Da Massi Boscarol, nostro inviato a Bergamo

Tempo di lettura stimato: 2 minuti

Dal nostro inviato speciale a Bergamo, Massi Boscarol

BERGAMO il trade union tra il Film Festival e quello Jazz è fissato per un interminabile pomeriggio di domenica diciannove marzo all’Auditorium di Piazza della Libertà: Les félins + L’inferno. Protagonisti assoluti Alain Delon, prima – Simone Graziano, dopo. 
Tutto rigorosamente b/n nonostante mezzo secolo e diverse generazioni di cineasti che li separano, i titoli di testa aprono con un classico catwalk di Lalo Schifrin su espressione non ancora completamente glaciale modello lama di Toledo del divo francese per eccellenza, del quale si nota come si stia già affinando nell’arte della proverbiale quanto invidiabile e perfetta inespressività. Jane Fonda, che a quel tempo nell’atto di emanciparsi dall’essere la figlia di Henry, lo guarda con innocenza attonita mentre faccia d’angelo (solo la faccia, sia chiaro) si corrompe costruendosi da sé medesimo o quasi una prigione che non è assolutamente fuori luogo definire infernale.
Dall’altra parte, ovvero qualche ora dopo e tanto per rimanere in tema, i cent’anni (centododici per la precisione) de L’inferno di Dante trasposto su pellicola dalla triade costituita da Francesco Bertolini, Giuseppe De Liguoro e Adolfo Padovan sono sottolineati, riespressi, amplificati dalla creatività vulcanica di Simone Graziano.
Mezzacoda scoperto, preparazione creativa sulle orme di John Cage e di altri grandi predecessori della sperimentazione pianistica, al parterre scorre circa un’ora accompagnata dal Sommo Poeta, Virgilio, il già citato Graziano appunto e un nugolo di dannati perennemente mezzi nudi che per l’epoca si sarebbero comunque guadagnati l’accesso ai gironi con le temperature più elevate, se non altro per la morale dei costumi
Pianismo lirico, a volte appena accennato, l’ottantotto tasti che saltuariamente funge da strumento percussivo di primitiva creazione, offre tuffi nelle profondità degli inferi alternati a impercettibili cenni di speranza: il conte Ugolino, Paolo & Francesca, Pier della Vigna, Lucifero a chiudere con effetti speciali primordiali che ora ci appaiono tanto improbabili ed ingenui quanto suggestivi. Già, quell’inferno religioso ed ancestrale fa quasi più paura dell’odierno, tecnologico. Quasi.
Si diceva, un punto di unione, uno scambio, un passaggio. Alain Delon, perché cinematografico e jazz. Cinematografico – icona assoluta adorata dal pubblico, in particolare da un certo pubblico, piuttosto disprezzata dalla critica, cosa che però non gli ha mai fatto perdere il sonno. E jazz – irriverente, sfrontato, impassibile e naturalmente bello. Qui, si diceva, con l’argento vivo del personaggio che interpreta cullato dalle note del compositore dei poi Callaghan, qualche anno più tardi assieme a Charles Bronson e quella loro straordinaria complicità con il sound funky e perentorio composée par François de Roubaix. E poi L’inferno, anch’esso cinematografico e jazz. Cinematografico – non serve neanche dirlo e jazz – nato come endecasillabo, piuttosto formale, rigido e rigoroso, nella versione della colonna sonora in differita di Graziano, apre con spunti di turbolenze armoniche esaltate dalla tecnica sopraffina dell’esecutore, piani e forti che nelle didascalie originali della pellicola Dante stesso faticherebbe a riconoscere ed improvvisazioni sempre piuttosto sulfuree e definitive, così come la tragica sorte di coloro che percorrono quei gironi a cono rovesciato.

Cala il sipario, non c’è speranza per nessuno. E quindi – questo fine settimana – uscimmo a riveder le stelle: Amaro Freitas, Paolo Fresu, Richard Galliano, Richard Bona, per citarne solo alcune. Le stelle del jazz!

Massi Boscarol

Articoli scelti per te:

Ti è piaciuto l'articolo? Lascia un commento!

Commenti

commenti

Shares