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Alba Jazz 2012 (foto Franco Truscello)

Alba Jazz 2012 (foto Franco Truscello)

Alba Jazz, vale la pena sottolinearlo, è un festival Jazz che parte dalla volontà degli appassionati dell’ Associazione Alba Jazz, primo fra tutti l’ organizzatore Fabio Barbero.
I Festival organizzati per passione sono festival “artigianali”, nel senso migliore della parola, in un periodo in cui le grandi “multinazionali” hanno mezzi ed organizzazioni stellari che permettono di farla da padroni (citiamo su tutti ad esempio Torino Jazz, con il suo milione di euro di badget). Non che i grandi Festival siano da evitare: tutto serve alla musica. Ma questi Festival organizzati in piccole cittadine hanno un calore particolare. Qui ad Alba ad esempio Barbero si è ascoltato molti cd – privilegiando il jazz italiano – alcuni lo hanno appassionato, li ha sottoposti all’ attenzione dei membri dell’ associazione, e così è nato un festival fortemente voluto e organizzato con determinazione, buona volontà, cercando sponsor , facendo in proprio tutti i passaggi necessari per arrivare ad avere uno spettacolo per sera, interagendo con musicisti, uffici stampa, facendo “in casa” tutte le (tantissime) cose che occorrono per organizzare un Festival.
Ad Alba Jazz è così che fanno oramai da sette anni ed il risultato è un Festival Jazz in cui suonano grandi musicisti ma non i soliti nomi onnipresenti, in bellissime piazze ma a misura d’ uomo, ed in cui tutta la cittadinanza in fondo è coinvolta nelle fasi organizzative e al momento degli spettacoli veri e propri.
Daniela Floris ha seguito per noi tutto il Festival: ecco i suoi articoli sui quattro concerti previsti.

Luca Mannutza (foto Franco Truscello)

Luca Mannutza (foto Franco Truscello)

Giovedì 7 giugno, Piazza Savona, ore 21
Il Jazz di Luca Mannutza
complesso da comporre, bello da ascoltare

Alba Jazz ha aperto il festival con il quintetto “Sound Advice” del pianista Luca Mannutza, che ha portato sul palco un jazz molto curato negli arrangiamenti e molto gradevole e trascinante all’ ascolto (applauditissimo questo quintetto, fin dai primi momenti): ma di certo non semplice, per le ingegnose trovate ritmiche con le quali sono stati caratterizzati gli arrangiamenti dei brani, quasi tutti originali.
Questa complessa varietà dal punto di vista ritmico è stata ottenuta con alternanza regolare tra tempi asimmetrici e tempi pari, o brani costruiti in 5/4 ma connotati da fraseggi così morbidi e melodici da smussarne le asperità. Oppure alternando per l’ intera durata del brano tempo iniziale e tempo raddoppiato, o ancora attraverso fraseggi con accenti spostati che hanno fatto percepire come dispari i tempi pari, frasi ripetute a loop che confondono le acque dello scandire regolare delle battute (il 6/8 in Night Talks, ad esempio – ma sarà stato un 6/8?) Tutto questo spostarsi di accenti (ottenuti nella fase compositiva prima ancora che durante l’ esecuzione in concerto) ha provocato una positiva tensione in pezzi incentrati su arrangiamenti molto jazzistici, senza alcun accenno di contaminazione di altri generi musicali. Jazz complesso ma di buon gusto, voicing azzeccati nelle parti obbligate dei fiati, e concerto caratterizzato anche da molti episodi solistici che hanno mostrato le caratteristiche di ognuno dei componenti del quintetto. Francesco Lento, giovanissimo trombettista è apparso molto più che promettente: un timbro secco, pochi fronzoli, un’ improvvisazione apparsa ricca di idee nuove, un modo di suonare personalissimo. Di Leonardo naturalmente ha avuto una parte importante (e molto riuscita) nell’ evidenziare “sul campo” con il suo drumming molto creativo ciò che Mannutza aveva precedentemente scritto sulle parti. Ionata, mai eccessivo nei pezzi più frenetici e molto intenso nelle ballads , ha mostrato anche una estemporanea capacità di sintesi ascoltando sempre cosa gli accadesse attorno. Bulgarelli ha dato un impulso continuo mantenendo strenuamente l’ andamento armonico ritmico di base che occorreva per assecondare tutta la varietà ritmica su cui erano impiantati i brani e si è mostrato ancora una volta valido solista (bello il solo di “Mami”, ne citiamo uno per tutti ma non è stato l’ unico). Mannutza il pianoforte lo suona benissimo, ne conosce tutte le potenzialità, sa essere introspettivo ma può anche avere il tocco percussivo che serve per caratterizzare ritmicamente episodi diversissimi tra loro, e come descritto sa scrivere musica difficile ma che si traduce in suoni semplicemente densi di tensione ritmica e gradevolissimi all’ ascolto…. E infatti piazza Savona – tanta, davvero tanta la gente arrivata per ascoltare “Sound Advice” – ha tributato molti applausi che hanno aperto in bellezza questa edizione di Alba Jazz 2012 .

Lorenzo Tucci (foto Franco Truscello)

Lorenzo Tucci (foto Franco Truscello)

Venerdì 8 giugno, Piazza Savona, ore 21
Lorenzo Tucci Trio: la difficile arte
di comunicare con il Jazz

Tranety è un progetto ambizioso, perché Coltrane è stato un gigante del Jazz, e dedicargli un tributo non è cosa semplice: si rischia di perdere la propria identità artistica se si decide di replicarne le caratteristiche, certamente non replicabili.
Per fare un omaggio a Trane bisogna avere una propria netta personalità, di cui Lorenzo Tucci è certamente fornito: dunque il suo “Tranety” è tutt’altro che un omaggio didascalico finalizzato al rievocare la grandezza di quel sax tenore. E’ piuttosto la dimostrazione di come un musicista – Tucci è musicista, non solo batterista – possa, metabolizzare un tesoro di spunti, di genialità, di poetica qual è stata la musica di Trane per dare origine a nuova musica, personalissima, interessante, nuova pur essendo così legata a un artista del passato.
Se poi tutto questo riesce a essere coinvolgente a tal punto da entusiasmare il pubblico in piazza e non solo pochi sparuti critici musicali, allora vuol dire che è salva una delle caratteristiche fondamentali del Jazz: la sua potenziale forza comunicativa ed espressiva, pur evitando “facilonerie” e virtuosismi inutili. Solo per dovere di cronaca è da segnalare che “Tranety” è un progetto in Trio che non prevede il sassofono: operazione coraggiosa che svela la volontà di andare al nocciolo della musica di Trane, non tanto alle sue modalità esecutive. Tranety è Coltrane vissuto da Tucci. Roberto Tarenzi al pianoforte presenta i temi con belle intro (come Moment’s Notice, o Cousin’ Mary), Luca Bulgarelli al contrabbasso ne evidenzia benissimo la forza armonica e ritmica, ma non pensiate che Tucci tenga per se (dal punto di vista musicale) solo la parte del bravo batterista: la sua impareggiabile tecnica, il suo drumming particolarissimo sono essi stessi musica, ritmo e armonia. La batteria “canta” e vive Coltrane in mille modi, perché con bacchette, pelli, metallo e spazzole Tucci ne rilegge in chiave personale il modo vibrante di fare musica, e ciò che trapela è la profonda impressione che Trane ha esercitato su Tucci ispirandone nuova musica.
Tanto è vero che i due brani originali, “Hope” e “Solstice” non stridono con tutti gli altri a firma Coltrane: di certo non perché siano scritti ed eseguiti “in stile coltraniano”, ma perché sono nuovi come nuovo è il “Moment’ s Notice” di Tranety.
Energia, swing da vendere, entusiasmo, assoli jazzistici all’ennesima potenza, il pianoforte di Tarenzi molto convincente nel suo modo aspro eppure lineare di introdurre e sviluppare brani, Bulgarelli in alcuni punti addirittura emozionante (ad esempio presentando il tema della bellissima “Hope”), Tucci di una bravura estrema sia nei momenti “tribal” che in quelli più introspettivi e poetici, sempre finalizzati alla musica: questo ha fatto si che il Jazz, quello autentico, fatto d’istinto ma anche di dinamiche complesse abbia contagiato il pubblico in piazza – compresi i bambini. Il trio di Lorenzo Tucci ha quadrato il cerchio, qualità eccelsa e grande comunicativa: il che non è poco… anzi, è tutto.

Mattia Cigalini (foto Franco Truscello)

Mattia Cigalini (foto Franco Truscello)

Sabato 9 giugno, Mercato coperto ore 21
Mattia Cigalini with Devil Quartet
Due generazioni, il talento, il Jazz

Ad Alba mercoledì 6 giugno gli organizzatori hanno vissuto momenti di panico: Paolo Fresu, purtroppo indisposto per i postumi di una brutta infezione polmonare contratta in Indonesia, aveva appena dato forfait. Mai perdersi d’animo. Il pensiero è andato ad un giovanissimo sassofonista che con questi musicisti (in progetti diversi) aveva già collaborato: Mattia Cigalini. Il trio di Fresu è salito sul palco con un ragazzo che ha talento e musicalità da vendere, e ciò che è avvenuto è stato veramente bellissimo, coinvolgente e divertente. Ferra, Dalla Porta e Bagnoli sono affiatati, complementari, il che è aspetto fondante per musica che ha come importante caratteristica quella di affrontare stili diversissimi tra loro: trovano nel feeling il fattore che permette di trasformare quegli episodi in un viaggio, o in insieme concatenato d’immagini sonore che abbiano tra loro un filo logico trainante.
Questo legame forte tra i componenti del Devil quartet si traduce in un’energia ricca di pathos, in cui Cigalini non appare mai estraneo: lascia da parte ogni volontà di stupire con milioni di note e cuce frasi spezzate ed incisive, poche ma assolutamente complementari a ciò che avviene sul palco dietro di lui. Il tema di Moment’s Notice esposto con il sax insieme alla chitarra e il duetto poco dopo con il contrabbasso di Dalla Porta mostrano che Cigalini ascolta molto bene le suggestioni che nascono mentre si suona. Inizialmente parco di note, poi più allegramente energico, non solo lascia spazio, ma si gode i soli di chitarra di Ferra e di contrabbasso, creando momenti di contrasto timbrico veramente suggestivi. Ha una grande propensione per il Sax Soprano: in “Giovedì”, composizione di Bebo Ferra, si svelano un suono e un timbro di grande bellezza. Dinamiche raffinate, un fraseggiare quasi malinconico, in una parola un modo di suonare espressivo e allo stesso momento impeccabile. Gli arpeggi finali, suonati completamente da solo, svelano anche un mondo sonoro legato alla musica classica.
I brani portati in questo progetto sono anch’essi fondamentali ai fini del successo di questo bell’ensamble di musicisti: Paolino Dalla Porta scrive benissimo, due o tre i suoi pezzi, che risultano di volta in volta ipnotici, o creativamente densi di suggestioni, come Mimì, dalla colonna sonora del film “Domenica”. Anche nei momenti apparentemente meno strutturati, emerge sempre una istintiva cura del particolare per creare una determinata atmosfera – nel caso di “Mimì”, surreale e sospesa. E questo si ottiene con il sapiente uso delle spazzole (non a caso Bagnoli è soprannominato “Brushman”), o con efficaci ostinati di contrabbasso, o con distorsioni – mai eccessive – della chitarra di Ferra, o con la trasposizione di un tema melodico minore del sax. Dalla Porta riesce nei suoi soli a volare per infinite note ma tocca talmente spesso la tonica, la terza e la quinta, ossia le note fondamentali dell’accordo di base, che il suo volare rimane anche saldamente ancorato a un essere melodicamente cantabile e mediterraneo, se quello occorre.
Cigalini sa stare sul palco, parla benissimo, è visibilmente felice di essere lì, nel giorno del suo compleanno, e più volte ripete la sua ammirazione per Fresu e per i musicisti con cui sta suonando. “E’ il più bel compleanno della mia vita” dice.
Il Bis in stile gospel, di Bebo Ferra, incentrato sulla semplice e tipica successione di accordi (I – III – IV – V) manda in visibilio il pubblico, e ci sta benissimo, è gioioso e adatto all’occasione. La musica in alcuni casi vive del fascino di essere semplice, quando a suonarla sono musicisti come Mattia Cigalini con i Devil Quartet.
Ed è bello vedere che ci sono giovanissimi talenti che faranno strada e che si alleano con musicisti di grande esperienza: si alleano, con gioia e senza competizione. E viceversa. Dunque a volte capita anche che la musica mostri i lati belli della vita.

Quentin Collins Brandon Allen 4et ft. Hamish Stuart (foto Franco Truscello)

Quentin Collins Brandon Allen 4et ft. Hamish Stuart (foto Franco Truscello)

Domenica 10 giugno, Piazza Pertinace
Quentin Collins Brandon Allen 4et ft. Hamish Stuart
Quando la musica diventa spettacolo

Il finale di Alba Jazz si è svolto appropriatamente con un pop/funky jazz divertente, confezionato ad arte e allegramente trascinante, il che è di certo la cosa più bella per un festival che ha presentato concerti molto diversi tra loro ma tutti con la caratteristica della grande comunicazione emotiva tra artisti e le numerose persone presenti nelle piazze. Livello altissimo in tutte le serate, compresa appunto questa che ha fatto ballare e battere le mani ad un pubblico a dir poco elettrizzato. Questo perché il quartetto in questione è rodatissimo e ha fatto decine di concerti in Europa portando musica centrata su swing, funky, pop rivisitato in stile jazzistico con arrangiamenti irreprensibili dal punto di vista compositivo, specialmente nelle parti dei fiati. Collins e Allen sono sincronizzati, precisi, non sbagliano un accento, né una dinamica, come nelle Big Band della migliore tradizione Jazz. Ross Stanley l’Hammond lo suona benissimo e dà un ricchissimo contributo con soli veramente belli ascrivibili ad atmosfere diverse ma tutte di grande suggestione. Zirilli dà un rilevante tocco jazzistico a uno spettacolo che esplora vari stili (blues, soul, funky, rock, pop). E poi non è cosa di tutti i giorni poter ascoltare un songwriter e chitarrista quasi mitico, cantare e suonare la chitarra sapendo che ha collaborato oltretutto con Chaka Khan, Aretha Franklin, Paul Mc Cartney, persino con i Rolling Stones: Hamish Stuart è un artista che il palco sa benissimo come tenerlo, canta divinamente, suona, si diverte, presenta sue composizioni degli anni 70 (lui è il fondatore dell’Average Band) e fa stupire per quanto quei pezzi siano tutt’ altro che “vintage”. Canta in maniera quasi commovente “If it’s magic” di Stevie Wonder ma anche un intensissimo “Stormy Monday”, celeberrimo blues, durante il bis.
I pezzi funky fanno venire voglia di ballare, lui sprizza eleganza e savoir fair da tutti i pori ma anche rock da tutti i pori, e quindi? E quindi è stato un concerto divertentissimo, un mix irresistibile di stili con musicisti preparati e abituati a fare spettacolo. Meglio di così Alba Jazz non poteva concludersi, in una delle piazze più belle della città, con un cielo sereno e stellato a dispetto delle nuvole che solo due ore prima erano gonfie di minacciosissima pioggia, tra balli e battiti di mani. Il jazz e la musica possono essere anche spettacolo!

Alba Jazz si conclude dunque in un clima allegro e festoso: il maltempo ha avuto la peggio sulla generale incertezza meteorologica: non ha mai piovuto e i concerti erano sempre all’ aperto. Le piazze hanno ospitato i concerti, le vie altra musica, con quartetti accanto alle vinerie, con la divertente marchin’ band “Fantomatik Orchestra” che ha suonato per tutta alba con un codazzo di gente entusiasta ad assistere a musica e coreografie, e che ha persino guidato il pubblico del concerto di sabato dalla location prevista in piazza Pertinace al Mercato Coperto (peraltro bellissimo) nella sera che sembrava davvero troppo a rischio per osare di suonare fuori.

I festival organizzati da appassionati e non da gente del mestiere hanno un valore aggiunto: la passione. Gli organizzatori, come Fabio Barbero, durante l’ anno ascoltano novità , le scelgono, fortemente le vogliono, le sottopongono agli altri appassionati delle associazioni (in questo caso l’ Associazione Alba Jazz) e poi partono per un viaggio irto di ostacoli per avere quegli artisti in piazza. Gli ostacoli sono mille… burocrazia, uffici stampa, date impossibili, forfait all’ ultimo momento, sponsor da cercare e trovare, permessi, costi a volte proibitivi. Ma sembra che davanti alla passione nessun ostacolo sia impossibile da superare. Si arriva alla fine stremati ma felicissimi, e il festival per chi vi assiste – anche per addetti ai lavori – ha quel quid in più che permette di godere di quella passione. Auguri dunque ad Alba Jazz (l’ Associazione sta già organizzando i prossimi eventi) e a tutti gli appassionati, veri, di musica: il jazz ha bisogno di voi!

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  1. ALBA JAZZ 2012
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  3. Lorenzo Tucci Trio: la difficile arte di comunicare con il Jazz
  4. Mattia Cigalini with Devil Quartet Due generazioni, il talento, il Jazz
  5. Quentin Collins Brandon Allen 4et ft. Hamish Stuart Quando la musica diventa spettacolo
  6. Conclusione
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