Tempo di lettura stimato: 6 minuti

Rosario Bonaccorso – “In cammino”

Rosario Bonaccorso – “In cammino”

Rosario Bonaccorso – “In cammino” – Parco della Musica Records
Il contrabbassista siciliano si ripresenta alla testa del suo “Travel Notes Quartet” – immutato nell’organico ad eccezione di Fabrizio Bosso al posto di Andy Gravish – con questo album che costituisce l’ideale prosecuzione dell’ottimo “Travel Notes” registrato nel 2077 sempre per la Parco Della Musica Records. E bisogna subito dire che si tratta di una bella conferma: avevamo apprezzato il primo album in cui Bonaccorso si dimostrava artista oramai maturo, perfettamente consapevole dei propri mezzi espressivi ed in grado di comunicare al meglio la gamma di emozioni che la sua musica racchiude. Valutazioni confermate appieno dopo l’ascolto di questo “In cammino” che riesce ancora una volta a soddisfare appieno un ascoltatore con le orecchie bene aperte, vale a dire senza necessariamente chiedere al musicista sperimentazioni o astrusità che spesso risultano fini a sé stesse. Bonaccorso, invece, e lo dichiara esplicitamente, pur proseguendo in una ricerca “attraverso l’interiorità e l’esteriorità”, non disdegna di lasciarsi andare alle emozioni : “I brani – sottolinea Rosario – sono nati di getto come risultato di un momento di elaborazione e di meditazione… ho portato in studio di registrazione un approccio improvvisativo in cui prevalgono la spontaneità, la sintonia degli intenti e l’ascolto del prossimo…E’ il momento istintivo di ogni creazione a interessarmi ed è per questo che tutti i brani sono “first take”: rappresentano la mia poetica e il mondo compositivo in quel momento di puro istinto”. Ed in effetti questa parole trovano un perfetto riscontro nella musica: fresca, sempre nuova, diversa nello scorrere dei brani, assai bene equilibrata tra pagina scritta e improvvisazione, con il giusto spazio lasciato ad ogni singolo musicista che ha così modo di dispiegare appieno le proprie potenzialità. Così Fabrizio Bosso evidenzia ancora una volta un fraseggio scintillante ed una maturità espositiva che lo colloca oramai ai vertici internazionali; Andrea Pozza è pianista elegante, raffinato dotato di una intelligenza tale che gli consente di esprimersi al meglio sia in fase di assolo sia in fase di accompagnamento; ottimo il drumming di Nicola Angelucci mentre su Di Battista non c’è bisogno di aggiungere alcunché. Il repertorio, come si accennava, è dovuto nella sua totalità allo stesso Bonaccorso (che si fa valere anche come arrangiatore): splendidi, a nostro avviso, il brano di apertura e quello che da il titolo all’intero album.

Emanuele Cappellotto, Gianluca Sabbadin – “Four Clockworks for Mandolin & Guitar”

Emanuele Cappellotto, Gianluca Sabbadin – “Four Clockworks for Mandolin & Guitar”

Emanuele Cappellotto, Gianluca Sabbadin – “Four Clockworks for Mandolin & Guitar”- Dodicilune Ed277
L’etichetta Dodicilune ci ha abituati a spaziare oltre il jazz, passando anche attraverso alla musica contemporanea, e qui noi di “A proposito di Jazz” di questo non possiamo che essere felici.
Dunque ogni tanto ci imbattiamo in piccoli gioiellini come questo “Four Clockworks for Mandolin & Guitar” in cui il mandolino di Emanuele Cappellotto e la chitarra di Gianluca Sabbadin si cimentano in ben quattro suite di altrettanti compositori contemporanei: Norbert Sprongl, Guido Santorsola, Ernst Krenek ed Angelo Gilardino. Composizioni strutturate e definite dai due musicisti per l’appunto “Clockworks”, letteralmente “meccanismi” o “ingranaggi”, a moto perpetuo, che dir si voglia, perche’ scritte con una ferrea precisione di intrecci ritmici e melodici, che ne è il fil rouge. Abbiamo molti modi di ascoltare i virtuosismi complessi e divertenti di questo excursus nella musica colta moderna. Quello “diacronico”, poiché le quattro composizioni sono sistemate in progressione a partire dal 1950 di Sprongl, passando poi per il 1981 di Santorsola, per il 1989 di Krenek e il 2006 di Gilardino, in cui possiamo recepire come cambia il linguaggio ritmico melodico e anche tecnico esecutivo per gli strumentisti con il progredire dei tempi; ma possiamo accostarci all’ ascolto anche decidendo di cogliere analogie e differenze tra compositori moderni provenienti da diverse realtà culturali (il mitteleuropeo Sprongl, austriaco, l’ austriaco ma naturalizzato statunitense Krenek, l’ italo – uruguayano Guido Santorsola, l’ italianissimo Angelo Gilardino: ascoltate quanta diversa musicalità, che intrecci contrappuntistici e armonici diversi e addirittura contrastanti emergano da queste complesse pagine di musica ); possiamo infine anche decidere di abbattere i parametri cronologici e geografici e prestare attenzione solo e soltanto a come chitarra e mandolino si scambino i ruoli in maniera quasi acrobatica, a partire dal molto definito Strongl, in cui il mandolino ha essenzialmente la parte tematica e la chitarra quella di accompagnamento armonico ritmico, fino allo scardinamento quasi totale di questa consuetudine in Gilardino. Cappellotto e Sabbadin seguono implacabilmente questo moto perpetuo in tutti i sessantaquattro minuti ma non pensiate che “moto perpetuo” significhi un continuo ticchettio sempre uguale a se stesso: ciò che lascia stupiti, è che in questo meccanismo di precisione musicale che percepiamo come uno scorrere regolare di battiti dall’inizio alla fine, in realtà assistiamo ogni minuto che passa a un continuo esplodere di sorprese mai uguali una all’altra. Consigliamo, vivamente, più ascolti perche’ niente è più imprevisto del regolare scorrere del tempo! Come ci insegna il trascorrere di ognuno dei nostri giorni, del resto. (Daniela Floris)

If Duo – “Songs”

If Duo – “Songs”

If Duo – “Songs” – abeat JZ091
Giovanni Falzone è musicista che tappa dopo tappa si sta ritagliando un suo preciso spazio nell’ambito del jazz europeo facendosi valere non solo come strumentista ma anche come compositore, arrangiatore e creatore di situazioni interessanti. E’ questo il caso di “Songs” un album concepito subito dopo la registrazione di “Meeting in Paris” che Falzone effettuò a Parigi nel 2006 con un gruppo formato da musicisti di diversa nazionalità. In quell’occasione nacque una spontanea intesa con il pianista Bruno Angelini, intesa che con il passare del tempo si è concretizzata con la registrazione di questo album tutto incentrato su composizioni di Falzone in forma di Songs che il trombettista teneva in un cassetto in vista dell’incontro giusto. Ovviamente l’album si differenzia sostanzialmente dal Falzone che fin qui avevamo imparato a conoscere ed apprezzare: niente formazioni larghe caratterizzate da un forte interesse per le partiture estese e quindi niente arrangiamenti particolari, niente riferimenti alla musica “colta” o contemporanea, ma una forma che diventa sostanza durante l’esecuzione nel senso che i due arrangiano e formano il brano nel momento stesso in cui lo suonano, lo interpretano. Di qui un insieme di rimandi, di frasi dette e semplicemente accennate, un dialogo fitto che si basa sulle reciproche sensibilità piuttosto che sulle abilità tecniche, quest’ultime raramente in primo piano e comunque sempre subordinate alle necessità espressive. Il tutto giocato sul filo di un equilibrio tanto sottile quanto mirabilmente duraturo che evidenzia, viepiù, l’ispirato momento dei due musicisti.

Lanfranco Malaguti – “Panorami”

Lanfranco Malaguti – “Panorami”

Lanfranco Malaguti – “Panorami” – Splasc (H)
Lanfranco è uno di quei pochissimi musicisti che mai delude: parco nelle sue esibizioni live, continua invece a incidere dischi tutti di ottima qualità che evidenziano il percorso creativo di un musicista che non si è accontentato dei risultati raggiunti, che non ha riposato sui classici allori. Così innanzitutto guida un gruppo dall’organico ancora diverso con Nicola Fazzini al sax alto e soprano, Massimo De Mattia al flauto e Luca Colussi alla batteria, facendo, quindi a meno del basso. Ma l’equilibrio complessivo del gruppo non ne soffre dal momento che i quattro sono concentrati al massimo pronti ad esplorare ogni minimo suggerimento proveniente dal compagno d’avventura. Ché di una vera e propria avventura musicale si tratta: magnificamente guidato da quell’alchimista dei suoni che risponde al nome di Malaguti Lanfranco, il gruppo esegue con la stessa disinvoltura brani in gran parte scritti e improvvisazioni totali che si formano proprio partendo da quegli spunti, quei suggerimenti cui prima si faceva riferimento. Così la musica non conosce momenti di stanca e sgorga fluida, sempre nuova sorretta anche da un uso quanto mai corretto dell’elettronica. Comunque ancora una volta superlativo il lavoro di Malaguti anche come strumentista che, in mancanza del basso, supplisce con il suo strumento in un incredibile lavoro di tessitura in cui , come al solito, armonie e linee melodiche si fondono in mirabile sintesi.

Enrico Rava – “Tribe”

Enrico Rava – “Tribe”

Enrico Rava – “Tribe” – ECM 2218
Enrico Rava, non lo scopriamo certo adesso, è musicista straordinario non solo per come ha saputo costruire e valorizzare, passo dopo passo, il suo essere “artista” ma anche per come ha saputo scoprire e valorizzare i tanti giovani che lo hanno nel tempo affiancato. Questa volta lo troviamo alla testa di un gruppo composto anche da giovani quali Gianluca Petrella al trombone, Giovanni Guidi al pianoforte e Gabriele Evangelista al contrabbasso, mentre musicisti di provata esperienza sono lo straordinario batterista Fabrizio Sferra e il chitarrista Giacomo Ancillotto. “Quando io noto i doni di un giovane musicista – ha avuto modo di affermare Rava – immediatamente cerco di coinvolgerlo nei miei gruppi. Ma questo non è un atto di altruismo… Giovanni Guidi è come Petrella e Bollani: mi stupiscono sempre”. Così come stupiscono gli ascoltatori dal momento che Bollani è oramai una stella di primaria grandezza, mentre Petrella e Guidi proseguono nella loro crescita evidenziata anche da questo album. Il materiale comprende materiale già utilizzato anche in precedenti album ECM, composizioni nuove ed un brano assolutamente improvvisato che forse meglio degli altri riesce a dare una visione esauriente del gruppo: i sei si muovono con straordinaria compattezza, legati da un idem sentire che si sostanzia in una musica in cui il fraseggio dell’uno si integra perfettamente con quello dell’altro, in un clima di piena collaborazione. Comunque, a parte il brano “Improvisation”, tutte le altre composizioni, dovute alla penna di Rava, sono una sorta di inno alla melodia in cui il trombettista esalta il suo lirismo e la sua creatività che sembrano non soffrire l’usura del tempo.

Articoli scelti per te:

Ti è piaciuto l'articolo? Lascia un commento!

<< Pagina precedente

  1. Page 1
  2. Page 2
  3. Page 3
  4. Page 4
  5. Page 5
  6. * Tutto in una pagina *
Pagina successiva >>

Commenti

commenti

Shares