Alfredo Rodriguez e Dhafer Youssef al Roma Jazz Festival

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Funambolico e trascinante: questi gli aggettivi che mi vengono in mente dopo aver ascoltato martedì 17 novembre, in occasione del Roma Jazz Festival, il trio di Alfredo Rodriguez completato da Reiner Ruano al contrabasso e Michael Oliveira batteria, per la prima volta nel nostro Paese.
Alfredo Rodríguez (classe 1985) è un talentuoso pianista cubano, che prosegue degnamente la tradizione dei grandi, grandissimi pianisti cubani tra cui, in questa sede, basti ricordare Gonzalo Rubalcaba.
Formatosi nel prestigioso conservatorio “Manuel Saumell” de L’Avana, Rodriguez è stato scoperto nel 2006 al Montreux Jazz Festival da Quincy Jones che l’ha accompagnato nella sua crescita artistica; nel 2009 si è trasferito negli States dove è proseguita la collaborazione con Quincy Jones che gli ha prodotto , nel 2012, il primo album “Sounds of space”, cui ha fatto seguito nel 2014 “The Invasion Parade” ambedue per la “Mack Avenue Records”. In pochissimi anni Rodriguez è così riuscito ad imporsi alla generale attenzione grazie ad alcune prestigiose collaborazioni e alle performances in alcuni dei più grandi festival internazionali insieme a vere proprie leggende del jazz come Wayne Shorter, Herbie Hancock e McCoy Tyner.
E il perché di tanto successo è stato facile capirlo ascoltandolo nella Capitale: il suo è un pianismo ricco, spumeggiante, mai banale in cui si possono ascoltare echi provenienti dai grandi della tastiera quali Bill Evans, Jeitk Jarrett, Thelonious Monk… ma in cui è altresì assai facile scorgere le profonde influenze della musica cubana e in special modo di Chucho Valdes. Il tutto amalgamato e filtrato attraverso la sua specifica sensibilità sì da giungere ad uno stile del tutto personale caratterizzato da un uso frequente delle due mani all’unisono, dal frequente utilizzo di tutte le ottave dello strumento, da frequenti cambi di ritmo, da linee melodiche alle volte sghembe ma sempre affascinanti, da spessi clusters… mentre dal punto divista compositivo i suoi brani appaiono ben strutturati, contrassegnati alle volte da una ipnotica ripetitività di piccoli nuclei tematici . Da non trascurare, infine, la grande originalità nell’arrangiare brani altrui, elemento che abbiamo particolarmente ammirato nella riproposizione di due celeberrimi brani quali “Quizás, Quizás, Quizás” scritto dal musicista cubano Osvaldo Farrés nel 1947, e “Guantanamera”, resa famosa dal cantante e compositore cubano Joseíto Fernández a partire dalla fine degli anni ’40.
Insomma un gran bel concerto: peccato che, probabilmente anche a causa delle targhe alterne, non ci fosse un pubblico molto numeroso. (altro…)

“Vespro della Beata Vergine” di Claudio Monteverdi

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Di fronte a persone che mostrano, con conseguenze nefaste, un’infatuazione per la morte (terroristi islamici da un lato, guerrafondai dall’altro) che può dire la musica, in un’epoca nella quale le armi sembrano imporre al genere umano, assuefatto ad ogni genere di brutalità, persino le mode intellettuali?

Prendiamoci due ore del prezioso nostro tempo per ascoltare, tacitati i cellulari, il vertiginoso “Vespro della Beata Vergine” di Claudio Monteverdi e faremo almeno ingresso in un mondo diverso, dove le barriere di genere e di religione sono abbattute.

Pubblicato nel 1610 il Vespro si annuncia come opera sacra, ma destinata alle stanze dei Principi. Ingloba in sé diverse modalità profane, inclusi cinque “concerti” non strettamente funzionali alla pratica del Vespro stesso, una novità assoluta per l’epoca. Composizione monumentale per soli, coro e gruppo strumentale, in esso l’aspetto intimo e raccolto della preghiera si manifesta in una scrittura di chiara matrice teatrale.

I testi magnificano l’umile figura di Maria rivolgendosi in realtà all’Uomo, agli impulsi dell’uomo, chiamando a raccolta le forze sue più nobili e ispirandogli un anelito alla trascendenza che prescinde da qualsivoglia schema religioso, di partenza o d’arrivo.
E’ musica pura ma insieme contenutistica, all’altezza di abbracciare anche oggi le anime di tutti, dei ragazzi uccisi a Parigi venerdì 13 novembre 2015 come dei terroristi del Bataclan, sotterrati con i loro tetri sogni di morte; delle vittime e dei carnefici di questa comunità, provvisoriamente sconfitta, chiamata Mondo. E’, nel senso più alto del termine, musica del Perdono, ove si celebra la più completa e irrimediabile disfatta del Male. (altro…)