Auditorium Parco della Musica di Roma 16 aprile

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Rita Marcotulli

Rita Marcotulli

Due bis a furor di popolo e generale entusiasmo per la performance cui avevamo appena assistito: si è concluso così il bel concerto per piano solo di Rita Marcotulli all’Auditorium Parco della Musica.

Ho imparato ad apprezzare Rita sin da quando, poco più che bambina, cominciava a muovere i primi passi nell’ambiente jazzistico romano; in lei era già possibile riconoscere i caratteri della grande artista: determinazione, amore per la musica ed una immensa curiosità di conoscere, di apprendere, quella stessa curiosità che, da “grande” la porteranno a percorrere strade tra loro assai diverse. Così, dopo le collaborazioni con le stars internazionali come Chet Baker, Steve Grossman, Peter Erskine, Joe Henderson, Joe Lovano, Charlie Mariano, Tony Oxley, Michel Portal… e mi fermo qui ché l’elenco potrebbe essere molto più esteso, ecco la lunga permanenza in Svezia che introduce quell’elemento di dolce malinconia spesso presente nella sua musica; tornata in patria, le fruttuose collaborazioni con Maria Pia De Vito, quelle nel mondo della canzone, specie nelle formazioni di Pino Daniele, senza trascurare il cinema. Insomma un’artista completa che sa esprimersi compiutamente in ogni contesto.

In siffatto contesto era logico che Rita si dedicasse anche al piano-solo ed in effetti oramai le sue performances “solitarie” fanno parte del bagaglio più apprezzato della pianista che, anche sabato, ha dimostrato di trovarsi perfettamente a suo agio in questa situazione.

In elegante completo-pantalone nero, senza alcuno spartito, Rita si siede al pianoforte ed inanella due nuovi pezzi composti appositamente per un film. E già dall’inizio si capisce che Rita è in gran forma: tecnica sfavillante evidenziata da una diteggiatura veloce e pur leggera, eccellente utilizzo delle dinamiche, ricche armonizzazioni, lucida capacità improvvisativa e splendide linee melodiche a conferma della sempre fervida linea creativa. Le dita scorrono sulla tastiera a inseguire pensieri accennati raggiunti e immediatamente superati per correre verso altre mete, vero altri territori sempre al limite di un idioma che mai risulta canonico. Così il suono delle corde viene leggermente alterato, ma la coerenza del tutto rimane inalterata a conferma che la Marcotulli è sempre in totale controllo.

Il concerto si eleva immediatamente su binari di alta classe che verranno mantenuti per tutta la durata e così tra un omaggio a Domenico Modugno (“Che cosa sono le nuvole?” scritto con Pasolini e tratto dall’omonimo film del regista ) uno a Lucio Battisti (“Umanamente uomo: il sogno”) ed altri originals si arriva presto, troppo presto alla fine del concerto con i tasti del pianoforte che letteralmente cantano musica, sotto la sapiente regia di Rita, in una bellissima e personale interpretazione di “Over the rainbow”. Tanti, tantissimi gli applausi e come sottolineavamo in apertura, due richieste di bis gentilmente concessi dalla pianista romana.

Un’ultima notazione, concernente il pubblico. Sono stato al concerto con mio figlio di sette anni che è rimasto composto e tranquillo per tutto il tempo; viceversa due signori (si fa per dire), seduti dietro di me, non hanno fatto altro che dimenarsi manco fossero alti due metri e mezzo sottoponendo me e i miei malcapitati compagni di fila ad una serie di scossoni non proprio piacevoli. A questo punto che fare? Voltarsi e dir loro di stare tranquilli avrebbe potuto degenerare in un litigio; morale della favola: mi sono alzato e ho cambiato posto. Un sommesso ma sentito suggerimento: quando si è in preda a cotante inquietudini perché non starsene a casa, magari vedendo il “Grande Fratello”… ché tanto il livello di educazione è quello.

 

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