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Dino Saluzzi – “Navidad de los Andes” – ECM 2204
Album evocativo già dal titolo questo “Navidad de los Andes” che vede all’opera un trio i cui elementi sono oramai legati da lunghe esperienze: il bandoneonista argentino Dino Saluzzi suona sin da bambino con il fratello Felix oggi eccellente tenorista e clarinettista mentre la violoncellista Anja Lechner collabora con Saluzzi fin dalla metà degli anni ‘90. Un organico, quindi, assolutamente atipico, fatto apposta per evidenziare le straordinarie capacità esecutive ed interpretative dei tre, ma allo stesso tempo di grande affidabilità . L’universo di riferimento – come si diceva – è dichiarato esplicitamente e così la musica assume un respiro particolare a seconda che ci si riferisca al canto degli uccelli nelle foreste della montagna, alle sale da ballo o alle chiese del villaggio. Insomma, al di là delle possibilità semantiche della musica, Saluzzi è sempre un narratore di storie e anche questa volta lo fa a modo suo costruendo una serie di atmosfere originali caratterizzate da un sound particolare. In questo senso determinante il ruolo del violoncello che dona al trio un’aura particolare determinando una musica che non è jazz, ma neanche musica da camera e men che meno folk o tango… insomma una musica fascinosa, indefinita e indefinibile che ti porta lontano. Straordinarie, al riguardo, le riletture di tre maestri del tango quali José Padula (1893-1945), Carlos Gardel (1890-1935), Enrique Delfino (1895-1967) le cui partiture vengono quasi estratte dalla loro dimensione naturale – il tango – per essere trasposte in un’altra dimensione senza alcunché perdere dell’originario fascino.
E bravo “cosialbi” ; che giudizio illuminante; quale capacità di analisi e allo stesso tempo di sintesi…davvero straordinario. Peccato che abbia sbagliato indirizzo. Caro “cosialbi” questo blog ha voluto essere, sin dall’inizio, una sorta di palestra in cui tutti gli appassionati di jazz potessero confrontarsi indipendentemente dal ruolo che ricoprono in questo microcosmo. Un confronto caratterizzato da educazione di linguaggio e onestà intellettuale. Dote, quest’ultima, che Lei non sembra particolarmente apprezzare. In effetti è fin troppo facile gettare la pietra e nascondere la mano. Noi critici forse non capiamo alcunché ma abbiamo il coraggio di metterci la faccia; Lei no. E questo già la duce lunga: ma “cosialbi” cos’è una sorta di crasi tra nome e cognome? Uno pseudonimo? O forse un nome d’arte? Comunque, anche se si fosse firmato con il suo vero nome e cognome avrebbe detto un’enorme stupidaggine. Affermare, come Lei fa, “i soliti critici che non sanno cosa dicono…” significa nulla. A cosa si riferisce? A tutte le recensioni, ad una in particolare, ad un passaggio di qualcuna? Lei ci accusa di non capire nulla… allora perché non ci illumina Lei dall’alto della sua evidentemente enorme competenza; perché non ci scrive le sue opinioni al riguardo, perché non argomenta – se pur ne è capace – in modo da farci ricredere sulle nostre opinioni? In attesa di leggerLa – ma nella quasi certezza che ciò non accadrà – cordialmente la saluto.
Suo Gerlando Gatto
i soliti critici che non sanno cosa dicono….