Musica e storia sull’isola di Ventotene: torna il festival “Rumori nell’Isola” – 18a edizione

Dal 5 al 7 settembre torna sull’isola di Ventotene (arcipelago Pontino) l’appuntamento con il festival di musica jazz “Rumori nell’Isola”. Giunto ormai alla sua 18esima edizione l’evento si conferma come la manifestazione di riferimento all’interno delle attività culturali dell’isola per quanto riguarda la musica e il jazz in particolare.
Durante la kermesse musicale si svolgerà il consueto “Seminario Internazionale Federalista” organizzato dall’istituto di Studi Federalisti “Altiero Spinelli” che ogni anno porta sull’isola giovani provenienti da tutto il mondo per approfondire e rilanciare le tematiche che caratterizzarono la vita politica e culturale di Altiero Spinelli, il grande sostenitore di una comunità europea sopranazionale. Il messaggio universale della musica, veicolo di integrazione e solidarietà tra i popoli continua ad essere il contributo del festival al processo di integrazione europea.

In questa 18esima edizione, un fil rouge dedicato a giovani cantanti e cantautori che, a partire da una comune formazione jazzistica, hanno creato uno stile personale dando vita a progetti discografici di rilievo. Molti di questi artisti sono già conosciuti al pubblico di Ventotene, essendo stati protagonisti delle residenze artistiche offerte da Rumori nell’Isola all’Ensemble Vocale Burnogualà diretto da Maria Pia De Vito e, nel 2016, di una suggestiva performance in acqua divenuta un video virale sui social. Il Burnoguala’ tornerà a tenere nella forma dello small ensemble con 11 componenti, il concerto corale al faro e coadiuverà le due Masterclass in programma al festival: quella di Maria Pia De Vito “Voce, corpo e improvvisazione” e quella del chitarrista Roberto Taufic “La chitarra tra il Brasile, il jazz e la world Music”. Ai partecipanti delle Masterclass, anche l’opportunità di seguire un seminario di Autopromozione tenuto dall’ufficio stampa Fiorenza Gherardi De Candei (per informazioni: infomasterclassventotene@gmail.com).

Il programma nel dettaglio.
La prima serata giovedì 5 settembre si aprirà come sempre con un breve momento dedicato alle memorie e ai ricordi dei due luoghi di esilio: Ventotene e S. Stefano collegate dalle vicende storiche che hanno caratterizzato la storia italiana. Musica e storia invaderanno l’isola con la lettura di una testimonianza tra le tante pervenuteci dai detenuti politici che vi hanno soggiornato sin dalla fine del ‘700.
A seguire, dalle ore 22, i tre concerti di altrettante cantanti e compositrici: Eleonora Bianchini, Laura Lala e Oona Rea.
Bianchini e Lala, che hanno al loro attivo già altre incisioni discografiche, presentano i loro rispettivi progetti cantautorali di grande grazia musicale e profonda sensibilità nei testi, “Surya” e “Coraggio”; hanno già debuttato insieme all’Auditorium Parco della Musica con un concerto speciale dal titolo “La musica che unisce”, specchio di un pensare comunitario che in questo momento storico è quanto mai prezioso. Il terzo live vede protagonista Oona Rea con il suo album “First name Oona” (ed. Jando Music): un notevole progetto multiforme in cui è autrice di testi originali e poetici.
Le tre artiste saranno accompagnate da musicisti di consolidata fama nazionale: il pianista Seby Burgio, il chitarrista Luigi Masciari, il bassista Marco Siniscalco e il batterista Alessandro Marzi.

La seconda serata di venerdì 6 settembre alle 22 sarà aperta dalla cantante e compositrice Valentina Rossi, che presenterà brani del suo disco “Recuerdo” (edito da AlfaMusic e realizzato insieme alla fisarmonicista Valentina Cesarini), dedicato ad una rilettura del tango tra passato e futuro. Dopo di lei, saliranno sul palco Vittoria D’Angelo e Giuseppe Creazzo con il progetto “Sikè”, basato un repertorio che attinge dai canti e “cunti” siciliani e brani originali per una rilettura della tradizione.
Entrambi saranno accompagnati dal grande Roberto Taufic, illustre chitarrista brasiliano che proseguirà il concerto in solo: un’esperienza musicale di grande intensità, virtuosismo e lirismo.

La giornata conclusiva di sabato 7 giugno si apre già alle ore 12 presso la località Il Faro con una performance collettiva di Maria Pia De Vito con il Burnogualà Small Ensemble e gli allievi delle Masterclass accompagnati da Roberto Taufic.
I concerti serali si avvieranno come di consueto alle 22: in apertura Elena Paparusso con brani dal suo “Inner Nature” (ed. LhoboMusic Jazz), disco premiato in cui si mette alla prova sia come compositrice che in riletture di brani di Björk ed autori contemporanei. A seguire Marta Colombo, voce solista dell’Orchestra Operaia e del progetto “Gioca Jazz”, che presenterà il suo “MUd Pie”, progetto presentato con successo quest’anno al Festival Jazz On the Road di Brescia, in cui declina il suo amore per il blues e per le matrici africane del jazz.
Entrambe saranno accompagnate da musicisti pluripremiati ed affermati sulla scena jazzistica nazionale: Enrico Zanisi, Jacopo Ferrazza e Alessandro Marzi.
Il concerto conclusivo vede sul palco Maria Pia De Vito per un live che ripercorre diverse tappe della sua carriera, dedicato ad una ricercata rilettura di autori come Joni Mitchell, Ivano Fossati e di jazz standards, accompagnata dagli stessi musicisti.
Cantante e compositrice dal percorso artistico volto alla ricerca e alla sperimentazione, Maria Pia De Vito è particolarmente legata all’Isola di Ventotene e alla sua vita culturale; la sua carriera è densa di importanti riconoscimenti e collaborazioni internazionali di prestigio; da anni è in testa alle classifiche del Jazzit Award tra le cantanti italiane; attualmente è direttore artistico del festival Bergamo Jazz.

Il festival è realizzato grazie al patrocinio del comune di Ventotene e al contributo degli operatori turistici locali.
Tutti i concerti sono a ingresso gratuito.

CONTATTI
Info e prenotazioni Masterclass: infomasterclassventotene@gmail.com
Infoline festival: 334.7515066 – 340.4830087
Ufficio stampa festival: Fiorenza Gherardi De Candei tel. 3281743236 info@fiorenzagherardi.com

John De Leo special guest Rita Marcotulli, The Winstons special guest Morgan e Rodrigo D’Erasmo e oltre 250 artisti per MArteLive

Il 13 e 14 dicembre torna a Roma MArteLive – lo spettacolo totale: nelle sale del Planet Live Club (ex Alpheus – via del Commercio 36) la grande kermesse con oltre 250 artisti emergenti che si sfideranno nelle 16 discipline artistiche tra musica, teatro, danza, circo contemporaneo, pittura, fotografia, artigianato artistico, graficart, live painting e street-art, proiezioni, installazioni, reading e video-arte.
Tra gli ospiti, grandi nomi come John De Leo, Gio Evan, Bunna, The Winstons feat. Rodrigo D’Erasmo e special guest Morgan.
Grande anteprima dell’eclettica due giorni, mercoledì 12 dicembre alle ore 21, sarà il celebre spettacolo “Pitecus”, una delle opere più acclamate del duo Antonio Rezza e Flavia Mastrella – Leoni d’oro alla Carriera alla Biennale di Venezia 2018.
Il 13 dicembre sul palco del Planet, attesissimo dopo il clamore mediatico delle ultime settimane che ha scatenato la stampa nazionale e richiestissimo dalle maggiori emittenti televisive, sarà il poeta e performer Gio Evan – reduce dal successo del doppio disco MArteLabel “Biglietto di solo ritorno” e con un milione e mezzo di ascolti su Spotify del singolo “A piedi il mondo”. Ribattezzato “Gio Evan” in Argentina da un Hopi, Giovanni Giancaspro è un artista poliedrico, scrittore e poeta, filosofo, umorista, cantautore e artista di strada. Con la performance al MArteLive conclude una grande stagione di successi, per tornare live sul palco dalla primavera 2019.  Dopo il suo live, salirà sul palco la band The Winstons ft. Rodrigo D’Erasmo e special guest Morgan con “Pictures at a Christmas Exhibition”. Power trio basso, batteria, tastiere e voci, la band è composta da tre grandi musicisti della scena italiana: Enrico Gabrielli (Calibro 35/Pj Harvey), Lino Gitto (Ufovalvola) e Roberto Dell’Era (Afterhours), che per il loro concerto al MArteLive dal titolo “Pictures at a Christmas Exhibition” avranno come special guest d’eccezione Morgan e Rodrigo D’Erasmo (violinista degli Afterhours e tutor in compagnia di Agnelli a X Factor). Sul palco suoneranno brani dall’album “Pictures in Exhibition” oltre a nuovi pezzi in esclusiva tratti dal prossimo disco in uscita nella primavera 2019.
Il 14 dicembre grande ospite sarà John De Leo, considerato una delle voci più interessanti del panorama italiano. Artista eclettico, ha partecipato e promosso innumerevoli progetti non strettamente a carattere musicale, collaborando con molti artisti tra cui la pianista Rita Marcotulli che sarà special guest nel suo live sul palco di MArteLive. Ha lavorato, tra gli altri, con Stefano Benni, Teresa De Sio e Metissage, Ambrogio Sparagna, Banco del Mutuo Soccorso, Carlo Lucarelli, Stefano Bollani, Paolo Fresu Quintet, Danilo Rea, Franco Battiato, Enrico Rava, Carmen Consoli, Ivano Fossati, Antonello Salis, Alessandro Bergonzoni, Fabrizio Bosso, Trilok Gurtu, Stewart Copeland e Uri Caine. Co-fondatore dell’ensemble Quintorigo, con cui ha vinto il Premio Tenco nel 1999, ne ha fatto parte dal 1992 al 2004. Sul palco principale del MArtelive si esibirà con un live looping sampler, un karaoke giocattolo e un laringofono insieme al chitarrista Fabrizio Tarroni: uno dei suoi primi connubi musicali, capace di interpretare la sua Gibson semi-acustica anche come una vera e propria percussione, fondendo la sua tecnica originale con le idee e la voce eclettica di De Leo.
Sul palco del 14 dicembre, il ritmo sarà scandito anche dallo spettacolo del noto collettivo cumbiero Istituto Italiano di Cumbia, che ha aggregato Malagiunta (Filo Q e Paquiano) le canzoni di Cacao Mental e Los3Saltos, Davide Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti e alcuni nuovi interpreti.
Il dj set sarà nelle mani di Bunna, fondatore insieme a Madaski degli Africa Unite, una delle realtà più importanti del panorama reggae italiano, e non solo. Nel suo set esplorerà le varie evoluzioni e sfaccettature della cultura musicale giamaicana. Il set di Bunna cade nell’anno in cui il reggae è stato riconosciuto “patrimonio Unesco” ed è organizzato in collaborazione con RUM (Rome Underground Movement).
Tra i protagonisti dell’ultima giornata di MArteLive anche Gianluca Secco, perla nel panorama della musica d’autore italiana e vincitore nel 2016 del Premio Tenco-NuovoImaie per la miglior interpretazione.

Con l’obiettivo costante di promuovere il talento e i giovani emergenti, oltre ai grandi nomi “Lo Spettacolo Totale” di MArteLive vede protagonisti 250 artisti che si esibiranno ed esporranno contemporaneamente nella 2 giorni al Planet Live Club, suddivisi nelle sezioni artistiche di appartenenza: musica, teatro, danza, circo contemporaneo, pittura, fotografia, artigianato artistico, graficart, live painting e street-art, proiezioni, installazioni, reading e video-arte.

I biglietti, dai €10 ai €12 sono già acquistabili in prevendita sul sito Marteticket.it.

Nato nel 2001 da un’idea del direttore artistico Peppe Casa, MArteLive è realizzato con il contributo della Regione Lazio – Assessorato alle Politiche Culturali. Sin dalla prima edizione, è concepito e pensato come uno spettacolo totale in cui tutte le arti e gli artisti che le rappresentano entrano in una sinergia empatica: MArteLive è il girotondo delle muse, lo scambio tra un linguaggio estetico e l’altro. Tutte le sezioni artistiche sono sapientemente amalgamate tra di loro in un gioco di forze artistiche ed equilibri sinestetici che, serata dopo serata, sala dopo sala, creano emozioni irripetibili nella loro essenza.
Nell’idea originaria di Peppe Casa, l’intento era quello di tessere un filo immaginario per unire armonicamente le singole performance: “A distanza di quindici anni il filo continua a rimanere teso. La differenza di questo format, che è anche la sua forza, è la capacità ad ogni evento di riproporre qualcosa di diverso che incuriosisca il pubblico, offrendo un’esperienza sensoriale unica. La multidisciplinarietà dello spettacolo che presentiamo è estremamente difficile da mettere in pratica, forse il vero successo sta nell’equilibrio tra le arti che si viene a creare; e l’esclusività è riuscire a farlo ogni volta in modo nuovo e sorprendente”.
L’appuntamento di dicembre è solo la prima delle due finali regionali che si terranno su tutto il territorio nazionale, la prima tappa verso la prossima BiennaleMArteLive, prevista per dicembre 2019, che vedrà esibirsi circa 1000 artisti provenienti da tutta Italia, insieme a special guest internazionali.

CONTATTI
www.martelive.it
Prevendite su www.marteticket.it  – biglietti da €12 a €10 e sconti per gruppi di 10 persone
Informazioni: info@martelive.it
Ufficio Stampa: Francesco Lo Brutto – tel. 331.4332700 email francesco.lobrutto@martelive.it
Fiorenza Gherardi De Candei – tel. 328.1743236 email fiorenza.gherardi@martelive.it

Il piano trio di Paolo Di Sabatino in concerto allo Zingarò Jazz Club di Faenza

Mercoledì 25 ottobre 2017, il palcoscenico dello Zingarò Jazz Club ospiterà il Paolo Di Sabatino Trio con Paolo Di Sabatino al pianoforte, Daniele Mencarelli al basso elettrico e Glauco Di Sabatino alla batteria. Prima del concerto, Paolo Di Sabatino presenterà il suo recente libro “Tienimi dentro te”. Il concerto è ad ingresso libero con inizio alle 22.

Paolo Di Sabatino è da sempre legato al piano trio. La sua prima incisione in questo formato risale al 1996, con il disco Foto Rubate realizzato con Massimo Moriconi e Massimo Manzi. A pèartrie da quella esperienza si è trovato a suonare e a registrare in trio a suo nome con diversi musicisti, portando avanti in contemporanea un “doppio binario”: da una parte, un progetto internazionale dove hanno trovato posto musicisit del calibro di John Patitucci, Horacio “El Negro” Hernandez, Gary Willis, Peter Erskine, Janek Gwizdala, JoJo Mayer, Christian Galvez e Dennis Chambers e, dall’altra, un trio italiano composto, da alcuni anni, dal fratello Glauco Di Sabatino alla batteria e con bassisti quali Daniele Mencarelli e Marco Siniscalco.

Il trio italiano ha registrato e prodotto lavori anche in ambito pop: è stato al fianco di Antonella Ruggiero, Grazia Di Michele e Fabio Concato. Con Glauco Di Sabatino e Marco Siniscalco, inoltre, ha inciso diversi cd per l’etichetta giapponese Atelier Sawano, uno dei quali – Luna del sud – è stato tra i dischi scelti di Billboard Japan. (altro…)

Con “Gente di Jazz” un’istantanea sul Jazz italiano negli ultimi anni

Nel 1973 Ian Carr, celebre trombettista fondatore e leader dei Nucleus, pubblicò un libro intitolato Music Outside – Contemporary Jazz in Britain nel quale riportò le sue conversazioni con personaggi emergenti e consolidati della scena musicale jazz britannica. Mike Westbrook, Jon Hiseman, John Stevens, Trevor Watts, Evan Parker, Mike Gibbs, Chris McGregor affrontarono a cuore aperto qualsiasi tema che ritenessero importante, dalle personali scelte artistiche, alle proprie aspirazioni (frustrate o non), alla endemica difficoltà di trovare sbocchi discografici sino a giungere alla triste realtà che, suonando solamente jazz, la vita non era facile. Riletto a distanza di anni, quel libro di interviste, fornisce molte più informazioni di qualsiasi altro trattato critico e ci restituisce un ritratto fedele e vivido del movimento jazz in Inghilterra dei primi anni Settanta.
Così come è avvenuto con Carr crediamo che Gerlando Gatto, autore di Gente di Jazz per l’editore Euritmica/Kappavu, abbia non solamente realizzato un libro di interviste, ma scattato un’istantanea sulla situazione del jazz italiano degli ultimi anni.
Molte intervista sono state realizzate nel corso delle varie edizioni di Udin&Jazz, festival di cui Gatto è assiduo frequentatore, e anche per questo molti sono i musicisti del nord est, storica fucina di talenti del jazz italiano, ad essere interpellati.
Gatto non si è limitato però solamente a dare voce ai jazzisti nazionali, ma ha anche inserito nel suo lavoro i suoi colloqui con musicisti di fama internazionale, quali Joe Zawinul, Mino Cinelu, McCoy Tyner, Martial Solal, Michel Petrucciani, Gonzalo Rubalcaba e Cedar Walton entrando spesso in dettaglio su aspetti meno noti della loro attività.

(Cedar Walton)

Gente di Jazz, quindi, risulta essere una miniera di informazioni per l’appassionato di jazz e, in generale, per chi si occupi di cultura e di spettacolo. Scopriamo così, che Stefano Battaglia ha una solida formazione classica e una conoscenza approfondita dei compositori del barocco, che il sassofonista udinese Francesco Bearzatti si è costruito una solida reputazione in Francia prima di essere conosciuto in Italia (nemo profeta in patria…), che Stefano Bollani non riesce a scindere tra jazz, improvvisazione, divertimento e spettacolo e che sa imitare molto bene Johnny Dorelli, che il contrabbassista Rosario Bonaccorso ritiene, come Leonardo da Vinci, che “la semplicità è il massimo della raffinatezza”.
Scorrendo ancora Gente di Jazz, apprendiamo di come il pianista siciliano Dario Carnovale abbia trovato la sua dimensione artistica nella tranquillità di Udine, di come Claudio Cojaniz intenda in maniera sociale il ruolo dell’artista in quanto “veicolatore di pensiero”, di come Massimo de Mattia sia stato ammaliato dai Delirium di Ivano Fossati e per questo abbia scelto il flauto come suo strumento, e di come il veneziano Claudio Fasoli, storico sassofono del Perigeo, aveva un sogno, ormai irrealizzabile, di suonare con Elvin Jones e Tony Williams. Dall’intervista con Enzo Favata emerge la sua concezione in un jazz che incontri l’anima etnica delle diverse località del globo, mentre da quella con Paolo Fresu apprendiamo che l’emozione del suonare talvolta fa scorrere delle lacrime sul volto del trombettista sardo.

(Paolo Fresu)

Il batterista romano Roberto Gatto confida all’autore il suo orgoglio per aver inciso con Chet Baker, un musicista che non amava molto i batteristi, mentre il suo compagno nei Lingomania, Maurizio Giammarco, racconta della sua eccezionale esperienza di direttore della Parco della Musica Jazz Orchestra (PMJO). Il chitarrista Antonio Onorato rivela di avere effettuato studi approfonditi sulla Napoli del 1700 e di conoscere bene tutti i musicisti di quel periodo, mentre il pianista Enrico Pieranunzi che ha fornito all’autore ben quattro interviste nel corso degli anni, confida il suo amore per Scarlatti. Enrico Rava ricorda che la sua carriera decollò dopo la registrazione per l’ECM dell’album The Pilgrim And The Star, mentre il pianista romano Danilo Rea rivela la sua ammirazione per la sintesi musicale tra tradizione e improvvisazione raggiunta dai musicisti dei paesi nordici. Infine, ultimo degli italiani, Giancarlo Schiaffini lancia un allarme sulla standardizzazione del linguaggio musicale e sull’omologazione della maniera di fare jazz.

(Enrico Rava)

Passando ai musicisti internazionali, Mino Cinelu racconta di aver parlato con Miles Davis dopo un concerto senza riconoscerlo, mentre il compianto Michel Petrucciani confida di amare Estate di Bruno Martino per la sua melodia e per le grandi possibilità di improvvisazioni che forniva. Gonzalo Rubalcaba racconta dell’importanza nel suo jazz della musica popolare cubana, mentre Martial Solal afferma di non credere nell’elettronica applicata alla musica. Anche Cedar Walton preferisce il suono acustico, mentre McCoy Tyner racconta della sua costante ricerca del nuovo. Chiude la serie delle interviste, ordinate in stretto ordine alfabetico, Joe Zawinul il quale svela che quando sopraggiunge l’ispirazione, la ragione cessa di operare.

(Joe Zawinul)

La lettura di Gente di Jazz è agile. I temi trattati nelle interviste mettono in luce la personalità dei vari artisti, le loro inclinazioni e rivelano la loro estetica musicale. Gatto ha il raro dono di riuscire a far parlare i musicisti, di metterli a loro agio cosicché questi possano davvero esprimere il loro pensiero senza remora alcuna. Questo aspetto è molto apprezzabile in quanto la spontaneità delle dichiarazioni raccolte da Gatto e le verità che queste contengono si trasmettono immediatamente al lettore e consentono a quest’ultimo di entrare in stretto contatto con la dimensione artistica dei musicisti.

Marco Giorgi per www.red-ki.com

(McCoy Tyner)

Le immagini sono di Luca A. d’Agostino/Phocus Agency ©

Elettrika versus Batterika: due eventi in uno per infinita musica

 

Quest’ anno il direttore artistico Lucrezio De Seta, e con lui Mirella Murri e Augusto Cherubini, ha voluto unire due rassegne creando un vero e proprio festival della batteria e delle chitarre e del  basso elettrico, e non solo: gia’ sintetizzando cosi’ semplicemente “Elettrika versus Batterika” sono consapevole di aver minimizzato un evento che e’ diventato francamente imperdibile, non solo per chitarristi, bassisti e batteristi, ma per i musicisti e gli appassionati in generale, oltre che naturalmente per gli operatori del settore.
L’ SGM center diventa infatti un vero e proprio punto importante di aggregazione, una fucina pulsante di incontri, idee, occasioni, che si svolgono davanti a palchi in cui si ascolta buona musica, workshop di musicisti importanti, stand espositivi delle migliore aziende e dei migliori artigiani su piazza, insomma un vero e proprio parco divertimenti per chi la musica ama farla, ascoltarla, e viverla.
Impossibile elencare qui tutti gli eventi svoltisi in due giorni: io sono passata per due pomeriggi e ho visto dimostrazioni, incontri, ho parlato con espositori vari, con i direttori di riviste prestigiose quali ad esempio “Drumset Magazine”, ho comprato un bellissimo Cajon parlando a lungo con l’ artigiano che lo ha costruito, ho visto strumenti a percussione, decine di tipi di piatti e di batterie, ascoltato il suono di bassi e chitarre elettriche percependone finalmente le differenze con la consapevolezza nuova che deriva dalla spiegazione di un esperto, che sia un liutaio, un costruttore o un musicista.
In poche ore ho ascoltato il concerto di Bassvoice Project di Silvia Barba e Pippo Matino, sempre piu’ affiatati  nell’ interpretare in maniera originale e personalissima brani molto amati quali quelli di Lucio Dalla, o Ivano Fossati, o Cindy Lauper, ma anche accattivanti pezzi originali, come “Manchi”, in cui vince la continua ricerca timbrica nell’intreccio tra una voce potente  e un basso riconosciuto tra in migliori non solo in Italia: un duo minimale nell’ organico ma di certo non nella resa piena, “rotonda”, completa, sia armonicamente che ritmicamente.
Ho ascoltato anche il quartetto swingante della vocalist Sara Della Porta, accompagnata da un trio d’eccezione: Daniele Cordisco alla chitarra, Gregory Hutchinson alla batteria, Andrea Romanazzo al contrabbasso, puro Jazz nello spazio della scuola di musica “Ottava”.
E ancora il Mamo Trio, ovvero Egidio Marchitelli alla chitarra elettrica, Massimo Moriconi al basso elettrico e Pasquale Angelini alla batteria, un concerto elettrizzante, e non e’ un gioco di parole: groove, pulsazioni, energia, standard come Night in Tunisia, o Bye Bye  Blackbird, o Caravan resi con fantasia improvvisativa, trovate espressive infinite, dinamiche raffinate, resa ritmica eccellente, contrasti dinamici, perfetto bilanciamento del trio, assoli interessanti. Un bel viaggio tra rock, jazz e funky .
E poi un workshop lluminante,del batterista Leonardo De Lorenzo, che attraverso i suoi assoli ha spiegato quale studio, quale progetto, ci sia dietro la costruzione di un solo, destrutturandolo in cellule ritmiche che improvvisamente diventano intellegibili in tutta la loro complessita’: e svela come dietro ad ogni progressione ritmica ci possa essere addirittura la riproduzione tematica di un tema quale Oleo, o di come si possa ripartire un 7/8 tra i vari elementi della batteria in modo che esso risulti all’ ascolto “morbidamente” asimmetrico. E di quanto sia importante l’ accordatura in uno strumento potenzialmente deflagrante come la batteria, e dell’ importanza della scelta giusta delle bacchette.
Il programma e’ stato ben piu’ vasto di quanto io vi abbia descritto: tantissimi i concerti, tantissimi i workshop.
Il consiglio e’ quello di non perdervi la prossima edizione: ne vale veramente la pena.

Massimo De Mattia: la musica è democrazia

Massimo De Mattia è uno dei principali esponenti della musica improvvisata o forse sarebbe meglio dire della composizione istantanea. Flautista autodidatta, di assoluto livello internazionale, ha al suo attivo una lunga carriera costellata da alcune produzioni discografiche mai banali. A Udine ha tenuto un applauditissimo concerto il 30 giugno e noi lo abbiamo intervistato il giorno dopo.

-Tu sei a ben ragione considerato uno dei massimi esponenti della cosiddetta “area creativa”; ma per te cosa significa improvvisare?
“A questo tipo di concezione sono arrivato per gradi sviluppando tutto il percorso che prevede la pratica dell’improvvisazione jazzistica. Quindi gli standards, la frequentazione delle pagine più rilevanti del be bop, hard bop etc… Sono approdato all’improvvisazione libera ben consapevole della mia vocazione, sento di esprimermi bene in questo ambito creativo. Io credo davvero nella musica organizzata istantaneamente, o meglio, nella composizione istantanea più che nella improvvisazione tout court, perché questo termine presenta spesso risvolti ambigui e in realtà prima ancora credo nella libertà”.

-Sì, ma il termine libertà abbraccia campi molto vasti; qual è quello che in particolare si riferisce alla tua musica?
“Si tratta di libertà sempre sorvegliata, mai arrendevole al caso … insomma una sorta di liberazione individuale e collettiva attraverso la musica ma sempre con molta attenta consapevolezza, coscienza e soprattutto con un atteggiamento etico”.

-Costruendo la musica secondo queste modalità, non c’è il pericolo che vengano fuori dei patterns, dei modelli che si sono introitati in precedenza?
“Sì, assolutamente; il rischio è molto forte … dipende dalla sincerità e onestà dell’approccio alla libertà … concetto che ovviamente non vale solo per la musica… sono convinto che questo modo di perseguire la libertà nella musica sia un punto di arrivo, al di là del percorso formativo di ognuno nell’arte, nella vita sociale, nella visione politica, del mondo, delle letture che hai fatto, del bagaglio culturale con cui ti sei attrezzato. Poi, tornando alla tua domanda, è inevitabile che i retaggi affiorino e ci confondano talvolta, e che di conseguenza si inneschino certi automatismi … la libertà ‘musicale’ ti espone a rischi grandi, a momenti di impasse spesso perfino drammatici, di stasi creativa; sono proprio questi i punti in cui rischi di ripeterti, di cadere nei luoghi comuni, di celebrarti, di tradire te stesso … insomma di essere poco onesto, poco etico”.

-Come evitare, allora, questo pericolo?
“Come dicevo si tratta di un percorso di vita, di crescita individuale per cui l’ideale è di aspirare ad un tipo di libertà nella musica che sia pura”.

-Come si concilia questo concetto di libertà con il fatto che, ad esempio, nel concerto di ieri sul palco c’erano i leggii con relativi spartiti?
“La libertà non è incompatibile con la disciplina, la scrittura, la struttura. Intendo struttura mentale, oppure schema compositivo atto a permetterti di agire all’interno di questo spazio amministrando il flusso del tuo discorso, proprio come si fa quando si parla. Quando noi colloquiamo sostanzialmente improvvisiamo ma occorre mantenere comunque un controllo sul senso, altrimenti diventiamo ostaggio del caso e del caos. Noi non vogliamo fare musica a caso, vogliamo fare musica secondo logica”.

-Questo significa che nel corso delle esecuzioni ci sono dei punti di incontro, degli appuntamenti prefissati? Insomma come intendi la struttura del brano?
“Non sempre premeditiamo degli appuntamenti. Ad esempio per il concerto di ieri sera a Udin&Jazz (“The Erotic Variations” con Luca Grizzo e Alessandro Turchet) avevamo prestabilito alcuni punti di incontro o di fuga e quindi un minimo di stesura, meglio, una drammaturgia, però semplicemente come pretesto, occasione, giusto proprio per orientare la bussola di tanto in tanto. Un concerto comporta una liturgia. Più spesso scelgo la libertà assoluta e non prevedo parti scritte; cerco di lavorare su strutture temporali oppure evidenziando e condividendo intenzioni, quindi: la dinamica, il pieno e il vuoto, la prospettiva, la rinuncia, l’omissione, la sottrazione … e questi sono i criteri che abitualmente mi guidano per garantire forme adeguate ai contenuti”

-La musica ascoltata ieri era molto materica; è un tipo di musica che frequenti abitualmente o l’esperienza è limitata a questo particolare trio?
“La mia musica è sostanzialmente densa e materica: il mio approccio allo strumento, in virtù di una formazione da autodidatta, non è certamente di tipo accademico. Sto cercando ancora di costruire un mio particolare e personale linguaggio; lavoro molto su multifonici, armonici, uso del corpo, della voce, utilizzo in forma percussiva mani, dita… diteggiature anomale che ho elaborato, un fraseggio spesso rotto, spaccato… a tutto questo si innesta il suono dei musicisti con cui collaboro… le persone non si incontrano a caso… si cercano, specialmente se parliamo di questa musica. Il mio modo d’essere quindi è anche il risultato della crescita che mi ha garantito la lunga frequentazione di persone forti, ad esempio Giovanni Maier (contrabbassista n.d.r.), Daniele D’Agaro ( sassofonista e clarinettista n.d.r.) Claudio Cojaniz (pianista n.d.r.), Zlatko Kaucic, Bruno Cesselli. ”.

-Queste concezioni di musica libera, improvvisata che analogie o viceversa che differenze presentano rispetto al movimento “free”?
“Il movimento free è stato un lungo momento culturale, storico, artistico di fondamentale e assoluta importanza. E’ stato un movimento di liberazione intellettuale e sociale di estrema rilevanza, dal mio punto di vista, emblematico e rivoluzionario. Ha suggerito l’idea e la promessa possibile, non più come utopia, di nuclei sociali paradigmatici di un mondo ideale. Detto questo, il free è un lungo periodo artistico oramai storicizzato: non si deve più parlare di free jazz perché oggi la musica è UNA, una sola; quindi forse bisognerebbe parlare della nostra come di una musica ad alto tasso di libertà rispetto ad altre piuttosto che di Free; tutto ciò ora prescinde dagli stili, dai generi: ci può essere libertà nel rock, nella musica “colta”, in quella popolare… è un argomento molto ampio e secondo me oggi, come una cinquantina d’anni fa, offre risvolti illuminanti dato il momento storico e di pensiero che stiamo vivendo. L’approcciarsi a questa nostra musica presuppone un feroce desiderio di democrazia, consapevoli che il nostro arbitrio farà inevitabilmente i conti con l’arbitrio altrui e che il nostro spazio dovrà essere condiviso. Questo secondo me è progressismo vero, sincero ed è molto bello da con-vivere”.

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