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BOSSO-BIONDINI 2 copia

A sole 24 ore di distanza ecco al Roma Jazz Festival un altro duo fisarmonica e fiato: dopo i francesi Emile Parisien e Vincent Peirani è la volta di Fabrizio Bosso alla tromba e alla fisarmonica. Il paragone è inevitabile e gli italiani ne escono alla grande.
In effetti quella ascoltata giovedì sera all'Auditorium romano è stata una delle più belle pagine di questa edizione del Festival curato da Mario Ciampà. Laddove i francesi avevano accusato qualche pausa, qualche momento di non eccelsa brillantezza con il fisarmonicista forse un po' troppo sacrificato, Bosso e Biondini hanno evidenziato una intesa, una complementarietà assolutamente straordinaria. Il loro è stato un dialogo fitto, intenso, ricco di sfumature, in cui momenti di grande spettacolarità si alternavano a momenti più meditativi, senza che mai l'uno prevaricasse l'altro. In effetti i due si conoscono e collaborano oramai da tempo e nel 2012 hanno inciso, per l' abeat, un bell'album , “Face to Face” .
Il concerto di giovedì è iniziato con due brani eseguiti soltanto da Bosso e Biondini; “Pure imagination” di Leslie Bricusse e Anthony Newley e “Prima del cuore” di Luciano Biondini contenuto nel già citato “Face to Face”.
Successivamente ai due si è aggiunto lo String Ensemble, un quintetto a corde diretto da che ha anche arrangiato tutte le esecuzioni del settetto…. e si è ben capito perché il progetto, presentato in prima assoluta, sia stato chiamato ”Melodies”.
Abbiamo così ascoltato una eccellente miscela in cui un coté classicheggiante (leggi il quintetto d'archi) riusciva a dialogare magnificamente con due jazzisti di vaglia quali Bosso e Biondini, il tutto su un repertorio atipico che pescava a piene mani anche nell'ambito della musica pop (leggi popolare). Di qui la riproposizione, accanto a classici del jazz quali “Body & Soul” e “What are you doing The rest of Your Life” di Michel Legrand, brani come “Quando” di Pino Daniele, “Fragile “ di Sting e “Azzurro” una vecchia canzone di Celentano datata 1968.Questo materiale tematico, ben rivestito da Paolo Silvestri, è stato affrontato con grande trasporto e partecipazione: sul bel tappeto armonico , ricco di colori , di sfumature, intessuto dagli archi, si sono innestati gli interventi solistici di Bosso e Biondini. Bosso, nonostante una forte influenza e la febbre piuttosto alta, è stato superlativo, cosa che gli capita oramai molto spesso…quasi sempre. Da quando si è convinto di non dover dimostrare alcunché, il trombettista torinese , perfettamente conscio dei propri mezzi, ha sempre più valorizzato il lato espressivo delle sue esecuzioni, con un sound molto particolare, pieno, rotondo senza vibrato, con una diteggiatura straordinaria che gli consente uno staccato di assoluta nitidezza, con un fraseggio sempre pertinente in cui non mancano virtuosismi mai, però, fine a sé stessi. Dal canto suo Biondini si conferma artista di assoluto livello in grado di inserire a pieno titolo il proprio non facile strumento in qualsivoglia contesto jazzistico sì da trovarsi perfettamente a suo agio sia nella riproposizione di brani della tradizione popolare sia nella rilettura di standards jazzistici.
Alla fine del concerto il pubblico reclamava un bis ma è stato lo stesso Bosso a spiegare che, date le condizioni di salute, faceva molta fatica a suonare per cui si scusava ma proprio non ce la faceva a tornare sul palco.

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