“Works and improvisations” CAMJ 7837 – 2

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1685 Enrico Pieranunzi

1685 Enrico Pieranunzi

E’ fatto di viaggi questo cd. Sono viaggi di un jazzista che ha amato e che conosce profondamente (non solo dal punto di vista tecnico) tre dei musicisti più grandi che l’ epoca barocca abbia conosciuto: chi ascolta 1685 ascolta Bach, Handel e Scarlatti interpretati con passione e devozione totale nelle parti originali, prima di tutto. Sono interpretazioni emozionanti, mai freddamente fedeli, piuttosto amorevolmente fedeli: e amorevolmente infedeli sono le parti improvvisate. “Amorevolmente”, perchè Pieranunzi è rapito dalla musica che affronta, e da quella si lascia attrarre, affascinare, incantare, certo, ma allo stesso tempo senza timori la plasma per farne materia che parli di se stesso. E anche in questo caso come in “Pieranunzi plays Scarlatti” assistiamo al miracoloso dialogo che può avvenire tra artisti a secoli di distanza.

Così il jazzista Pieranunzi decide tre percorsi possibili nel misurarsi con il repertorio barocco: cominciare improvvisando, da spunti tematici radi per poi arrivare all’ originale; partire dall’ originale per poi arrivare ad improvvisare; infine, interpretare senza improvvisare. Il risultato è a dir poco stupefacente: si, perché quando Pieranunzi parte da luoghi lontani, improvvisando su piccoli spunti tematici, o armonici, o ritmici, accade (come nella IMPRO K183 /e relativa sonata in Fa minore di Scarlatti) di ascoltare un avvicinamento sonoro a partire da una piccola cellula melodico ritmica scarlattiana, ma sofferto, come per una spasmodica ricerca della fonte di quel piccolo accenno, che riesce a placarsi solo arrivando ad un lungo trillo, attraverso cui finalmente Pieranunzi si appoggia sulla sonata, malinconica, melodica, mediterranea di Scarlatti, che si accende di dinamiche intense e di un’ interpretazione piena di pathos.

E così accade (con suoni differenti) anche nel caso di Bach e di Handel: cio’ che inizia come improvvisazione prende spunto da una parte tematica molto connotata e vorticosamente e creativamente parte alla ricerca della fonte di quel tema, in un affascinante percorso a ritroso, che dopo un viaggio quasi periglioso denso di dissonanze, sfocia nell’ appagante approdo in rive tonali note.

Cosa accade invece nel caso contrario? Accade che Pieranunzi si allontani dall’ originale portando con se ricordi e sensazioni che è come se lo facessero sentire a casa. E si può permettere dunque di tenere con se alcune reminiscenze che gli danno però la sicurezza di procedere oltre, a volte placidamente e persino solennemente (come nel caso delle Corali di Bach); a volte energicamente: carpendo di volta in volta il clima, l’ intenzione profonda di quella sonata o di quella danza, o magari la sua parte più gioiosa (nell’ allegro di Haendel , arriva in maniera naturale eppure inaspettata ad un blues in ¾ in stile “Oscar Peterson” davvero travolgente: l’ allegria tradotta in blues).

Nelle Bourre I & II BWV 807 dalle suite inglesi di Bach, che non hanno episodi improvvisati cristalline emergono le voci cotrappuntistiche, ma accese del pathos struggente bachiano di cui lo stesso Pieranunzi accenna nelle note dei copertina.

Il cd, forse non a caso, termina con la Sinfonia in Sol Minore BWV797: l’ originale è incorniciato da due episodi improvvisati: dunque un po’ è il sunto di tutto ciò che è accaduto prima. L’ Intro preparatoria è sospesa, onirica, la sinfonia originale dolce piccola infantile, apparentemente semplice,quasi una ninna nanna.. e l’ Impro che chiude il brano è quanto di più jazzistico e intenso si possa ascoltare, tanto che chi vi scrive ha avuto la sensazione di sentire sotteso il contrabbasso di Charlie Haden: un piccolo gioiello di lirismo Jazzistico, così diverso eppure così “intonato” alla Sinfonia di Bach.

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