica e da 5 sono tornato a fare filosofia, grazie alla ministra Gelmini che ha eliminato l’educazione musicale da quei pochi istituti superiori in cui veniva insegnata.

-In che misura le scuole di jazz contribuiscono all’evoluzione del linguaggio jazzistico nel nostro Paese?
Le scuole di musica sono sicuramente utili ma non certo per fare evolvere il linguaggio, anzi lo cristallizzano. Probabilmente si sentono meno note stonate in giro ma la musica non ne trae alcun vantaggio. Inoltre i corsi di jazz nei conservatori, per come sono regolamentati dall’attuale normativa, sono inutili e talvolta dannosi. (altro…)

Pericopes + 1 @ Zingarò Jazz Club, Faenza

Emiliano Vernizzi. sassofoni
Alessandro Sgobbio. pianoforte
Nick Wight. batteria

Mercoledì 4 novembre. ore 22

Zingarò Jazz Club
Faenza (RA). Via Campidori, 11.
web: www.twitter.com/zingarojazzclub ; www.ristorantezingaro.com

Mercoledì 4 novembre, alle 22, l’appuntamento musicale con lo Zingarò Jazz Club di Faenza si rinnova con Pericopes +1, formazione composta da Emiliano Vernizzi al sax alto, Alessandro Sgobbio al pianoforte e Nick Wight alla batteria. Il concerto avrà inizio alle 22 ed è ad ingresso libero. (altro…)

Franz Campi con la Billy Carr Band allo Zingarò Jazz Club di Faenza

Franz Campi con la Billy Carr Band
Sono Fred, dal whisky facile. le canzoni del grande Fred Buscaglione

Franz Campi. voce
Luca Cantelli. contrabbasso
Ernesto Geldes Illino. batteria
Maurizio Degasperi. pianoforte
Paolo Raineri. tromba
Fabrizio Benevelli. sax, clarinetto

Mercoledì 11 novembre. ore 22

Zingarò Jazz Club
Faenza (RA). Via Campidori, 11.
web: www.twitter.com/zingarojazzclub ; www.ristorantezingaro.com

Mercoledì 11 novembre, alle 22, lo Zingarò Jazz Club di Faenza si trasforma in un piccolo teatro con Sono Fred, dal whisky facile. le canzoni del grande Fred Buscaglione, un vero e proprio spettacolo pensato e interpretato da Franz Campi. Insieme al cantante, saranno sul palco Luca Cantelli al contrabbasso, Ernesto Geldes Illino alla batteria, Maurizio Degasperi al pianoforte, Paolo Raineri al tromba e Fabrizio Benevelli ai sassofoni e al clarinetto. Il concerto avrà inizio alle 22 ed è ad ingresso libero.

Franz Campi si misura con un concerto dedicato a Fred Buscaglione, insolito e geniale artista, capace di portare al successo brani originali nell’Italia di fine anni ’50. Campi si cala nei panni di Buscaglione, in una interpretazione sorprendente per l’espressione vocale e le movenze che lo avvicinano a Fred, nel ricordo dell’incredibile simpatia e immediata orecchiabilità delle canzoni di Buscaglione. Insieme all’amico e paroliere Leo Chiosso, Buscaglione inventò il personaggio del simpatico gangster rubacuori all’italiana e nel giro di poco tempo divenne popolarissimo vendendo, per primo in Italia, milioni di dischi. Lo spettacolo vuole anche ricordare la magia musicale di quel periodo: è infatti il momento in cui si affacciano sulla scena musicale alcuni artisti come Mina e Modugno, è il momento arrivavano dall’America canzoni come “Mambo italiano”, che celebravano il mix della musica degli immigrati italiani e dello swing targato USA, come riuscì del resto a fare anche il nostro Renato Carosone con “Tu vò fa l’americano”. Ma il concerto è soprattutto il ricordo dell’incredibile simpatia e immediata orecchiabilità delle canzoni di Buscaglione: una divertentissima sorpresa per chi non lo conosce e un emozionante ritorno alla giovinezza per chi lo ha applaudito in passato.

Franz Campi ha vinto il Premio Lunezia nel 2006 ed ha firmato numerosi testi per la musica pop (tra cui “Banane e lampone” per Gianni Morandi), per la lirica (il libretto dell’opera “La famosa invasione degli orsi in Sicilia” tratto da un lavoro di Buzzati e realizzato dal M° Marco Biscarini), e per i più piccoli (la sigla della trasmissione televisiva “L’albero della vita” e brani dell’album “Il re dei re”). Dal 1999, ha sposato la formula del Teatro-Canzone portando in scena spettacoli come “Ciao Signor G.!”, dedicato a Giorgio Gaber, “Tutti i gatti vengono al pettine”, “Sono Fred, dal whisky facile”, per ricordare il grande Fred Buscaglione, “Intonati a regola d’arte”, sulla pittura e l’arte contemporanea e “Lo zingaro miracoloso – Django Reinhardt, il geniale chitarrista manouche”. Nel 2013 è uscito per Ermitage il cofanetto “Che soggetto quel Fred !” con un documentario sulla vita di Fred Buscaglione, firmato da Franz Campi e Stefano Neri, ed un CD con le sue canzoni interpretate da Franz Campi.

Le foto scattate da Lorenzo Gaudenzi ai protagonisti delle precedenti stagioni del club faentino fanno da cornice ai concerti dello Zingarò Jazz Club. (altro…)

Zingarò Jazz Club, Faenza: il programma dei concerti di novembre 2015

Zingarò Jazz Club
Faenza (RA). Via Campidori, 11.
web: www.twitter.com/zingarojazzclub ; www.ristorantezingaro.com

Con il concerto dei Pericopes +1, in programma mercoledì 4 novembre, si apre il nuovo mese di appuntamenti musicali dello Zingarò Jazz Club di Faenza. Tutti i concerti si tengono di mercoledì con inizio alle 22 e sono ad ingresso libero.

Mercoledì 4 novembre, i Pericopes +1 presentano These Human Beings, il loro nuovo lavoro, uscito nel 2014: un viaggio sonoro che amalgama scrittura e improvvisazione attraverso un percorso post-rock, nu-jazz e avantgarde, con richiami alla musica afro-americana e della tradizione popolare europea. Ad Emiliano Vernizzi e Alessandro Sgobbio si unisce il giovane e creativo batterista Nick Wight, da diversi anni attivo sulla scena newyorkese, per dare ulteriore slancio ad un progetto coerente e in continua evoluzione.

Franz Campi, vincitore del Premio Lunezia nel 2006, sarà sul palco del club faentino mercoledì 11 novembre per misurarsi con un concerto dedicato a Fred Buscaglione, insolito e geniale artista, capace di portare al successo brani originali nell’Italia di fine anni ’50. Campi si cala nei panni di Buscaglione, in una interpretazione sorprendente per l’espressione vocale e le movenze che lo avvicinano a Fred, nel ricordo dell’incredibile simpatia e immediata orecchiabilità delle canzoni di Buscaglione. (altro…)

“Coro” di Luciano Berio

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“Coro” di Luciano Berio (Imperia, 24 ottobre 1925 – Roma, 27 maggio 2003) è una vasta composizione di un’ora di durata, concepita per grande coro e orchestra entrambi di 40 elementi. Prima caratteristica degna di nota è che, nella disposizione scenica, ogni cantante siede accanto ad uno strumentista dell’orchestra. Non si tratta solo di spettacolo, è la metafora a livello visuale dello spirito del componimento: la ricerca di una compenetrazione profonda tra le reciproche modalità di articolazione strumentale.
Non di rado elementi del coro e dell’orchestra sono chiamati a sortite solistiche, nelle quali un ruolo importante è affidato al pianoforte concertante. “Coro” composto tra il 1974 e il 1976 per il Westdeutscher Rundfunk di Colonia e dedicato a Talia Berio, riprende contatto col canto popolare che, in maniera esplicita, era già stato alla base di “Folk Songs” (1964) e di “Questo vuol dire che” (1969).
Precisa l’autore:” In “Coro” non vengono citati o trasformati canti popolari veri e propri (a eccezione dell’episodio VI, dove viene usata una melodia croata, e dell’episodio XVI, dove riprendo una melodia dai miei Cries of London) ma, piuttosto, vi vengono esposte e talvolta combinate assieme tecniche e modi popolari diversissimi fra loro, senza riferimento alcuno a canti specifici.
In “Coro” è la funzione musicale di quelle tecniche e di quei modi che viene continuamente trasformata. Non si tratta dunque solo di un coro di voci e di strumenti ma anche di un coro di tecniche diverse che vanno dal Lied alla canzone, dalle eterofonie africane (come le ha analizzate Simha Arom) alla polifonia.” I testi pure si pongono su due livelli distinti e complementari: un sostrato popolare fatto di canti d’amore e di lavoro su cui poggia una narrazione epica, costituita da versi di Pablo Neruda (“Residencia en la tierra”).

L’unicità di quest’opera, forse il capolavoro di Berio, sta nel fatto che il suo nucleo poetico non risiede tanto nel materiale tematico quanto nella mescolanza delle tecniche espressive adottate. Pertanto, “Coro” può definirsi anche, e qui risiede la sua grande individualità, una grande Regia Sonora, che amplifica il lamento mondiale espresso dai testi. “Città sonora”, per usare ancora le parole dell’autore, novello universo linguistico come era stata, nella sua deflagrante epifanìa, la primordiale Nona Sinfonia di Beethoven (senza con questo voler intrecciare paragoni che si spingano oltre), cammino autonomo lungo il dorso della contemporaneità sulla rotta di un sentiero vergine.
C’e qualcosa di Hieronymus Bosch in questa composizione, e di Francis Bacon: collegamenti e contrapposizioni tra elementi diversi, provenienti da universi lontanissimi, ma anche un gusto per la deformazione che si spinge sempre però in direzione drammatica, mai grottesca o parodistica. “Coro” è quindi un’ ipotesi di composizione. Simile città, parente stretta di quelle invisibili di Calvino, non esiste, pertanto tutti possono abitarvi: basta immergersi nell’ascolto per trovarci calati nelle sue vie e tra le sue piazze.
Dal punto di vista dell’orchestrazione, e da quello armonico, il lavoro è sontuoso; si potrebbe addirittura affermare che il carattere melodico più pregnante di questa musica sia proprio la sua consustanzialità con l’armonia benché ciò possa risultare, me ne rendo conto, paradossale. Intendo dire che, diversamente da “Folk songs” là dove le canzoni si imponevano semplicemente per se stesse, qui esse non possono disgiungersi nemmeno per un attimo dall’abbraccio con il mosso, doloroso sfondo sonoro creato dal compositore.

In “Coro” le melodie sono sempre misure da colmare. Se “Coro” è una città, come città va visitato e allora tocca al visitatore scegliere: c’è chi preferisce un’indagine concentrata, come seguendo una mappa, analizzando i testi al fine di cogliere tutti i madrigalismi. Altri preferiranno farsi distrarre dai colori, seguendo un percorso ondivago, capriccioso. Altri ancora ameranno visitare negozi di antiquariato nei quali troveranno miriadi di citazioni da altre musiche e stili, moderni e antichissimi, come immersi dentro un vortice temporale. Certo, va detto: si tratta di musica che andrebbe più di altre ascoltata dal vivo. E’ un gusto che si assapora meglio senza la mediazione di uno strumento meccanico; qualcuno potrebbe obiettare che ciò vale per tutte le opere, è lapalissiano, comunque sia ascoltate il disco ma non perdetevi un concerto con questo capolavoro, ammesso che lo troviate sul vostro cammino. Non fatevi intimorire dalla complessità del linguaggio, date fiducia a questa musica. Essa ha il potere di restare.

L’ edizione qui consigliata, per DG, è quella curata dall’autore, registrata benissimo ed eseguita meglio proprio dalle compagini di Colonia cui fu destinata. La suggerisco doverosamente in primis, anche se potete trovarne altre buone, come ad esempio quella Decca degli anni ’90 diretta da Riccardo Chailly.