Belle affermazioni di D’Andrea, Marcotulli e Malaguti

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Franco D’Andrea (foto R. Cifarelli)

Franco D’Andrea (foto R. Cifarelli)

Allora è proprio vero: il jazz italiano non si limita ai quei tre – quattro nomi che dominano il mercato, ma è molto più complesso. La conferma, se pur ce ne fosse stato bisogno, arriva comunque, clamorosa, dal recente “Top Jazz” il referendum indetto dalla rivista “Musica Jazz” tra i giornalisti “specializzati”. Ebbene, sorpresa delle sorprese, nessuno dei “soliti noti” ha vinto questa volta in alcuna categoria.

Tutto ciò dimostra quanto sostenuto in un nostro recente articolo dedicato alla situazione del jazz italiano: purtroppo, anche nel nostro microcosmo, il grande successo è determinato non solo dalla bravura ma anche – e forse soprattutto – da una serie di altri fattori (organizzazione, ufficio stampa influente, rilevanza mediatica) comunque legati al mercato. E che, come si accennava nel già citato articolo, l’eccellenza artistica spesso non fa premio su altri elementi si evince dal fatto che il personaggio risultato vincitore di questa tornata è Franco D’Andrea, giustamente considerato dalla stampa specializzata secondo a nessuno… e non solo a livello italiano.

Quest’anno il pianista di Merano ha vinto in due categorie (miglior formazione e miglior tastierista/pianista), si è classificato secondo come musicista dell’anno, terzo nella categoria dedicata al miglior album con “Sorapis”, quarto come compositore/arrangiatore, e – caso più unico che raro – nella classifica dei gruppi oltre al primo posto ha occupato anche il quinto con il trio.

Eppure D’Andrea non suona spessissimo, eppure D’Andrea non è molto conosciuto al di fuori dell’ambiente jazzistico, eppure D’Andrea non va in televisione. A quest’ultimo riguardo, ci si aspettava che Bollani vincesse in carrozza in parecchie categorie (musicista dell’anno, miglior disco, miglior pianista) dato che è stato praticamente l’unico jazzista italiano ad aver ottenuto spazi (e che spazi…) in televisione da Mamma Rai. Ciò non è accaduto perché ancora oggi i gusti del pubblico spesso non coincidono con quelli dei critici dal momento che necessariamente si usano parametri diversi senza che per questo si gridi allo scandalo.

In linea con queste considerazioni anche la vittoria del chitarrista Lanfranco Malaguti; da anni sulla cresta dell’onda, responsabile di un percorso stilistico quanto mai originale e personale, documentato da tutta una serie di album, Lanfranco non è certo artista da grandi numeri: dopo aver vinto il referendum quale miglior nuovo talento nel 1989, ha dovuto aspettare più di vent’anni per ottenere quest’ulteriore prestigioso riconoscimento.

Un’altra piacevole novità viene, questa volta, dalla classifica dedicata al musicista dell’anno, a prevalere Rita Marcotulli che corona così un periodo d’oro avendo vinto, nel recente passato, il Premio Ciak D’Oro, il Nastro D’Argento e il David di Donatello per la Miglior Colonna Sonora per il film Basilicata Coast to Coast di Rocco Papaleo. Tornando al “Top Jazz” era dal 1982 che tale riconoscimento non andava ad una donna e se in Italia c’è una jazzista che merita questo premio, per l’originalità dell’ispirazione, la costanza, la serietà che ha sempre messo nella sua musica, questa è certamente Rita Marcotulli. Non è questa la sede per ripercorrere la ricca carriera artistica di Rita ma egualmente piace ricordare come ancora giovanissima venne chiamata nel 1988 da Billy Cobham a far parte delle sue formazioni.

Un altro elemento che si può trarre da questo referendum è l’ottimo stato di salute del jazz romano; due musicisti che vivono nella Capitale vincono il TOP JAZZ : oltre a Rita Marcotulli, c’è anche Enzo Pietropaoli, miglior bassista. Tra i vincitori anche musicisti prodotti da Etichette romane: miglior disco «Around Ornette», Giovanni Falzone Quintet (Parco della musica Records); migliori ance : Francesco Bearzatti (Parco della Musica Records); Giovanni Falzone, miglior ottone (Parco della Musica Records); miglior nuovo talento Fulvio Sigurtà (CamJazz); Maria Pia De Vito,miglior voce (Parco della Musica Records). Enzo Pietropaoli è prodotto da Jandomusic,altra etichetta romana. Anche l’ultimo cd di Rita Marcotulli,la colonna sonora di “Basilicata Coast to Coast” è prodotto da un’etichetta romana, Alice Records.

Ciò detto diamo ora uno sguardo più da vicino alle varie classifiche. Il “Premio Arrigo Polillo” – miglior disco dell’anno – è andato ad “Around Ornette” del Giovanni Falzone Quintet; la scelta non è stata facile in quanto l’annata era stata contrassegnata da molti album di sicuro interesse tra cui “Tribe” di Enrico Rava classificato secondo, il già citato “Sorapis” e “In Sicilia una suite” di Giovanni Mazzarino.

La classifica del musicista dell’anno è una sorta di gota del jazz italiano presentando nell’ordine, alle spalle della Marcotulli, D’Andrea, Bollani, Fresu, Rava, Petrella, Bosso, Danilo Gallo, Falzone e Ottolini.

Per la formazione dell’anno, il primo premio è andato ex aequo ad un veterano (il più volte citato D’Andrea) e ad un giovane vale a dire Livio Minafra con il suo quartetto, che hanno preceduto “Tinissima” e il “Falzone quintet”.

Ancor più difficile la scelta del nuovo talento : l’ha spuntata per pochi volti Fulvio Sigurtà su Mattia Cigalini; più distanziato Claudio Filippini che, a nostro avviso, meriterebbe di più… così come Dino Rubino.

Nella classifica dedicata al miglior/compositore/arrangiatore non c’è stata invece storia: Dino Betti Van Der Not ha vinto con 138 punti mentre il secondo classificato, Maurizio Giammarco, ne ha avuti solo 44. Terzo Riccardo Brazzale.

Tra gli ottoni vittoria non scontata di Giovanni Falzone a precedere Petrella, Bosso e Aquino mentre Rava e Fresu sono stati un po’ abbandonati dai rispettivi sostenitori rispettivamente con 29 e 21 voti.

Nel comparto ance vittoria scontata di Francesco Bearzatti su Max Ionata e Francesco Cafiso mentre tra i tastieristi alle spalle di D’Andrea si sono classificati nell’ordine Giovanni Guidi, Stefano Bollani e Dado Moroni; in questa categoria figura anche Rita Marcotulli con 19 preferenze.

Tra i chitarristi bella affermazione del già citato Malaguti che ha preceduto altri due eccellenti musicisti quali Roberto Cecchetto e Maurizio Brunod, mentre qualcosa in più era attesa per Nicola Mingo autore di un eccellente album dedicato a Clifford Brown.

Giusto riconoscimento anche ad Enzo Pietropaoli che ha vinto tra i bassisti con largo margine su Rosario Bonaccorso e Paolino Dalla Porta mentre tra i batteristi il dominio di Roberto Gatto (per altro secondo) è stato infranto da Zeno De Rossi mentre un bel terzo posto è andato a Fabrizio Sferra a parere di chi scrive uno dei batteristi più immaginifici e originali che il jazz europeo possa vantare.

Tra i cantanti scontata affermazione di Maria Pia De Vito che si riconferma giustamente ai vertici dato che mai si è fermata sugli allori andando sempre a cercare nuove e più ardue vie espressive.
Infine nella categoria miscellanea primo il violinista Stefano Pastor sull’armonicista Max De Aloe e il flautista Massimo De Mattia; ottima quinta l’arpista Marcella Carboni.

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