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La mattina, appena sveglio – maledetta abitudine – per prima cosa do uno sguardo alla rassegna stampa che mi arriva sul telefonino. E così ho fatto anche stamane; ad un certo punto, ancora non del tutto sveglio, noto la foto di un bell’uomo, giovane. Tra me e me penso: ma questo lo conosco. A poco a poco i neuroni si mettono in moto e lo riconosco, è lui, è Franco e capisco immediatamente: Franco Fayenz se ne è andato in un luogo, per chi ci crede, sicuramente migliore di questa terra.

La notizia è di quelle che si fatica a digerire anche se l’età di Franco (92 anni) ci aveva messo tutti in preallarme. Ma, come al solito, una cosa è immaginare altra cosa è vivere una determinata realtà.

Cercherò in questo breve ricordo di non lasciarmi andare a quell’ondata di tristezza che mi ha avvolto questa mattina anche se lo confesso non è facile. Conoscevo Franco non so bene se da 40 o 50 anni. Il nostro era un bel rapporto sempre improntato al sorriso, allo scherzo, al comune amore per il jazz.

Quando ci incontravamo o ci sentivamo per telefono lui amava prendersi gioco di me, inventando giochi di parole sui miei nome e cognome, ma lo faceva in modo così amorevole, col sorriso sulle labbra che sembrava voler dire “non badare alle mie parole, ti voglio bene” che era impossibile arrabbiarsi.

 

Ovviamente c’erano anche momenti più seri, quelli in cui si parlava di musica ed era un piacere ascoltarlo anche perché lui ti raccontava eventi, episodi vissuti in prima persona. Eventi che lo hanno visto protagonista della scena jazzistica almeno per trent’anni di fila in cui Franco si è segnalato come un grande divulgatore grazie ai suoi articoli, ai suoi libri e alle sue apparizioni in TV. Non dimentichiamo che negli anni Settanta Fayenz, assieme a Franco Cerri, collabora a “Jazz in Italia”, un programma di Carlo Bonazzi declinato attraverso una serie di interviste ai jazzisti le cui performances in giro per i jazz club della Penisola venivano mandati in onda. La sua brillante carriera è stata costellata da molti riconoscimenti che riteniamo superfluo ricordare in questa sede. Basti solo considerare il fatto che la stima da parte dei musicisti mai è venuta meno nei suoi confronti anche quando, per lunghi anni, ha lavorato per un quotidiano che mai è stato in cima alle preferenze dell’ambiente jazzistico globalmente considerato.

L’ultima volta che ci siam visti è stato nel 2015 durante il Festival Udine Jazz e non è stato un bel vedere dal momento che si vedeva come Franco, purtroppo, accusasse il peso dell’età anche se l’arguzia e la voglia di scherzare erano quelle di sempre.

Adesso non scherza più… almeno su questa terra. Ciao Franco, vai ad ascoltare altre melodie!

 

Gerlando Gatto

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