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Sarah Vaughan

E’ il 3 aprile del 1990 quando in un ospedale di Los Angeles si spegne Sarah Vaughan, sicuramente una delle migliori vocalist che il mondo della musica, al di là di qualsivoglia genere, abbia mai conosciuto. Nata a Newark, New Yersey, nel 1924, aveva avuto la fortuna di crescere in un famiglia senza particolari difficoltà economiche, cosa certo non comune per la gente di colore a quell’epoca. Così la madre si accorge immediatamente della sua predisposizione per la musica e a sette anni le fa studiare pianoforte classico, cosa che le riuscirà particolarmente utile nell’arco della sua carriera artistica. Ben presto, comunque, Sarah si accorge che non è la musica colta la sua vera passione e adolescente comincia ad esibirsi come organista, pianista e cantante solista in una chiesa protestante della sua città.La svolta nel 1942 quando, con una magistrale interpretazione di “Body and soul”, vince un concorso musicale all’Apollo Theater di Harlem : di colpo le si aprono le porte del mondo dello spettacolo e lei ne approfitta con trasporto e discrezione. Così, grazie all’interessamento del suo mentore ,Bill Eckstine, entra nell’orchestra di Earl Hines accanto a Dizzy Gillespie e Charlie Parker; successivamente viene assunta dallo stesso Eckstine. A metà degli anni ’50 lascia anche questa band per intraprendere una carriera di solista, che le darà grandissime soddisfazioni . Tanti i riconoscimenti tra cui ci piace ricordare il fatto che nel 1984 viene chiamata per interpretare le poesie di Karol Wojtyla musicate da Boland, Palumbo, Schifrin.
A distanza oramai di venti anni dalla sua morte si può senza alcun dubbio affermare che nell’ambito della musica jazz la Vaughan sia stata ,unitamente a Billie Holiday ed Ella Fitzgerald, l’interprete più grande ed importante di questo genere musicale.
In particolare la Vaughan si faceva apprezzare per due fondamentali caratteristiche: aveva un’estensione di voce superiore alle altre due, giacché poteva passare dalla tonalità più bassa a quella più alta senza alcuno sforzo apparente e soprattutto, a differenza delle altre due, era una musicista completa, nel senso che conosceva alla perfezione il pianismo. Non a caso fu la sola voce di rilievo degli anni quaranta nell’ambito del nuovo stile disegnato da Parker e Gillespie, vale a dire il bebop. In effetti seguire le nuove concezioni del sassofonista e del trombettista era impresa quasi impossibile se non si possedeva anche una solida preparazione di tipo teorico, fondata sullo studio delle armonie. Così Dizzy Gillespie, nella sua splendida autobiografia “To be or no to bop” dichiara che la Vaughan come musicista “non aveva assolutamente nulla da invidiare a nessuno: conosceva tutti gli accordi ed era in grado di creare splendidi accompagnamenti”. Ciò significa che usava la voce come uno strumento, avendo ben presenti quelle progressioni di accordi su cui Gillespie aveva praticamente costruito il be bop.
Ovviamente molte le perle discografiche lasciateci dalla Vaughan tra cui vorrei ricordare un “Lover Man” del ’45 con Dizzy Gillespie, un “Black Coffee” del ‘49 e soprattutto un Lp del ’54 che personalmente considero un capolavoro: la Vaughan canta con Clifford Brown alla tromba, Herbie Mann al flauto, Paul Quinichette al sax tenore , Jimmy Jones al piano, Roy Haynes alla batteria e Joe Benjamin al basso, lp in cui figurano, tra l’altro, magistrali versioni di “September song”, “Lullaby of Birdland” e “April in Paris”. Vanno pure ricordati, seppure ad un livello inferiore, gli album da lei dedicati al Brasile e un Lp che a me piace molto, ora pubblicato in cd, dedicato alla musica dei Beatles”.

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