Il jazz italiano si confronta con l’estero

a proposito di jazz - i nostri cd

Paolo Fresu & Uri Caine – “Two Minuettos (Live in Milano)” Tŭk Music 016
Oggi si parla di musica “apolide”, se il termine è consentito. Per sua natura, per i luoghi ed i modi in cui si pratica, il jazz si è sempre ben sposato a questo aggettivo ed il trombettista Paolo Fresu come il pianista Uri Caine apolidi lo sono nel senso migliore del termine. Pur profondamente radicati nelle rispettive culture d’origine, Fresu e Caine hanno un’apertura d’orizzonti sonori ed una vastità di collaborazioni e progetti che li rende creativamente “figli del mondo”. Nell’album “Two Minuettos (Live in Milano)” (Tŭk Music; fascinosa copertina di Davide Abbati) se ne ha un’ulteriore conferma grazie ad uno “spaccato” del loro repertorio e dei territori sonori che amano percorrere insieme. Su dieci brani in scaletta la metà provengono da autori classici, tra J.S.Bach, Gustav Mahler e la compositrice barocca Barbara Strozzi. Per il resto c’è Gershwin (“I Loves You Porgy”), l’Ahbez di “Nature Boy”, il rock di Joni Mitchell e John Lennon, la canzone italiana di Lauzi e Dalla. Una “frittura mista” che cucinata da tromba, flicorno, effetti e pianoforte risulta sempre ispirata, vertiginosa nell’improvvisazione, raffinata nella ricerca timbrica, qua e là impregnata di blues, melodicamente felice e sanamente “entropica” negli episodi più liberi e sperimentali. Fresu e Caine sono, peraltro, maestri nell’arte della risignificazione, del far filtrare la propria personalità utilizzando un “testo sonoro” conosciuto, riconoscibile ma interpretato (a volte stravolto) in piena autonomia. Due esempi, per chiarire. Nella parte finale di “I Loves You Porgy” il trombettista si inchioda su una nota lunga tenuta (in fiato continuo) mentre il pianista piazza accordi intrisi di soul e blues che poco hanno a che vedere con Gershwin ma non ne possono prescindere: all’interno del prezioso canovaccio del brano si aprono così spazi personalissimi. Alla mahleriana “Symphony No.1, 3rd Movement in D Minor” viene riservato un trattamento che prima la trasforma in un brano stride, poi la accelera in modi quasi parossistici ed infine la lascia “sfinire” in rallentando.
(Luigi Onori) (altro…)

Sonia Spinello una voce che cattura

“WONDERland” è il titolo di un eccellente album inciso dalla vocalist Sonia Spinello alla testa di un gruppo comprendente Roberto Olzer al piano, Yuri Goloubev al contrabbasso, Mauro Beggio alla batteria e, come ospiti, Bebo Ferra alle chitarre e Fabio Buonarota al flicorno.
Dieci tracce tra cui cinque composizioni di Stevie Wonder, la splendida “Fragile” di Sting , “Stee-Vee” di Goloubev e due composizioni della Spinello.
Devo subito dire che il disco mi ha colpito tanto da aver votato la Spinello come miglior nuovo talento nell’annuale “Top Jazz”; di qui la curiosità di conoscerla meglio attraverso questa intervista.

-Come le è venuto in mente di affrontare un repertorio così difficile e impegnativo come le cover di Stevie Wonder?
“Ho sempre amato Stevie Wonder, sono cresciuta in una casa dove si ascoltava musica dalla mattina alla sera. Mia madre amava Stevie Wonder, la sentivo sempre canticchiare ed io, crescendo, ne ho approfondito la conoscenza. Ho collezionato tutta la sua musica, ho cercato di capirla, studiarla, ho tradotto tutti i testi delle canzoni che in qualche modo mi hanno fatto innamorare ed ho scoperto un animo romantico e sensibile, capace di esporsi; in un certo senso mi riconosco in queste caratteristiche.
Sin da piccola ho sempre sognato di avere una band con cui suonare i suoi brani e ad un certo punto è successo. Amo la black music, la musica della Motown, Rufus and Chaka Khan, Sly and the Family Stone, Funkadelic, Parliament. Lui ha tutto: ha saputo miscelare, il Funk, il Soul, l’R’n B e il blues. Sapevo benissimo che sarebbe stato rischioso realizzare un disco omaggio ad un così grande artista ( già tante volte riproposto ); sapevo sin dall’inizio che non avrei aggiunto nulla a così tanta bellezza, ma ho voluto realizzare un sogno nel cassetto e portare un mio omaggio/ringraziamento ad un musicista che mi ha dato moltissimo.
Ho scelto alcuni dei brani che ho amato di più, a cui sono più legata. Alcuni di questi hanno segnato in qualche modo dei “momenti” della mia vita in maniera indelebile.
Ho cercato di non sconvolgerne gli equilibri, ma di renderli essenziali. Amo togliere per dare la possibilità di scoprire, ho voluto rispettarne le melodie “meravigliose” e farle risaltare. Devo aggiungere che i magnifici musicisti che mi hanno accompagnata su questo disco sono la cosa più bella che potesse capitarmi, il trio di Roberto Olzer ha un affiatamento tale che sembra quasi telepatia. Fabio Buonarota è per me, poesia allo stato puro: possiede un suono ed un fraseggio che toccano le corde più profonde dell’animo. Bebo Ferra non è solo un musicista straordinario, ma anche un uomo pieno di vulcanica passione e la sua presenza ha portato il calore e il profumo della sua terra di origine ( la Sardegna ndr )”. (altro…)