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Guardando, fra le recenti novità discografiche, agli album dei fratelli Tonolo (“Our Family Affair”, Caligola), di Adalberto e Andrea Ferrari, con Trovesi, (“NRG Bridges, Intertwined Roots”, Parco della Musica) e di Jasmine e Giovanni Tommaso (“As Time Goes By”, PDM) è sorta spontanea la domanda di quanto nel jazz possa incidere la relazione affettiva e l’appartenenza familiare dei musicisti.

In generale, secondo William McDougall, la mentalità di gruppo, a partire dal nucleo base della famiglia, dà qualcosa in più rispetto alla risultante della somma degli individui. La qual cosa, se riferita al mondo del jazz, trova riscontro in communities e/o organizzazioni associate (la A.A.C.M. a Chicago, la J.C.O.A. di Mantler e della Bley, la Instant Composers Pool di Breuker e soci etc.) dove aggregazione e condivisione sono elementi fondanti.
Ma il grado di coesione che trasmette il legame fraterno o filiale, l’influenza reciproca, l’empatia parentelare, la stessa frequentazione domestica in un ambiente familiare musicalmente orientato e dotato, possono forse ancor meglio dar luogo a quel qualcosa in più di cui alla menzionata tesi psicosociale.
La storia del jazz ridonda dei nomi dei Mills Brothers, The Dorsey Brothers, The Hampton Sisters, The Boswell Sisters, gruppi acclamati e chissà se “sorellanza” e “fratellanza” non abbiano aggiunto un richiamo spettacolistico o quantomeno di curiosità alla “family band”.
Da precisare, intanto, che brilla per affinità elettiva e creatività, fra gli autori, la stella perenne dei fratelli George e Ira Gershwin.
Fra le “famiglie jazz” spiccano i fratelli Joe e Marty Marsala, gli Heath (Jimmy, Percy e Albert), i Jones (Thad, Hank ed Elvin), i “Jazz Brothers” Chuck e Gap Mangione, i LaBarbera (Joe, Path e John), i McLean, i Brecker Brothers al secolo Michael e Randy, la Dinastia Marsalis (Winton, Brandford, DelFeayo, Jason…) il cui patriarca Ellis è scomparso nel 2020, per non parlare di ascendenze tipo Natalie Cole figlia di Nat, Denardo Coleman, figlio di Ornette, Joshua Redman il cui padre era Dewey, Eric Mingus (genitore, ovviamente, Charles), Neneh Cherry, figlia adottiva del trombettista Don, in area hip hop, come dire che non sempre vale il detto “qualis pater talis filius”.
L’influsso paterno del contrabbassista-compositore Bill Lee ha influenzato il regista Spike mentre, sempre a livello trasversale, la passione per il jazz di Clint Eastwood si è riverberata nel figlio, il contrabbassista Kyle. Per contro Kailand Morris, figlio ventenne di Stevie Wonder, pur essendo musicista, ha sfondato come influencer e designer nel campo della moda prevalendo in lui, evidentemente, l’imprinting di Kai Milla, la madre stilista.
Musicisti sono Philippe e Louis Petrucciani, fratelli di Michel, il cui papà, Antoine, era un chitarrista jazz, francesi come Katia Labèque sorella di Marielle anch’essa pianista di base classica. Mago della sei corde, per la cronaca, è Stochelo (dei fratelli) Rosenberg, rappresentante del jazz manouche.
Se si guarda alle coppie celebri si incrociano i dna artistici di John e Alice Coltrane, Lester Bowie e Fontella Bass (sorella di David Peaston), Paul e Carla Bley,
In Italia, alla radice dell’albero genealogico, si ritrova il sincopato canterino del Trio Lescano e, ben più avanti, il jazz moderno di maestri come Dino e Franco Piana, a seguire i Minafra (il bandleader e trombettista Pino, la moglie Margherita Porfido clavicembalista e il figlio Livio, pianista), i jazzisti siciliani dell’Amato Jazz Trio, i Deidda, gli Iodice, i Bollani (per l’esattezza Manuela sorella di Stefano padre di Frida la cui genitrice è Petra Magoni), Danilo e Oona Rea…
Il gioco potrebbe continuare a lungo, saltellando di biografia in biografia, da una famiglia più o meno “allargata” ad una diadica, magari di fatto, alla ricerca di addentellati validi a documentare come il guscio familiare possa incidere nel definire un’identità musicale, nello specifico jazzistica.
L’interazione, il sostegno, il comune linguaggio, la solidarietà, la comprensione sono importanti elementi di coagulo anche nella formazione dei singoli che si confrontano con i parenti più o meno stretti. Nel jazz comunque rimarrà il Talento, per i figli d’arte e non solo, l’ingrediente primario per un musicista che si rispetti, assieme ad abilità e preparazione. Se poi questi tiene famiglia, in senso artistico, tanto meglio!

Amedeo Furfaro

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