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Rêverie Duo – “Stagioni” – Slam 534
Fra le tante tendenze che attraversano il jazz di oggi ce n’è una particolarmente interessante, almeno ad avviso di chi scrive: presentare un jazz cameristico eseguito da organici acustici ed estremamente ridotti. In questo filone si inserisce, a buon diritto, “Stagioni” i cui protagonisti sono Valerio Daniele alla chitarra acustica e Redi Hasa al violoncello. Ora è abbastanza chiaro che quando un disco si basa esclusivamente su due musicisti che per giunta non fanno ricorso ad alcuna alchimia elettronica, ebbene questi due jazzisti devono esprimersi al meglio per ottenere risultati degni di questo nome. Ed è, per l’appunto, quel che fanno Daniele e Hasa: alle prese con un repertorio certo non facile, scritto da loro stessi, i due si muovono su un territorio che prescinde da qualsivoglia definizione, un territorio di confine in cui si incontrano stilemi provenienti dal jazz, dalla musica colta, da quella popolare. Grazie anche ad una perfetta tecnica strumentale, Daniele e Hasa riescono a padroneggiare la complessa materia che si trovano fra le mani in un susseguirsi di atmosfere alcune facilmente accessibili, altre meno. Ma in ogni caso è il sound del duo che regala emozioni senza soluzione di continuità: il suono chiaro, distinto, ben articolato della chitarra si sposa magnificamente con le tonalità spesso dolenti del violoncello che conserva intatta tutta la sua liricità. Davvero un bel disco; complimenti!
E bravo “cosialbi” ; che giudizio illuminante; quale capacità di analisi e allo stesso tempo di sintesi…davvero straordinario. Peccato che abbia sbagliato indirizzo. Caro “cosialbi” questo blog ha voluto essere, sin dall’inizio, una sorta di palestra in cui tutti gli appassionati di jazz potessero confrontarsi indipendentemente dal ruolo che ricoprono in questo microcosmo. Un confronto caratterizzato da educazione di linguaggio e onestà intellettuale. Dote, quest’ultima, che Lei non sembra particolarmente apprezzare. In effetti è fin troppo facile gettare la pietra e nascondere la mano. Noi critici forse non capiamo alcunché ma abbiamo il coraggio di metterci la faccia; Lei no. E questo già la duce lunga: ma “cosialbi” cos’è una sorta di crasi tra nome e cognome? Uno pseudonimo? O forse un nome d’arte? Comunque, anche se si fosse firmato con il suo vero nome e cognome avrebbe detto un’enorme stupidaggine. Affermare, come Lei fa, “i soliti critici che non sanno cosa dicono…” significa nulla. A cosa si riferisce? A tutte le recensioni, ad una in particolare, ad un passaggio di qualcuna? Lei ci accusa di non capire nulla… allora perché non ci illumina Lei dall’alto della sua evidentemente enorme competenza; perché non ci scrive le sue opinioni al riguardo, perché non argomenta – se pur ne è capace – in modo da farci ricredere sulle nostre opinioni? In attesa di leggerLa – ma nella quasi certezza che ciò non accadrà – cordialmente la saluto.
Suo Gerlando Gatto
i soliti critici che non sanno cosa dicono….