I NOSTRI CD. BUON ANNO Con la musica italiana

I NOSTRI CD

Stefano Battaglia – “In The Morning” – ECM 2429
inthemorningCe l’aveva annunciato nel podcast pubblicato a giugno del 2013, ed ecco quindi l’album dedicato alle musiche di Alec Wilder , compositore, afferma esplicitamente Battaglia, “che, così come Gershwin, teneva il piede in diverse scarpe – musica popolare, musica colta, canzone di Broadway, di Hollywood, le arts song come le aveva catalogato lui – ma per ragioni a me misteriose è un autore quasi del tutto ineseguito, ci sono solo un vecchio disco di Marian McPartland , un doppio degli anni ’60, un vecchio album di Frank Sinatra che fa tutte canzoni di Wilder”. Con “In The Mornong”, sesto album per la ECM, il pianista colma questa lacuna con una prestazione che non esiteremo a definire superlativa: assieme ai suoi abituali partners, Salvatore Maiore al contrabbasso e Roberto Dani alla batteria, Battaglia è registrato dal vivo nell’aprile del 2014 al Teatro Vittoria di Torino. Ed ecco un Battaglia che non ti aspetti, un artista completamente concentrato sull’aspetto melodico delle composizioni di Wilder. Di qui una serie di interpretazioni che scavano a fondo nelle pieghe dei sette brani presentati, cercando di estrarne tutto il potenziale melodico, armonico, ritmico sì da far rivivere, al meglio, le composizioni di Wilder. Ad un ascolto superficiale, disattento potrebbe apparire carente l’aspetto ritmico ed invece la carica ritmica è li, che viaggia quasi in sottofondo ma che caratterizza ogni singolo brano grazie alla squisita fattura del tappeto intessuto da Maiore e Dani . Dal canto suo Stefano Battaglia si conferma quel grande artista che abbiamo imparato a conoscere nel corso degli anni, un artista mai pago dei risultati raggiunti, che ama mettersi in gioco, differenziarsi pur restando sempre a livelli di assoluta eccellenza. E questo grazie ad una preparazione tecnica ineccepibile che gli consente una modalità di tocco straordinaria, ma soprattutto grazie ad una squisita sensibilità che l’accompagna in ogni impresa.

Francesco Bearzatti Tinissima 4ET – “This Machine Kills Fascists” – Cam Jazz 7893-2
ThisMachineKillsFascists-coverBearzatti non è certo nuovo a concepire e realizzare ‘album con dedica’, tendenza che altre volte non avevamo particolarmente apprezzato in quanto ci sfuggiva il nesso tra il titolo e la musica contenuta nell’album. Questa volta invece il nesso c’è e ben evidente. L’album è dedicato a Woody Guthrie personaggio di fondamentale importanza nella storia della musica statunitense: Woody fu infatti tra i primi a mettere in musica le angosce dell’America della Grande Depressione, le lotte sindacali, le speranze legate al New Deal segnando un punto di non ritorno: non è un caso che a lui si siano ispirati molti grandi artisti come, tanto per fare qualche nome, Bob Dylan, Joan Baez e Bruce Springsteen. Come si accennava, ad omaggiare cotanto artista è l’oramai ben noto Tinissima 4ET ovvero Bearzatti sassofono e clarinetto, Giovanni Falzone alla tromba, Danilo Gallo al basso elettrico e al contrabbasso e Zeno De Rossi alla batteria cui si aggiunge in “One for Sacco e Vanzetti” la voce di Petra Magoni. I brani sono tutti di Bearzatti eccezion fatta per il pezzo di chiusura , “This Land Is Your Land” scritto dallo stesso Guthrie. Intendiamoci, non si tratta di una pedissequa rilettura della musica di Guthrie, quanto di una intelligente e coraggiosa operazione tendente a ricreare quelle atmosfere attraverso cui si possa in qualche modo ritrovare lo spirito del grande cantautore e attivista politico. Tratti direttamente dalla vita artistica di Guthrie ci sono, quindi, soltanto il titolo del disco (ovvero la frase scritta sulla sua chitarra) e il già citato “This Land Is Your Land”. Di qui una sorta di viaggio imbastito da Bearzatti che partendo dal paese natale di Guthrie, Okemah in Oklahoma ci porta fino all’opera forse più emblematica dell’intellettuale Americano – “ This land is your land, this land is my land / From California to the New York Island/ From the Redwood Forest to the Gulf Stream waters / This land was made for you and me” frasi che illustrano al meglio le concezioni politiche e sociali dell’artista. La musica composta da Bearzatti si attaglia perfettamente alle tematiche che si volevano illustrare, con un andamento che , dopo un inizio pacato, diventa sempre più trascinante grazie ad un mix di jazz, blues , folk e rock che, ne siamo sicuri, coinvolgerà l’ascoltatore così come ha coinvolto il vostro recensore.

Maurizio Brunod, Garrison Fewell – “Unbroken Circuit” – Caligola 2199
Unbroken CircuitUn duo costituito da chitarristi, anche se in realtà multi-strumentisti, non è facile da incontrare per cui ben venga questo album che presenta due artisti di assoluto livello quali Maurizio Brunod (classe 1968) e l’americano Garrison Fewell, recentemente scomparso, ambedue non certo nuovi ad esperienze di duo. In particolare Garrison, vero e proprio punto di riferimento per tutti i chitarristi grazie alla sua attività didattica, ha formato un duo molto apprezzato con il pianista Alex Ulanowsky (ex direttore del dipartimento di Armonia del Berklee e autore dei libri di testo di armonia del Berklee), mentre Brunod si è già fatto apprezzare con Stefano Bollani, con Claudio Lodati, con Giovanni Palombo… per non parlare dell’album “Duets” in cui dialoga alternativamente con il bandoneon di Daniele di Bonaventura, il basso di Danilo Gallo, la marimba di Massimo Barbiero, i fiati di Achille Succi e il contrabbasso di Miroslav Vitous. In questo “Unbroken Circuit” i due sono impegnati su sette brani di cui due a firma di Fewell mentre gli altri cinque, per quanto attribuiti ad ambedue, sono in realtà improvvisazioni totali. Di qui un continuo cangiare di atmosfere, ora coinvolgenti, ora evocative, ora più aspre al limite del respingente con la prevalenza del rumorismo , in cui si avvertono echi di musiche altre, quelle stesse musiche che ovviamente costituiscono il portato di questi due artisti. Ed è proprio questo il pregio dell’album: i due si confrontano, cercano… e trovano un dialogo fitto, compiuto senza alcunché perdere della loro identità per cui l’italiano mantiene la sua “melodicità” se ci si passa il termine, mentre l’americano è sempre incline alle dissonanze, ad un fraseggio più lineare. Ultima notazione: l’album è corredato da un bel libretto con le foto di due grandi appassionati di jazz, Luca D’agostino (di cui vi abbiamo di recente segnalato il volume dedicato ai 25 anni di Udin&jazz) e Luciano Rossetti.

Francesco Cafiso – “3” – Alfredo LoFaro Produzioni
francesco-cafiso_3_copertina_allmusicitaliaSpettacolosa realizzazione discografica di Francesco Cafiso: un box contenente tre album , “Contemplation”, “La banda” “20 cents per note” . Il cofanetto è disponibile nelle due versioni “Box edition” (tre dischi e un flyer con i link per scaricare video, foto e registrazioni live dell’artista) e “Special edition” autografata (contenente, oltre ai tre album e al flyer, un’originale chiavetta USB con gli spartiti e le basi minus one di tutti i brani, un esclusivo booklet e un voucher “Ospiti d’onore” per un ingresso gratuito ad uno dei concerti 2015-2016). Prodotto da Alfredo Lo Faro per Made in Sicily (edito da Made in Sicily di Eleonora Abbruzzo, distribuito da Artist First), il progetto “3” ha visto Francesco Cafiso impegnato in studio in Italia, a Londra, New York e Los Angeles per ben tre anni, e ha coinvolto molti artisti tra cui 33 membri della prestigiosa London Symphony Orchestra, oltre ai siciliani Mauro Schiavone e Giuseppe Vasapolli (autore della sigla degli Mtv Awards 2013), che hanno affiancato il sassofonista negli arrangiamenti dei brani. Ovviamente, per ciò che ci interessa in questa sede, la bellezza editoriale del progetto poco o nulla significherebbe se non fosse accompagnata dalla valenza della musica che invece c’è, eccome! In effetti Cafiso, oltre che sassofonista oramai di levatura internazionale, si dimostra arrangiatore, orchestratore e compositore di vaglia dal momento che tutti i brani registrati sono frutto della sua fervida inventiva. E, come egli stesso afferma, ben illustrano i diversi aspetti della sua variegata personalità: “la mia spiritualità, il legame con la mia terra, l’indole jazzistica che non mi abbandona mai.” Il primo album,”Contemplation” si fa apprezzare innanzitutto per la qualità delle composizioni: nove brani organizzati in forma di suite con cui Cafiso ha inteso mettere in note il suo pensiero circa la “capacità di non vedere la morte come la fine di qualcosa, ma come l’inizio di qualcos’altro” per cui la musica ha un andamento descrittivo circolare in cui inizio e fine risultano speculari. Il tutto impreziosito dal raffinato impasto timbrico determinato sia dai 33 membri della London Symphony Orchestra sia dai partners di caratura internazionale scelti da Cafiso per affiancare se stesso e il pianista Mauro Schiavone, vale a dire Linda Oh al contrabbasso, Marcus Gilmore alla batteria e Alex Acuña alle percussioni.
Anche nel secondo CD , “La banda”, le composizioni si fanno apprezzare per la loro valenza, in questo caso evidenziata dalla riconoscibilità della linea melodica. E’ il tentativo, ben riuscito di collegare il jazz al sound bandistico e delle marching band, e attraverso di esso alla Sicilia terra in cui la tradizione bandistica è molto forte. E qui il legame con l’intento di Pino Minafra – di cui abbiamo parlato in questa stessa sede – di dare dignità e valore culturale alle bande appare fin troppo evidente nella consapevolezza che tutto il Sud ha qualcosa da dire nel contesto culturale del Paese.
Il terzo album, “20 cents per note”, per ammissione dello stesso Cafiso, è il più jazzistico dei tre; qui ascoltiamo un Cafiso maturo come forse mai in precedenza, un artista che perfettamente consapevole dei propri mezzi espressivi, non si lascia tentare dal virtuosismo ma accarezza ogni singola nota , ogni singolo passaggio.
Ma francamente se ci chiedeste quale dei tre album è migliore, non sapremmo cosa rispondere… se non che tutti e tre meritano la vostra attenzione.

Marco Castelli – “Porti di mare” – Caligola 2196
Porti di mareConoscevamo già bene Marco Castelli per la sua conduzione della BandOrkestra, formazione che ci ha sempre entusiasmato per l’originalità e la freschezza della proposta, valutazioni espresse chiaramente quando ci siam trovati a recensire album della band. Con questo nuovo CD Castelli conferma di essere musicista di vaglia, sassofonista, compositore e arrangiatore che nulla ha da invidiare a personaggi anche più noti. Ben coadiuvato da Alfonso Santimone (piano), Edu Hebling (contrabbasso), Mauro Beggio (batteria) e Andrea Ruggeri (percussioni e batteria), Marco Castelli ci conduce attraverso un viaggio in otto tappe che partendo da “Zanzibar” arriva fino ai “Vespri Siciliani” di Giuseppe Verdi. Otto brani di cui la metà dovuti alla sua penna , brani che nascono dalle impressioni stimolate dal frequente viaggiare in più di 40 Paesi tra Asia, Africa, Americhe e naturalmente Europa, il che , spiega lo stesso Castelli nelle note che accompagnano l’album, comporta una relazione con spazi e atmosfere diverse da quelle abituali. Di qui un repertorio eclettico che rispecchia appieno il titolo: alle atmosfere africane sono riconducibili i tre brani originali ed inediti, vale a dire “Dakar”, “Zanzibar” e “Xela”, mentre all’America Latina si rifanno la bellissima “Alfonsina y el Mar” dell’argentino Ariel Ramirez e, “El Ciego” del messicano Armando Manzanero; un riferimento al rock con “Jockey Full of Bourbon” di Tom Waits e poi l’omaggio ad un grande del jazz quale Jelly Roll Morton e quell’original “Scorribanda” che avevamo già avuto modo di apprezzare nell’ultimo album della BandOrkestra, per chiudere con l’accennata rivisitazione di “Mercè Dilette Amiche” tratta da “I Vespri Siciliani”. Difficile segnalare un brano in particolare anche se, personalmente, ci ha colpiti l’interpretazione di “Alfonsina y el Mar”.

Colombo- Erskine-Oleskiewicz – “Trio Grande” – Crocevia di suoni
Il jazz non conosce confini: è forse questo il contenuto principale di questo album registrato a Los Angeles il 25 e 26 settembre del 2104 e che a nostro avviso rappresenta l’opera migliore finora prodotta dal pianista milanese (classe 1961). Colombo, accompagnato nell’occasione da due stelle di primaria grandezza quali Peter Erskine alla batteria e il polacco Darek Oleskiewicz al contrabbasso, ci offre un saggio delle sue capacità sia compositive sia esecutive. Così l’album si snoda attraverso nove composizioni originali di Colombo (di cui alcune già pubblicate, altre inedite) in cui si avverte chiaramente la sapienza musicale del compositore che conosce assai bene la musica classica e in particolare l’arte del contrappunto, elemento caratterizzante molte parti dell’album. Così non a caso il CD si apre con “Anna Magdalena”, un brano dedicato alla moglie di Bach in cui Colombo coniuga la conoscenza bachiana con un linguaggio prettamente jazzistico… o forse sarebbe più opportuno dire con quel linguaggio così particolare che Colombo si è costruito negli anni e che è il frutto , il compendio , per usare le stesse parole del pianista, “ di tutto quello che hai ascoltato”. Quindi riferimenti, come già detto, alla musica colta… ma anche al flamenco, al bop (“Bah And Boh”), al funky, …e non mancano il ricorso ad un’improvvisazione prettamente jazzistica (“Trio Grande”) e due splendide ballad quali “Jane” in cui si può apprezzare e la maestria di Erskine alle spazzole e la capacità di Oleskiewicz di cesellare suadenti linee melodiche, e la conclusiva “Una ragione in più” caratterizzata da un dolce malinconico andamento. Se Colombo si conferma eccellente pianista, occorre sottolineare anche il ruolo dei suoi partners. Superlativo, come sempre, Peter Erskine il cui drumming contrappuntistico costituisce una delle punte di diamante dell’intero album: lo si ascolti con particolare attenzione in “La mia spalla sinistra”. Dal canto suo Darek Oleskiewicz evidenzia grande versatilità e musicalità sia nella parti in assolo sia nell’accompagnamento che sa fornire ai compagni.

Filippo Cosentino – “L’Astronauta” – ERL 1506
l'astronautaEcco l’ultimo lavoro di un chitarrista di cui non era difficile prevedere una prestigiosa carriera. In effetti dopo “Lanes” (2010) e “Human Being” (2013) questo terzo CD conferma appieno le ottime impressioni che avevamo avuto ascoltando i citati album. Cosentino si ripresenta alla testa di un quartetto di lusso con Antonio Zambrini al pianoforte, Jesper Bodilsen al contrabbasso e Andrea Marcelli alla batteria e certifica – se ci si consente il termine – di essere artista oramai maturo, perfettamente consapevole dei propri mezzi espressivi e soprattutto in grado di prefissarsi un risultato e di raggiungerlo. Così abbiamo ritrovato quella predilezione per linee melodiche lunghe e coinvolgenti che aveva caratterizzato le precedenti opere e soprattutto quell’ampiezza dell’universo sonoro cui il chitarrista fa esplicito riferimento e che resta una delle chiavi di volta del suo stile. In effetti, come dichiarato dallo stesso Cosentino, nello scrivere musica egli evoca colori, “gusti, odori, immagini che hanno fatto e fanno parte dei miei interessi culturali e così, avendo avuto la fortuna di frequentare i repertori di svariati generi musicali – jazz, pop, rock, blues- non devo per forza ragionare a compartimenti stagni”. Di qui una musica estremamente variegata che si snoda attraverso le invenzioni melodiche del chitarrista passando da composizioni con chiare influenze medio-orientali (“Mediterranean Clouds”) a ballads con suadenti melodie (“Inside the blue”, “L’astronauta”, e “Seven Days) nel solco della musica jazz europea, a pezzi come “Nessie” di cui lo stesso Cosentino esplicita l’influenza americana ma non mainstream, fino a composizioni con una certa impronta free (“More than times” e “Momento”), quest’ultima scritta da tutto il quartetto. Il tutto eseguito da un combo che si intende alla perfezione grazie anche alla maestria di Zambrini, Bodilsen e Marcelli che non scopriamo certo oggi come eccellenti jazzisti.

Rosario Di Rosa Trio – “Pop Corn Reflections” – NAU 2015
popcornreflectionsMusica non omogenea ma di sicuro interesse quella presentata dal trio del pianista Rosario Di Rosa con Paolo Dassi al contrabbasso e Riccardo Tosi alla batteria. Musica non omogenea, si diceva: in effetti l’album, attraverso nove brani originali, presenta un andamento altalenante che costituisce, paradossalmente, un pregio anziché un difetto in quanto evidenzia come il trio sappia ben adattarsi a diverse atmosfere. L’album inizia, dunque, con il gruppo che sembra assolutamente lontano da qualsivoglia riferimento melodico; i tre seguono altre piste, si interessano d’altro, si interessano di creare particolari effetti timbrici – grazie anche ad un uso parco e sapiente dell’elettronica – , di sviluppare il discorso partendo da micro-cellule soprattutto ritmiche, e di inserire il tutto in un contesto fortemente percussivo in cui anche il pianoforte viene utilizzato coerentemente all’obiettivo. Poi , dopo qualche brano, si scopre che il trio è anche capace di disegnare, seppure non in modo esplicito, belle linee melodiche che attraggono l’ascoltatore . Così si procede per qualche minuto…ma quando si ha la sensazione che l’atmosfera sia decisamente cambiata, ecco un’altra virata e il ritorno ad una musica più dura, spigolosa, ancora una volta fortemente percussiva: insomma un universo sonoro magistralmente disegnato dal pianista siciliano che dimostra di aver assimilato tanto bene
gli insegnamenti di Steve Reich e di Arnold Schönberg sì da ricreare un linguaggio del tutto personale ed affascinante. (altro…)

Il 12 gennaio a New York Marco Castelli sonorizza il film muto “L’Inferno di Dante” presso l’Istituto Italiano di Cultura‏

IL SASSOFONISTA VENEZIANO PORTA A NEW YORK IL SUO NUOVO PROGETTO IN ‘SOLO’, PRIMA ASSOLUTA DELLA
SONORIZZAZIONE DEL FILM MUTO “L’INFERNO DI DANTE” (1911)

Una proiezione con sonorizzazione-concerto del film muto “L’inferno di Dante”: questo il nuovo progetto che il sassofonista veneziano Marco Castelli presenterà a New York, in prima assoluta, presso l’Istituto Italiano di Cultura il 12 gennaio 2016.
L'”Inferno”, film muto del 1911 di Francesco Bertolini, Giuseppe de Liguoro e Adolfo Padovan prodotto da Milano Films, è il primo lungometraggio della storia cinematografica italiana. Adattamento della Prima Cantica della Divina Commedia, è stato a lungo reperibile solamente in copie danneggiate, mutile o censurate ma nel 2011, grazie a un lungo lavoro curato dalla Cineteca di Bologna, è stato restituito nella sua edizione princeps con la corretta successione delle inquadrature e nella pienezza della sua luce e dei suoi colori. Cent’anni dopo dunque, lo spettatore si può ritrovare nuovamente avvolto nella desolazione delle lande bucate da sepolcri aperti e da bagliori repentini, ma anche dalle attorniato fattezze bizzarre di creature mitologiche che vivono mostruose metamorfosi.

Marco Castelli, artista trasversale, da anni svolge la sua attività non solo nel mondo del jazz ma anche nell’ambito del teatro, della danza e della performance contemporanea; in questo lavoro si propone in ‘solo’ con la formula del ‘sax e live electronics’ per sonorizzare o ‘rimusicare’ questo capolavoro del cinema muto italiano e rendere al presente la sua modernità. Castelli ricuce infine il legame con gli Stati Uniti che è anche un’ulteriore caratteristica del film: proprio nell’anno d’uscita, infatti, ottenne un successo senza precedenti oltreoceano.

12 gennaio 2016
presso l’Istituto Italiano di Cultura di New York
“L’inferno di Dante”: rimusicazione sax + live electronics a cura di Marco Castelli

Video promo della performance: https://youtu.be/WjOJz4zmHaA
www.marcocastelli.org (altro…)

Esce “Porti di mare” del sassofonista Marco Castelli. Il 31 gennaio, in anteprima live Al Vapore di Marghera‏

È un nuovo composito e trascinante lavoro, quello che il sassofonista veneziano Marco Castelli firma ora per l’etichetta Caligola Records. “Porti di mare” (Caligola 2196) arriva dopo una quindicina di album a suo nome affiancati, negli anni, da molte importanti collaborazioni illustri (Lee Konitz, Marcus Stockhausen, Philip Catherine, tra gli altri), ma anche da decine di tour in tutto il mondo e partecipazioni a festival prestigiosi (dal Festival Cervantino, Messico, nel 1997, al Singapore Art Festival nel 2007, dal Montreal Jazz Festival, Canada, nel 2001, all’International Festival Bangkok, Tailandia, 2013, dal Dakar Festival, Senegal, 2011, al Copenhagen Jazz Festival nel 2008). Oltre a Castelli al sax tenore e soprano, l’album vede la partecipazione di Alfonso Santimone al piano, Edu Hebling al contrabbasso, Mauro Beggio alla batteria e Andrea Ruggeri alla batteria e percussioni.

Questo cd sembra trovare proprio la quadratura del cerchio, poiché mette le pregresse e molteplici esperienze musicali di Castelli, al servizio di un linguaggio lucido e personale, ben congegnato.

Sono, in particolare, l’Africa e l’America Latina ad aver lasciato un segno profondo nella poetica espressiva di un musicista eclettico quale è Castelli (già compositore, produttore, fondatore dell’etichetta Anelli Records); a tal proposito, il cd raccoglie tre brani originali e inediti dal titolo “Dakar”, “Zanzibar” e “Xela”, ma anche “Alfonsina y el Mar” dell’argentino Ariel Ramirez e, infine, “El Ciego” del messicano Armando Manzanero.
Non mancano i riferimenti jazzistici e rock, da Jelly Roll Morton a Tom Waits passando per “Scorribanda” (originale dall’ultimo disco della BandOrkestra) ma anche un omaggio all’opera, con l’aria “Mercè Dilette Amiche” tratta da “I Vespri Siciliani”.

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PIAZZOLLA IN PRIMO PIANO

Chi segue questa news letter sa benissimo come Astor Piazzolla sia uno dei miei artisti preferiti sotto ogni punto di vista: compositivo, esecutivo, dell’arrangiamento, della timbrica .. e così via. In questi giorni sono usciti due CD dedicati alla musica del compositore argentino che vale la pena segnalare con il giusto risalto.

Piazzolla, Monteverdi - “Una strana utopia”Piazzolla, Monteverdi – “Una strana utopia” (Ambronay 034) propone un tanto inconsueto quanto affascinante matrimonio tra Monteverdi e Piazzolla ovvero tra il madrigale dell’inizio del XVII secolo e il tango della fine del XX secolo. L’idea di una simile impresa è frutto della collaborazione tra il pianista, tastierista e direttore artistico Leonardo Garcia Alarcòn, il chitarrista Quito Gato e il bandoneonista William Sabatier, ovvero tre musicisti argentini che pur partendo da esperienze e studi diversi hanno poi finito con il ritrovare, in Europa, un comune terreno d’ispirazione nel tango. Di qui un programma straordinario che sotto l’abile direzione di Leonardo Garcia Alarcòn presenta un’alternanza di brani ora di Piazzolla ora di Monteverdi due musicisti che hanno in comune una straordinaria energia e il fatto di aver profondamente rinnovato il linguaggio del loro tempo. E queste affinità appaiono tanto evidenti nell’interpretazione di questi tre grandiosi musicisti e della “Cappella Mediterranea” che più va avanti il disco e meno ti rendi conto se la musica che stai ascoltando sia dell’uno o dell’altro compositore. L’esecuzione è semplicemente perfetta nel dialogo fra strumenti antichi e strumenti d’oggi: il tango viene declinato sulle note della tiorba (un grosso liuto francese) o del cornetto mentre la musica di Monteverdi viene rivisitata dal bandoneon. Il tutto impreziosito dalle splendide voci del soprano Mariana Flores e del baritono Diego Valentin Flores che amano passare, sempre con pertinenza, da un universo all’altro.

Piazzolla! Orchestre National de JazzTutt’altro che sperimentale, ma non per questo meno interessante, il secondo CD dedicato al compositore argentino “Piazzolla! Orchestre National de Jazz” (Jazz Village 570007). Questa volta, come si evince dallo steso titolo, siamo nel rodatissimo campo del connubio tra Piazzolla e Jazz, connubio che ha visto forse la sua migliore espressione nel celebre disco di Piazzolla e Mulligan, “Summit”. Ciò detto, questa interpretazione della band francese, diretta nell’occasione da Daniel Yvinec, con gli arrangiamenti di quel grande che risponde al nome di Gil Goldstein, è degna della massima considerazione. Il repertorio scelto è quanto di meglio ci si possa aspettare : da “Balada para un loco” a “Libertango”, da “Oblivion” a “Adiòs nonino” è tutto un susseguirsi di immortali melodie di Piazzolla cui vengono affiancati brani di Gardel come “El dia que me quieras”, di Francisco De Caro come “Flores negras”, di Juan Carlos Coblan (“Mi refugio”) di Mitzger e Daniel (“Pantaléon improvisaciòn”) pezzi restituiti tutti all’originario splendore da una formidabile orchestra jazz. Come si accennava, magistrali gli arrangiamenti di Goldstein che per aggiungere un pizzico di veridicità al suo lavoro fa introdurre l’intero album alla splendida voce di Carlos Gardel che interpreta “El dia que me quieras”, mentre a metà CD possiamo ascoltare un altro inserto d’epoca con Roberto Di Filippo che esegue “Flores negrs”. Più in generale, Goldstein mostra di tenere nella dovuta considerazione sia le melodie delle composizioni “piazzolliane”, sia la forte carica ritmica delle stesse, il tutto senza avvalersi dell’apporto del bandoneon, strumento principe del tango argentino. Ed è proprio con riferimento a quest’ultimo elemento che gli arrangiamenti appaiono particolarmente geniali: il ruolo del bandoneon viene ripartito tra tutti i membri dell’orchestra e nel sound complessivo, finale non si avverte la mancanza dello strumento. Il pathos delle composizioni di Piazzolla viene compiutamente restituito all’ascoltatore che ha così una diversa occasione di gustare la musica del compositore argentino. (GG)