Claudio Farinone plays Ralph Towner Traduzione, interpretazione, passione

Claudio Farinone plays Ralph Towner

Improvvisatore esperto in jazz ma anche compositore di musiche chitarristiche,Ralph Towner è una delle figure più significative del panorama musicale odierno. La sua musica immaginifica, armonicamente magica, travalica ogni confine: non è jazz, non è musica classica. Dove è improvvisazione sembra scritta, dove è scritta porta in sé la “cadenza” dell’improvvisazione, quella connotazione magica e impermanente che conserva intatta la freschezza del fiore appena colto, il suo profumo.

Verso la fine degli anni ‘90 il regista Gus Van Sant effettuò un interessante esperimento: girare il remake di “Psycho” di Alfred Hitchcock lasciando sostanzialmente intatte le inquadrature e le angolazioni di ripresa, solo qua e là attualizzandole e arricchendole di qualche scena onirica, in con-travvenzione al monito di Pasolini circa l’impossibilità del cinema di copiare se stesso.
Di copia – carbone si trattò? Non proprio, piuttosto un ritratto. Gli archetipi risultarono immutati ma il contenuto psicologico rivissuto e attualizzato. Il punto di vista del regista moderno che si annulla nella personalità del regista originario, simile a tempera che si scioglie nell’acqua.
Analogo intendimento deve aver mosso Claudio Farinone, che è chitarrista e intellettuale raffinato, nella realizzazione di “Claudio Farinone plays Ralph Towner” (Abeat) dedicato alle musiche dell’artista (1940) nativo di Chehalis, Washington.
Operazione difficile e coraggiosa, diciamolo. Da un lato perché, su Towner, può gravare in ambito classico l’ingiusta tara, di adorniana ascendenza, di essere jazzista (condizione che non esaurisce la sua personalità, come si diceva).
Jazzista, appunto, quindi ‘ipso facto’ latore (ma quando mai?) di musica ‘inferiore’.
Dall’altro, perché questi splendidi brani risultano già reperibili in ottime edizioni discografiche agite dall’autore. (altro…)