Achille Succi in Erasmus didattico in Svezia, Lapponia

Achille Succi

Del gran parlare della crisi e condizioni sempre piú precarie, specie nel mondo della musica, se ne sente ogni giorno. Tutti i musicisti di ogni area musicale lamentano un periodo di difficoltá per la propria affermazione professionale. Fare di una situazione critica una virtú è un buon modo per affrontare la questione, dando per scontato che si debbano mettere in gioco comunque competenze e qualitá umane e professionali tutt´altro che ovvie.
Molti amici musicisti, in primis il sottoscritto, hanno trovato nei molti bandi europei un veicolo risolutivo, se non definitivo almeno palliativo al tormento. L´ottenimento di borse di studio Erasmus, l´ammissione in un´accademia di musica europea possono diventare il trampolino di lancio per coronare una bella esperienza all´estero. Talvolta puó diventare addirittura un´occasione di radicale cambiamento del proprio assetto di vita, sempre premesso che se ne abbia la reale esigenza e capacitá di renderla tale. Molti amici e colleghi lo stanno brillantemente facendo in questi anni, specialmente guardando alla Francia, Inghilterra e Scandinavia creando una nuova generazione di “emigrati artistici” come forse non ce n´é mai stata in precendenza.
Primi fattivi e positivi effetti di Shengen e dei voli low cost? L´occasione, a mio avviso, è sempre da prendere al balzo, liberandosi immediatamente di quella rugginosa e vecchia patina ingombrante del “ io cervello in fuga – qui non mi merita nessuno”. I veri risultati di quella che inizia come esperienza all´estero si vedranno lentamente con la concreta affermazione professionale e personale o, in caso contrario, il ritorno in Patria. Senza necessariamente conferire accezioni positive o negative in entrambi i casi. Si guadagna e si perde sempre qualche cosa, anche nel migliore degli esiti. (altro…)

Festival Jazz EU 2013 – Santiago del Cile

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Ho colto con entusiasmo l’invito di Gerlando Gatto a scrivere del recente tour che ha visto protagonisti me ed Eugenio Colombo in Cile. L’occasione è d’oro per ricordare e condividere con i lettori, una delle rare volte in cui, nella movimentata carriera di un musicista (specie se dedito al Jazz ed Improvvisazione), ci si trova a viaggiare ancora una volta, per andare a suonare lontano la propria musica.

Dal 2009 collaboro stabilmente in Duo con Eugenio Colombo. Tutto è nato grazie ad un casuale incontro su un treno di ritorno da Siena Jazz nel 2005, in cui ci siamo trovati seduti uno di fronte all’altro. L’allievo ed il maestro. Poi un cenno a sedersi vicini ed una chiaccherata su “Brillant Corners” di T.Monk, è stata la scintilla iniziale di un incontro umano che è diventato anche un sodalizio musicale. Con Eugenio abbiamo viaggiato moltissimo in Europa, Africa e Sud America. Suonando sempre quello che ci piaceva suonare, improvvisando e leggendo, quasi sempre senza parlare mai di cosa si sarebbe suonato una volta saliti sul palco. Quattro anni fa, un’occasione (quasi) irripetibile: il lungo tour in Sud America lungo il Guatemala, Brasile, Colombia, Cile, Perù ed Argentina.

Un Tour di un mese e mezzo con più di 20 concerti  quasi del tutto improvvisati, durante i quali  quali è stato registrato il disco “Sud America” (Zonedimusica 2009). Potete leggere il “diario” che Eugenio aggiornava ogni giorno su http://www.zonedimusica.com/index.php?option=com_content&view=article&id=147&Itemid=163 .

Chi fa il musicista, sa che viaggiare e suonare sono i due capisaldi di una condizione ideale. Il viaggio è parte integrante dei concerti. E’ quello spazio di tempo fuori dal palco in cui, in realtà, si preparano i presupposti per la performance musicale vera e propria. Si parla moltissimo, si tace, si dorme molte ore in aereo e si mangia insieme ed ovviamente di suona. Eugenio fa parte di quei musicisti che in Italia, ed in Europa, hanno fatto grande la parola Improvvisazione. E’ sempre un po’ importante ricordare che In Italia abbiamo una generazioni di Maestri in giro per lo stivale, qui vicino senza andare oltreoceano, che sono musicalmente attivi e ricchi di un patrimonio da passare alle generazioni come la mia. Non accorgersene è un vero peccato. Per questo motivo quando, tramite l’Istituto Italiano di Cultura di Santiago del Cile ,io ed Eugenio siamo stati invitati a suonare al Festival Jazz EU 2013 ( http://www.goethe.de/ins/cl/prj/jaz/esindex.htm ), per me è stato un bel momento da cogliere a pieno.

 

Siamo partiti il 26 di Novembre e siamo tornati il 3 Dicembre. Una settimana di musica, decine di ore in volo, tre concerti, un workshop ed incontri importanti. Potrebbe essere la semplice storia di un tour qualsiasi se non fosse che siamo stati chiamati a partecipare, con altri sei paesi europei (Belgio, Germania, Svizzera, Norvegia, Francia e Polonia) , ad un festival di Jazz ed Improvvisazione in cui ci siamo esibiti anche in formazione mista con improvvisatori Cileni. Significativa la cerimonia di apertura del festival svoltasi la sera del 27, in una piazza di Santiago con tanto di discorso del sindaco della città, direttori di Istituti di Cultura dei paesi ospiti, Ambasciatori e direttori Artistici del festival. Il clima era quello delle belle feste di popolari (dando alla parola “popolare” il senso più alto del suo significato), molto sereno e senza l’ombra di un vigile o una guardia del corpo. Non è un dettaglio da poco in un festival gratutito che ha visto una grande affluenza di pubblico.

Il nostro primo “impegno musicale” è stato il 28 Novembre. Io ed Eugenio siamo stati baciati dalla fortuna avendo avuto modo di suonare, presso il club Thelonious, con il RAM Trio, formato da Ramiro Molina (chitarra elettrica), Angelo Cassanello (trombone) e Isidora O’Ryan (violoncello). Un Trio giovane molto maturo, attento ai silenzi e ad una gestione dei ruoli molto equilibrata. Negli ultimi anni ho vissuto e suonato molto in Scandinavia, ed ho trovato quel genere di maturità espressiva, molto genuina, contemporanea, rilassata e musicalmente valida.

Al concerto di giovedi 28  è seguito il live in Duo presso il “Projazz”, una bella scuola di Jazz di Santiago, ed il 30 sera un house concert presso il “Piso3” con altri validissimi giovani musicisti improvvisatori Cileni.

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Anders Jormin: l’importanza del suono nel jazz svedese

Colpo grosso dalla Svezia: il nostro corrispondente, Luigi Bozzolan, ha intervistato per noi il grande contrabbassista Anders Jormin, uno dei personaggi oggi più in vista del jazz internazionale. Ecco qui di seguito domande e risposte. (GG)
Anders Jormin2Anders, tu sei uno dei più importanti ed influenti  musicisti di Jazz moderno della scena scandinava. Ci daresti una panoramica della tua carriera dagli esordi fino ad oggi?

E’ una lunga storia…mio padre era una pianista di Jazz. Io ho ascoltato sui dischi il Jazz degli anni ‘50 sin dall’infanzia e suonavo a casa standard jazz con mio padre ogni sera. Ho iniziato a suonare prima su una batteria fatta in casa, poi sono passato al basso elettrico ed infine al contrabbasso. Mi sono Diplomato molto giovane presso l’Accademia di Musica (Goteborg ndr) studiando anche pianoforte classico e seguendo un percorso didattico molto stimolante e versatile nei generi. Dopo di che ho iniziato a maturare una lunga serie di esperienze musicali davvero incredibili. Ho avuto il privilegio di collaborare con alcuni dei più grandi musicisti mondiali, sarebbe impossibile citarne alcuni ed escluderne altri. Sarò sempre grato di aver suonato e registrato con Elvin Jones, Don Cherry, Joe Henderson; incredibili musicisti di Jazz che non sono più con noi…sono sempre concentrato sul presente, ma a volte le persone ed i colleghi mi ricordano tutte le cose magnifiche alle quali ho preso parte in passato!”.

Da qualche anno il Jazz contemporaneo scandinavo inizia ad imporsi al pubblico Italiano; questo grazie anche a qualche eccelente Label come ECM ed ACT. Mi riferisco in particolare all’EST trio, Bobo Stenson Trio, Jon Balke e…Anders Jormin. Cosa pensi riguardo questo crescente fenomeno culturale?

La situazione della Musica Improvvisata in Scandinavia è stata da sempre molto buona. Già 40 anni fa i musicisti avevano la possibilità di esplorare nuovi linguaggi musicali ispirandosi al Jazz americano senza necessariamente copiarlo, piuttosto sviluppando nuovi approcci  all’improvvisazione, includendo nuovi elementi musicali. La politica dei paesi scandinavi ha sempre supportato la musica improvvisata in maniera concreta e l’Improvvisazione qui è considerata una vera e propria forma d’Arte…non a livello della musica classica, comunque sempre più supportata e promossa. I musicisti emergenti cosi sono stati messi nelle condizioni di poter lavorare professionalmente nonostante le possibilità di esibirsi fossero sempre limitate in aree piccole come i Paesi scandinavi. Le scuole di Musica godono di una buona reputazione. Il fatto che i Paesi  si trovino in un area relativamente limitata e concentrata ha fatto si che i pochi musicisti abbiano potuto creare un atmosfera familiare fra loro, dove c’è una facilità a partecipare e collaborare a progetti reciproci ed a sperimentare  con curiosità anche attraversando barriere di generi e di stili che in altri Paesi sono insormontabili. Tutto questo, a mio avviso, ha profondamente sviluppato una qualità nella nostra concezione di musica…ci sono molte spiegazioni…ECM ed ACT (ed altre labels) hanno divulgato chiari e definiti aspetti della nostra musica. Anche altre realtà di musica improvvisata contemporanea hanno dato vita a nuove etichette e molti incredibili musicisti scandinavi possono essere cosi ascoltati ovunque”. 

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3 Agosto – Brötz Festival 2013 – Hjartum (Sweden)

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Il Brötz Festival è stato una lunga giornata di musica, istallazioni e performances, che lo staff del club svedese organizza in luogo davvero incantato. Siamo a Hjartum, una sessantina di chilometri ovest di Gotheborg; seguendo il fiume Älv, si arriva in aperta campagna. E’ questa, forse, la faccia più “swedish” di questo Paese, dove la sera si possono seguire le scie luminose delle barche a vela che risalgono il fiume fino a Nord.

Il Festival è anche, e soprattutto, il modo per celebrare le attività e la presenza di questa associazione che da 25 anni si occupa di divulgare l’Improvvisazione in ogni sua forma: Musica, Pittura, Scultura, Poesia e Danza.

La seconda edizione del giovane Brötz Festival è stata da me vissuta in qualità di staff member (come ultimo atto del mio soggiorno semestrale del progetto Leonardo Working with Music 2013) e come pianista. Il Brötz Festival ha tenuto fede alla sua cifra stilistica proponendo un evento decisamente multidisciplinare con concerti, istallazioni, mostre, laboratori on stage in cui scultori ed artisti si sono dati appuntamento sugli immensi campi di grano e di avena per esporre i propri lavori ed incontrare il numeroso pubblico accorso.

Si è infatti trattato di un festival ”itinerante”, dislocato sul terreno di una tenuta agricola dei primi dell’800. I fienili e le stalle, ormai in disuso, dunque sono diventati le sedi indoor per i concerti, le mostre e le esibizioni degli artisti. I campi di cereali hanno ospitato istallazioni che si spingevano fin dentro la foresta ed esposizioni a cielo aperto. Il tutto scandito da un preciso programma di eventi che permettevano a tutto il pubblico di esplorare liberamente l’area del Festival andando ora ad ascoltare un set nella sala della musica, ora ad ammirare sculture ed oli su tela in un campo di colza. Come ogni mercoledì di rito durante il periodo invernale, il Brötz, anche in questa occasione, ha potuto fare affidamento sulla totale collaborazione di tutto lo staff, costituito in maggior parte dagli stessi artisti. Questo non voglia essere “screditante” per la figura dell’Artista, ma anzi, pone sotto una luce positiva la totale e completa libertà e serenità di considerare un Artista anche colui che magari il giorno prima del festival prepara con martello e chiodi il bancone del Bar. Ecco la Svezia e la sua lezione di vita in campo artistico ed umano…

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Brötz. Maggio 2013 chiude la stagione in bellezza

Svensk Hund

Svensk Hund

Il lungo mese di maggio ha regalato al pubblico del Brötz ben 12 perfomances distribuite lungo le cinque settimane del mese. L’ultimo mese di programmazione è stato ricco e generoso, accompagnato dall’arrivo della primavera svedese, dettaglio meteorologico da non sottovalutare in una zona, come quella scandinava, dove l’arrivo della stagione calda è attesa davvero come un dono divino.

Il 1 Maggio, festa dei lavoratori anche a Gothenburg, si sono esibiti il “Circus Whitman” ( Mats Eklöf  sax e voce, Håkan Strängberg trombone e voce, Harald Stenström basso e voce, Anders Waernelius percussioni, Henrik Wartel batteria), “Björn Cedergren trio” (Björn Cedergren sax tenore e sax soprano, Henrik Aronsson  basso, Lars “Lade” Källfelt batteria) e Gino Robair solo ( percussioni, elettronica e piano preparato).

Di particolare interesse è stata l’esibizione in solo del grandissimo percussionista di San Francisco. Gino Robair (www.ginorobair.com) più che un musicista, è un artista del suono. Robair piega, modella e lavora ogni tipo di vibrazione ora generata da un synth, ora suonata con le percussioni o con il pianoforte preparato, creando un percorso musicale sempre teso e intenso.

L’8 di Maggio si sono esibiti i “Göteborgs saxofonkvartett” ( Jonny Wartel sax tenore sopranino, Mats Eklöf sax basso, Sverker Petterson sax baritono ed Anna Högberg sax alto) e “Pekkola-Thorman-Tiheäsalo Trio” (Sami Pekkola sax, Patric Thorman basso, Topias Tiheäsalot chitarra). Questo ultimo Trio è stato, forse, uno dei gruppi di maggior interesse durante tutto il semestre di programmazione. Guidati dal leader sassofonista, i tre hanno improvvisato con estrema cura nei suoni e nel reciproco ascolto.

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Brotz: focus sullo Strid-De Heney-Norstebo Trio

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Come alcuni di voi sanno, da Gennaio 2013 sto lavorando come staff member presso il Brötz Club, in qualità di pianista e collaboratore, grazie alla borsa di studio “Leonardo 2013” in collaborazione con il Conservatorio di Musica “L. Refice” di Frosinone. L’occasione è stata delle più ghiotte in quanto ha significato il mio ritorno in terra Svedese dopo due anni di soggiorno come studente presso l’Academy of Music and Drama di Gothenburg (2010-2012). Inoltre la mia presenza presso l’associazione Brötz mi ha indirettamente concesso il lusso di poter assistere a tutti i concerti in programmazione ogni mercoledi sera. L’appuntamento settimanale, oltre ad essere un ottima occasione per ascoltare musica ed incontrare musicisti eccezionali, è anche il giro di boa settimanale per quanto riguarda il lavoro svolto all’ interno del Club.

Per quanto riguarda il mio abituale appuntamento mensile con “A proposito di Jazz”, stavolta ho scelto di raccontarvi un solo concerto, concentrando la mia attenzione su un solo set e non come solitamente faccio, sull’intera programmazione mensile. Ho scelto questa strategia fondando la motivazione sul fatto che mercoledì 22 aprile, il concerto del Trio Strid-De Heney-Norstebo ha non solo impreziosito la programmazione del Brötz, ma ha decisamente dato un segnale maturo di Arte dell’Improvvisazione in senso lato.

Come ogni evento straordinario, il peggior modo di poterne parlare è proprio la scrittura. Un concerto, sopratutto se capolavoro, andrebbe semplicemente ascoltato nei suoi suoni e nelle sue coloriture, ma la tentazione di cercare una condivisione in questa sede è davvero troppo allettante.

Intanto è una questione di equilibrio: due veterani ed un giovane. Come dire…il corpo e le ali. I due grandi nomi della “scena impro” scandinava sono la contrabbassista Nina De Heney (Svizzera, ma ormai naturalizzata Svedese) ed il batterista Reymond Strid (di Stoccolma). I due musicisti hanno rappresentato quelle che io definisco “voci” nel proprio strumento. Quando si arriva ad una certa maturità artistica e strumentale, al di là dei gusti, si esprime un se sincero ed autentico, allora si entra in una zona franca in cui si può solo continuare a seguire se stessi. Quindi non parliamo di riferimenti artistici, di musicisti per forza fenomeni supernaturali, ma di artisti che, negli anni, si sono presi la briga di lavorare su se stessi senza cedere alle lusinghe del Jazz , del Free o del Cool…ma just themselves. In linea generale la bellezza di questa terra (la Svezia), è che si tende sempre a coltivare una propria identità il prima possibile. E molte volte il cerchio si chiude.

Il giovane del trio si chiama Henrik Munkeby Nørstebø, Norvegese di Trondheim, trombonista di appena 27 anni (www.henriknorstebo.com). Da tenere d’occhio questo trombonista farà cose interessanti.

La Musica del Trio inizia sicura e senza esitazioni come se fosse scritta. Nella loro performance sono insiti dialogo, comunicazione, ascolto reciproco, gestione dei ruoli e del fluire del tempo in relazione alla musica, condotta delle dinamiche e del “cosa” con cura quasi maniacale al “come”. Tutti elementi, quelli sopra elencati, che in realtà fanno parte della Musica tutta, in senso lato del termine. Ci si scopre dunque inventori di niente. Il piccolo miracolo di quando, però, tutti questi fattori si strutturano in maniera logica “ora e qui”, riguarda esclusivamente l’atto improvvisativo. I trenta minuti di musica sono scanditi da due set che terminano con due rispettivi finali che convincono ancora una volta il sottoscritto, ed il pubblico presente in sala, che la Musica Improvvisata è un Arte e che non si limita a confini stilistici o esecutivi, ma si matura nel tempo, e che in se, conserva una sua alchimia basata sulla naturale empatia dei musicisti. La caratteristica principale del Trio Strid-De Heney-Norstebo è la totale intercambiabilità dei ruoli durante la performance. Come la batteria di Strid può essere il riferimento metrico di una sezione, un secondo dopo il trombone può prendere le redini del metro e lasciare alla batteria un ruolo melodico ed allo stesso tempo il contrabbasso della De Heney adesso è complice, e fra un minuto sarà pulsione ritmica da far tremare il palco. Questo continuo passarsi il ruolo fa si che la musica non si chiuda mai in uno schema o in un “già detto”. Tutto quindi è in perfetto equilibrio e mutevole attimo dopo attimo.

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