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Alessandro Fedrigo – “Solitario” – nusica.org 80/100
Disco davvero interessante questo “Solitario” e per più di un motivo. Innanzitutto lo strumento adoperato: si tratta del basso acustico, ovvero di una chitarra basso acustica, nel caso in specie, senza tasti (fretless) il cui sound viene ulteriormente personalizzato dal sapiente uso di effetti elettronici. Ovviamente lo strumento da solo serve a ben poco: ci vuole chi lo sappia ben utilizzare e Alessandro Fedrigo è senza dubbio tra i migliori specialisti della materia. Cresciuto al Conservatorio Musicale di Vicenza, a partire dai primissimi anni ’90 ha effettuato un percorso musicale incontrando il jazz, l’improvvisazione libera, la musica sperimentale, la musica etnica, l’elettronica. Di qui alcune prestigiose collaborazioni con musicisti quali Claudio Fasoli, Stefano Battaglia, Francesco Bearzatti, Marco Tamburini, Tony Scott, Chris Hunter… e via di questo passo in una galleria che potrebbe essere molto più lunga. A questo punto della sua carriera Fedrigo ha scelto di mettere un punto fermo nell’ambito delle sue acquisizioni presentandosi con questo ambizioso progetto che lo vede in splendida solitudine alle prese con un repertorio anch’esso scelto con grande cura. Alessandro non si preoccupa di far sentire temi ampiamente collaudati: ecco quindi pezzi celeberrimi come “Autumn leaves”, “All of me”; “My one and only love”, “Blue Monk” offerti con spregiudicatezza e determinazione a dimostrare come anche con un solo strumento si possa evidenziare un preciso senso della costruzione, dell’arrangiamento, senza rinunciare a dinamica e senso del colore, il tutto impreziosito da una perfetta intonazione. Ma Fedrigo non si limita agli standards: vi aggiunge ben otto sue composizioni in cui alle doti già dette affianca un’ottima capacità di scrittura ed una facilità improvvisativa notevoli tanto da fare dire a Steve Swallow – uno che di basso si intende – di “aver trovato molto interessante le idee e i concetti (sviluppati da Fedrigo) nel suo approccio alla solo performance”. E ciò detto non mi sembra il caso di aggiungere altro!
E bravo “cosialbi” ; che giudizio illuminante; quale capacità di analisi e allo stesso tempo di sintesi…davvero straordinario. Peccato che abbia sbagliato indirizzo. Caro “cosialbi” questo blog ha voluto essere, sin dall’inizio, una sorta di palestra in cui tutti gli appassionati di jazz potessero confrontarsi indipendentemente dal ruolo che ricoprono in questo microcosmo. Un confronto caratterizzato da educazione di linguaggio e onestà intellettuale. Dote, quest’ultima, che Lei non sembra particolarmente apprezzare. In effetti è fin troppo facile gettare la pietra e nascondere la mano. Noi critici forse non capiamo alcunché ma abbiamo il coraggio di metterci la faccia; Lei no. E questo già la duce lunga: ma “cosialbi” cos’è una sorta di crasi tra nome e cognome? Uno pseudonimo? O forse un nome d’arte? Comunque, anche se si fosse firmato con il suo vero nome e cognome avrebbe detto un’enorme stupidaggine. Affermare, come Lei fa, “i soliti critici che non sanno cosa dicono…” significa nulla. A cosa si riferisce? A tutte le recensioni, ad una in particolare, ad un passaggio di qualcuna? Lei ci accusa di non capire nulla… allora perché non ci illumina Lei dall’alto della sua evidentemente enorme competenza; perché non ci scrive le sue opinioni al riguardo, perché non argomenta – se pur ne è capace – in modo da farci ricredere sulle nostre opinioni? In attesa di leggerLa – ma nella quasi certezza che ciò non accadrà – cordialmente la saluto.
Suo Gerlando Gatto
i soliti critici che non sanno cosa dicono….