eMPathia Jazz Duo – Mafalda Minnozzi e Paul Ricci in Concerto / Giovedì 28 dicembre – Teatro storico “Subasio di Spello” ore 21:30

Evento speciale di solidarietà presentato da Tamat in collaborazione con Donne Insieme Onlus e  “Donne in Jazz” di DOT Radio con il contributo e il patrocinio del Comune di Spello

Interculturalità, bossa nova, canzone d’autore italiana e impegno sociale: ovvero, il jazz che unisce dell’eMPathia Jazz Duo di Mafalda Minnozzi e Paul Ricci, in concerto giovedì 28 dicembre, con inizio alle 21:30, nello storico Teatro Comunale Subasio di Spello, un evento speciale dedicato alla solidarietà.

 Il concerto è presentato dalla ONG Tamat in collaborazione con Donne Insieme Onlus e  DOT Radio, all’interno della trasmissione “Donne In Jazz”, con il contributo e il patrocinio del Comune di Spello.

Una collaborazione tra associazioni no-profit regionali e l’amministrazione comunale di Spello, che intende dare un respiro diverso a queste festività con un’iniziativa culturale che metta al centro impegno civile e attenzione sociale, donne e benessere, lungo le latitudini della voce di Mafalfa Minnozzi e della chitarra di Paul Ricci, con i suoi particolari arrangiamenti.

Dura da oltre vent’anni il sodalizio artistico di Mafalda Minnozzi, interprete della  bellezza e della tradizione musicale italiana e napoletana in Brasile e in altri paesi del mondo e artista impegnata in progetti educativi nelle periferie di Rio de Janeiro, e Paul Ricci, compositore e produttore newyorkese in costante evoluzione e sempre alla ricerca del suono nella “voce” della chitarra jazz. Lo stile che caratterizza la loro unione musicale è molto personale e di forte impatto emotivo e usa il ritmo come linguaggio universale per valorizzare la potente e “atletica” voce dell’artista italiana.

A Spello il duo jazz darà vita ad una serata straordinaria portando, per la prima volta in Umbria, l’ultimo dei tanti progetti musicali che portano la loro firma: “eMPathia”, con influenze e incursioni nella musica brasiliana, latina, jazz, africana, non dimenticando i grandi classici del repertorio autoriale italiano.

L’ingresso al concerto è ad offerta libera e il ricavato sarà devoluto a supporto delle attività e dei servizi delle associazioni promotrici.

“eMPathia” Jazz Duo – Mafalda Minnozzi e Paul Ricci in concerto è  un’iniziativa Tamat con Donne Insieme Olus, DOT Radio e il supporto del Comune di Spello, DIVA International e Drinking Wine. Media partner  Subasio TV

Per informazioni: Colomba Damiani / Tamat / m: +39 347.976.2589 comunicazione@tamat.org

comunicato stampa

#empathiajazzduoplusfriends #mafaldaminnozzisolidarity #ricominciamodaljazz #sulpalcoperunpalco

 Note a margine: Tamat: Organizzazione non governativa riconosciuta dal Ministero degli Affari esteri e dalla Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo: dal 1995 ha sviluppato progetti in Albania, Bolivia, Bosnia, Burkina Faso, Mali, Perù, Suriname oltre che Italia nelle regioni di Umbria, Emilia Romagna, Marche, Lazio, Piemonte e Puglia.  I suoi partner europei per l’attuazione dei progetti UE sono basati in: Austria, Belgio, Cipro, Francia, Grecia, Germania, Gran Bretagna, Lituania, Polonia, Portogallo, Puglia, Slovenia e Spagna.  “Lavoriamo su sovranità alimentare, sicurezza alimentare, agro-ecologia e agri-cultura. Crediamo nelle persone e nel rafforzamento delle competenze personali, per il miglioramento delle condizioni di vita di ognuno. Sosteniamo le organizzazioni locali, facendo in modo che ogni persona in ogni luogo possa vivere di risorse e competenze proprie. Supportiamo le popolazioni locali e la società civile per implementare soluzioni di sviluppo sostenibile in ambito sociale, ambientale, culturale ed economico. Cooperiamo in Africa, America Latina e Balcani. Lavoriamo in Italia con le associazioni locali, la società civile, le istituzioni e università sui temi e le sfide legate a sviluppo e processi di interdipendenza globale. Siamo per un mondo più equo, più giusto e più vicino alle donne”.

 Donne Insieme Onlus: è un’associazione di persone che mettono in comune la loro esperienza e le loro difficoltà nell’ affrontare la malattia aiutandosi a vicenda per superare questo evento difficile, “un gruppo di donne che come te”, hanno avuto problemi al seno. “Ci siamo riunite, perchè insieme possiamo combattere la malattia, la depressione ed il disagio emotivo che ne consegue. Insieme sulla strada della conoscenza e della prevenzione”. L’associazione nasce l’ 8 marzo giorno in cui si festeggia la giornata internazioanale della donna.

DOT Radio è stata fondata nel 2009 . E’ una web-radio indipendente, che trasmette 24 ore su 24 con una redazione attenta e appassionata. “Si dà largo spazio alla musica italiana e straniera di vario genere oltre a radiogiornali, informazioni meteo e programmi culturali,  portivi, di attualità e intrattenimento, che danno un carattere preciso al canale e costituiscono una alternativa di alta qualità ai contenuti radiofonici mainstream”.

“Ricominciamo dal Jazz”: a San Severino Marche il canto di Mafalda Minnozzi accende la solidarietà!

Una delle caratteristiche della musica Jazz è di dare ampio spazio all’improvvisazione, tra i processi creativi più affascinanti, che sorprende anche per il tempo velocissimo che intercorre tra il formarsi di un’immagine musicale nella mente e la sua effettiva realizzazione sonora. Nel caso di “Ricominciamo dal Jazz”, evento benefico svoltosi al Teatro Feronia di San Severino Marche (MC) il 10 dicembre, la solidarietà non si è certo improvvisata, come recitava anche il titolo del concerto, anzi… l’organizzazione è stata impeccabile e molti jazzisti di altissimo spessore come il clarinettista Gabriele Mirabassi, il bandoneonista Daniele di Bonaventura, il pianista Giovanni Ceccarelli, il vibrafonista Marco Pacassoni, il chitarrista Antonio Onorato e due talenti locali: David Padella e Maurizio Moscatelli, oltre a due attori di fama quali Alessandro Incerto e Massimo Reale, non hanno esitato a rispondere alla chiamata della vocalist Mafalda Minnozzi, di origine settempedana, un segno di comunanza verso le popolazioni marchigiane ancora provate dal sisma che ha colpito la regione nel 2016.

E così che al Feronia, delizioso teatro all’italiana progettato da Ireneo Aleandri, inaugurato nel 1828 e oggi diretto con passione da Francesco Rapaccioni, si è radunato attorno all’eMPathia Jazz Duo, di Mafalda Minnozzi e del chitarrista newyorchese Paul Ricci, un manipolo di artisti di indubbio valore e notorietà, accomunati dalla medesima radice solidale e da una filosofia della condivisione, oltre che da una sensibilità nell’arte e nella vita, per un incontro che aveva il nobile intento di raccogliere fondi – ma anche e soprattutto attenzione – per avviare la ricostruzione del palcoscenico del Cinema Teatro Italia, casa delle attività culturali, specie giovanili e studentesche, che il terremoto ha reso inagibile.

Dopo il saluto degli organizzatori e del sindaco Rosa Piermattei, Mafalda e Paul salgono sul palco. Lei è meravigliosa ed elegante, fasciata in un abito nero con uno strascico rosso, lunghissimo, che rappresenta la scia di distruzione che il terremoto ha portato con se. Un paio di brani in duo per scaldare le corde, siano esse vocali o della chitarra: Triste Sera, brano tra i meno “coverizzati” di Luigi Tenco, dove la cantante sfoggia da subito una tessitura vocale che mette in evidenza la sua enorme solidità tecnica e il suo gran mestiere… e A Felicidade, un classico di Jobim/De Moraes (che Mafalda ha cantato anche con Toquinho, la scorsa estate al Sant’Elpidio Jazz Festival). La chitarra di Paul lo riveste di un mood ritmico e incalzante, dove Mafalda fa danzare le parole, giocando ad allungare e ad aprire le note  e dove, nel finale, sublima la tristezza dei versi di De Moraes in un loop… Não tem fim, não tem fim…

Il primo “friend empatico” della serata è il giovane contrabbassista locale David Padella, laddove locale è un mero dato statistico in quanto il suo talento è innegabile. Il trio popone una rivisitazione sognante di Estate, di Bruno Martino, un bellissimo fermo immagine per un’esecuzione patinata e vintage.

Della potenza immaginifica del pianista Giovanni Ceccarelli, nato a Fabriano ma che da anni vive in Francia, dove ha trovato il successo, ci sarebbe da scrivere un trattato! Il suo è un pianismo a colori, ma colori primari, dell’essenza… ha inoltre un impareggiabile tocco vellutato e con Mafalda e Paul, in un appassionato gioco di sequenze ritmiche, esegue la cinematografica Metti una Sera a Cena, celeberrimo brano di Ennio Morricone, main theme del film omonimo di Patroni Griffi e una pagina dedicata alle raffinate melodie di Cole Porter, con Everytime we say goodbye, dove il contrasto dinamico tra la chitarra di Paul e il piano di Giovanni, e la stilizzazione timbrica di Mafalda risolvono il brano con rinnovata freschezza.

Il suono antico del bandoneon è quanto di più vicino possa scaturire da uno strumento musicale per ricordarci che l’amore è estasi ma anche tormento; e chi più di Daniele Di Bonaventura – nato a Fermo – nell’olimpo dei bandoneonisti europei, avrebbe potuto esprimere al meglio la passione e lo struggimento di composizioni quali Insensatez, bossa nova della coppia Jobim/De Moraes, tra le più celebri al mondo per le innumerevoli incisioni realizzate e la toccante Hymne à l’amour di Edith Piaf? E il bandoneon di Daniele, con le sue melodie carnali, insieme al delicato mantello ritmico della chitarra di Paul e agli arabeschi vocali che disegna Mafalda, rapisce letteralmente il pubblico. C’è da dire che la vocalist, in Hymne à l’amour, è riuscita nel difficile intento di sdrammatizzare il brano, senza intaccarne minimamente intensità e pathos.

Il concerto prosegue con un tributo di eMPathia Duo interamente dedicato a Mina, una delle cantanti italiane più amate di sempre: abbiamo ascoltato Città Vuota, adattata in una minimalista bossa-nova e Nessuno, caricata a swing e temperamento!

Il nobile, quanto impervio, sentimento del perdono è il tema di É preciso perdoar (Bisogna perdonare) portata al successo da João Gilberto, uno dei padri della bossa-nova.  Al chitarrista napoletano Antonio Onorato il compito di reinterpretare questo brano, che Mafalda canta come se fosse uno spiritual. In Antonio si concentrano tecnica, sensibilità, passione e con Paul trova da subito una grande sintonia. Il risultato è avvincente e il trio produce alchimie emozionanti! Il secondo pezzo è uno degli slow più conosciuti del repertorio tradizionale napoletano: Anema ‘e core, una carezza che arriva diritta all’anima, dove una delle due chitarre esegue una sorta di canto essenzialmente monodico e l’altra l’accompagnamento armonico. Il finale è intenso, quasi drammatico: la vocalist canta in ginocchio, ad occhi chiusi, sciorinando una serie di vocalizzi che denotano una perfetta gestione delle nuances dinamiche… a  dir poco strepitoso!

My shining hour, brano che fu scritto nel 1943 per esere inserito nella colonna sonora di una commedia musicale,  ci riporta al jazz più convenzionale. L’ospite sul palco del Feronia è il marchigiano Marco Pacassoni, un maestro del vibrafono e della marimba, un vero incantatore, per come inanella i suoi rintocchi e le sue velocissime sequenze di note! L’abbiamo ascoltato anche in Jogral, con Gabriele Mirabassi, virtuoso del clarinetto a livello internazionale. Questo improvvisato quartetto ha dato vita ad un divertente gioco di scale e di relazioni armoniche.

La “voce” del clarinetto di Mirabassi è unica, penetrante, piena: la sua agilità nei passaggi solistici, e la sua destrezza interpretativa sono emerse prepotentemente in Azzurro, successo di Paolo Conte, forse tra i brani più applauditi della serata (eccezionale la riproduzione del fischio del treno di Mafalda!), in Nuages di Django Reinhardt, nella versione originale con testo in francese e Chega de saudade, focosa e travolgente, pezzo entrato nella leggenda per aver dato inizio al genere della bossa nova…dove Mafalda ha sfoggiato anche la sua anima e le sue doti da attrice (ha studiato con la Compagnia della Rancia di Saverio Marconi) usando linguaggi gestuali, oltre ad ineguagliabili effetti vocali, scat, shake acuti che lei utilizza con naturalezza sorprendente.

Avviandoci verso la fine, Giovanni Ceccarelli e Daniele Di Bonaventura, con gli eMPathia, ci regalano due incantevoli interpretazioni: Io che amo solo te di Sergio Endrigo e Dindi, per la quale è inutile cercare aggettivi… tale è la sua intensità, delicatezza, profondità. Un brano che amo visceralmente. Con un altro talento marchigiano, il sassofonista Maurizio Moscatelli, Mafalda e Paul eseguono Via con Me di Paolo Conte.

Dopo quasi tre ore di grande musica e spettacolo arriva implacabile il tempo del bis, con tutti gli artisti sul palcoscenico del Feronia, preceduto da una lettura scenica dei due attori che nel corso dello spettacolo avevano portato il loro contributo alla causa della solidarietà, recitando brani di Montale e di Quoist: il napoletano Alessandro Incerto (Un posto al sole, La squadra, I bastardi di Pizzofalcone) e il fiorentino Massimo Reale (reduce dal successo de  “Il Penitente” all’Eliseo di Roma con Luca Barbareschi e da quello televisivo nella serie “Rocco Schiavone” con Marco Giallini).

Il brano scelto, Samba da Bênção, la samba delle benedizioni (che servono sempre!), viene usato spesso dai grandi interpreti brasiliani, come forma di saluto, proprio nel finale dei concerti, assieme al mantra antico “saravà” (la forza che movimenta la natura…);  applausi a scroscio per eMPathia jazz duo plus Friends!

Il concerto è stato organizzato dalla MBM Management di Marco Bisconti, in collaborazione con il Comune e la Pro Loco di San Severino Marche.

Nota di colore: al di là della sua innegabile valenza solidale, l’evento ha avuto dei risvolti conviviali, momenti di grande condivisione e amicizia durante i quali gli artisti (e la sottoscritta) hanno potuto apprezzare l’ospitalità del popolo marchigiano e gli eccellenti prodotti gastronomici regionali!

Marina Tuni

La gallery fotografica è di Paolo Soriani Soriansky che ringraziamo!

“Ricominciamo dal Jazz: la solidarietà non si improvvisa!” L’eMPathia Jazz Duo di Mafalda Minnozzi e Paul Ricci a San Severino Marche il 10.12

“Il palcoscenico è la parte più importante del teatro, è un luogo magico dove nascono le azioni e dove fioriscono i sogni. Ed è proprio una chiamata all’azione quella di Mafalda Minnozzi, originata dal desiderio di “fare” qualcosa per la sua terra, le Marche, martoriata dal sisma dello scorso anno”.

Partiamo da queste parole degli organizzatori per restituire da subito il senso del progetto “Ricominciamo dal Jazz: la solidarietà non si improvvisa!”, in programma domenica 10 dicembre, con inizio alle 17.00, al Teatro Feronia di San Severino Marche (MC), che ha il nobile scopo di raccogliere fondi per avviare la ricostruzione del palcoscenico del Cinema Teatro Italia, importante spazio cittadino di aggregazione culturale reso impraticabile dal terremoto.

Questo è quanto proveranno a fare, attraverso la musica, la vocalist Mafalda Minnozzi e il chitarrista Paul Ricci, ovvero eMPathia Jazz Duo plus Friends, gli ideatori di questo evento di solidarietà che vede riuniti al Feronia artisti di levatura internazionale. A duettare con Mafalda e Paul sono attesi: il clarinettista Gabriele Mirabassi, il bandoneonista Daniele di Bonaventura, il pianista Giovanni Ceccarelli, il vibrafonista Marco Pacassoni e il chitarrista Antonio Onorato, oltre a due talentuosi musicisti locali: David Padella (contrabbasso) e Maurizio Moscatelli (tromba). Anche il mondo del teatro e della televisione ha risposto alla chiamata di Mafalda: ad aprire e chiudere lo spettacolo saranno infatti due testimonial d’eccezione. Il primo è l’attore napoletano Alessandro Incerto, apprezzato protagonista di fiction televisive di grande successo come Un posto al sole, La squadra, I bastardi di Pizzofalcone. Il secondo è l’attore fiorentino Massimo Reale, fresco del successo teatrale de “Il Penitente” all’Eliseo di Roma con Luca Barbareschi, Lunetta Savino e Duccio Camerini e da quello televisivo nei panni del dottor Alberto Fumagalli, nella serie “Rocco Schiavone” con Marco Giallini.

L’auspicio degli organizzatori, la MBM Management di Marco Bisconti, in collaborazione con il Comune e la Pro Loco di San Severino Marche, è quindi quello di chiamare a raccolta un pubblico quanto più numeroso possibile affinché l’obiettivo fissato possa essere conseguibile.Il sisma dello scorso anno in Centro Italia ha lasciato ferite profonde: nella sola San Severino sono più di mille gli edifici danneggiati e circa 1.500 le famiglie sfollate.

Mafalda è sempre molto vicina molto alla sua terra d’origine, dove ha vissuto la sua infanzia e dove ritorna nelle pause delle sue tournée internazionali, che riprenderanno all’inizio del 2018 con il Cool Romantics Tour, in partenza per gli Stati Uniti. A New York, l’eMPathia Jazz Duo si esibirà al leggendario Birdland, al Mezzrow e in altri locali “cult” della grande mela. Il nuovo progetto musicale è già stato presentato in Germania, Portogallo, Brasile.

A San Severino Marche, Mafalda e i suoi ospiti daranno vita ad una serata di straordinari incontri musicali, sotto la direzione artistica del chitarrista e arrangiatore statunitense Paul Ricci. Paul proviene dalla scena jazz newyorkese ed è un vero artista internazionale, un globetrotter della musica perennemente in tour sui palchi di tutto il mondo. Nel novero delle sue importanti collaborazioni vi sono Roy Haynes, Kenny Barron, Gary Burton, Bebel Gilberto, Astrud Gilberto, Mino Cinelu, Randy Brecker, Manolo Badrena e il grande Harry Belafonte.

La storia di Mafalda Minnozzi è a dir poco singolare. Il suo percorso, che la porterà verso il successo, inizia a Roma, dove si prepara con cura e affina il suo naturale talento studiando canto, danza moderna e infine recitazione alla scuola della Compagnia della Rancia di Saverio Marconi. Conquista il pubblico della “Cabala”, il locale della Capitale più famoso al mondo, entra nel cast di “UnoMattina” (RAI Uno) e la sua popolarità crescente la porta in tour in Italia e in Europa, fino ad approdare in Brasile. In questa terra, in 20 anni, ha costruito una storia di grandi successi pubblicando 12 CD e

2 DVD, partecipando ai più seguiti programmi televisivi e radiofonici delle principali reti brasiliane e duettando con artisti del calibro di Milton Nascimento, Toquinho, Martinho da Vila, Paulo Moura, Leny Andrade e Guinga, tra gli altri.

Performer carismatica, dotata di una estensione e di una gamma di timbri vocali fuori dal comune, Mafalda domina le note, plasmandole in melodie e sfumature sorprendenti. La sua voce è una lavagna d’ardèsia, è scura e cangiante e si tinge di riflessi colorati e di nuance vocali che Paul Ricci, con la sua chitarra, riveste di una delicata ed essenziale trama sonora. Il suo repertorio è dedicato alla grande musica autorale italiana e del mondo, alla bossa nova, alla “chanson” francese, al songbook americano. Il nostro direttore Gerlando Gatto, in una sua recensione, l’ha paragonata a Caterina Valente: “… Mafalda è un artista veramente cosmopolita, che canta in diverse lingue con piena padronanza delle stesse e con estrema disinvoltura … mi viene in mente Caterina Valente …”

Per informazioni e prenotazioni: Pro Loco 0733 638414 (da martedì a domenica dalle 9 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 19). Ingresso: Euro 20,00. Posti numerati prenotabili anche telefonicamente con ritiro dei biglietti al botteghino del Teatro Feronia fino a 30 minuti dall’orario di inizio del concerto.

www.empathiajazz.com /// www.youtube.com/empathiajazzduo

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Sarah Jane Morris, Antonio Forcione: un duo che emoziona e trascina

Le collaborazioni tra vocalist e chitarristi non sono certo un fatto nuovo nel mondo del jazz. L’apice è stato raggiunto dal celeberrimo duo Ella Fitzgerald-Joe Pass che ha dato vita ad album oramai storici come “Take Love Easy” del 1973, “Fitzgerald and Pass…Again” del 1976, “Easy Living” del 1986. E tutti giocati su un repertorio costituito in massima parte da standard riproposti in veste minimale, con voce e chitarra acustica. Ma Ella e Joe non sono stati gli unici. Nell’arco degli anni ricordiamo Tuck and Patty, Sammy Davis Jr protagonista di due album oramai classici, uno con  Mundell Lowe per la Decca negli anni ’50 e l’altro alla fine dei ‘60 con Laurindo Almeida, Julie London accompagnata da Barney Kessel o Howard Roberts, Sheila Jordan con Barry Galbraith … fino a giungere ai giorni d’oggi con il duo “Empathia” costituito da Mafalda Minnozzi e Paul Ricci.

In questo glorioso filone si è inserito, oramai da qualche tempo, un altro duo di straordinaria valenza: Sarah Jane Morris e Antonio Forcione.

I due si sono esibiti di recente all’Auditorium Parco della Musica di Roma ottenendo uno strepitoso successo, per altro assai meritato.

In effetti si tratta di due musicisti di eccezionale livello: Sarah Jane Morris, (Southampton, 21 marzo 1959) è una cantante, compositrice, attrice britannica capace di interpretare con egual classe musica jazz, rock e R&B. Particolarmente legata al nostro Paese, che lei stessa definisce la sua seconda casa, non perde occasione per esibirsi dalle nostre parti trovando sempre un’ottima accoglienza.

Antonio Forcione (Montecilfone in Molise 1960) è un compositore, chitarrista, produttore che, dopo alcune esperienze nel nostro Paese, nel 1983 si trasferisce in Gran Bretagna dove ottiene unanimi riconoscimenti tanto da essere considerato, dagli stessi inglesi, uno dei musicisti più vitali ed originali dell’attuale scena musicale britannica; nel luglio 2012 inizia a collaborare ed esibirsi con Sarah Jane Morris.

Illustrate per somme linee la personalità dei due musicisti, si capisce bene il perché i due stanno ottenendo ovunque grandi consensi e il perché ogni loro concerto si concluda con una prolungata ed entusiasta standing ovation. Così alcuni critici hanno avvicinato il loro stile, l’intensità che mettono nelle loro interpretazioni, il modo in cui sanno raccontare in musica le proprie esperienze a veri e propri geni quali Janice Joplin, Tom Waits e Jimi Hendrix.

A Roma hanno presentato la loro ultima fatica discografica, “Compared To What”, album tutto giocato su un repertorio originale (ben otto brani scritti da Sarah Jane Morris, Antonio Forcione e Johnny Brown) cui si aggiungono altri quattro pezzi: “Blowin in The Wind” di Bob Dylan, “Message in a Bottle” di Sting, la title-track di Gene McDaniels e “Superstition” di Stevie Wonder. Il filo conduttore sia del disco sia del concerto è la precisa volontà di affrontare tematiche sociali di attualità e quindi di grande impatto; il tutto coniugato con arrangiamenti moderni e originali. Così ecco “Comfort Zone” che parla di violenza sulle donne, dedicato alle prostitute uccise a Ipswich nel 2006 da un serial killer, che evidenzia tutte le straordinarie capacità attoriali della Morris, in grado di calamitare l’attenzione degli spettatori senza minimamente alcunché forzare e pur tuttavia riuscendo a toccare l’animo di chi l’ascolta; ecco “The Sea” sul dramma dei profughi nel mar Mediterraneo, “I Bare My Soul” sull’incertezza del futuro. Accanto a queste tracce di impegno sociale, ci sono anche canzoni d’amore (“Awestruck” che apre l’album), d’ironia (“All I Want Is You”) e quelle tre cover cui abbiamo già fatto riferimento: “Message in a Bottle”, “Superstition” e “Blowing in the Wind”.

Per quanto concerne la modernità degli arrangiamenti, l’esempio migliore è costituito da “Blowing in the Wind”; ma l’essenzialità che caratterizza questo brano, il basarsi quasi esclusivamente sulla semplicità dell’esecuzione e dell’interpretazione, ha costituito la cifra stilistica dell’intero concerto romano. Chitarra e voce dialogano in modo convincente: Sarah Jane canta con la sua voce possente, ma allo stesso tempo calda, sensuale e avvolgente, dando un senso preciso ad ogni singola parola del testo; il suo stile, che la rende così personale, coniuga perfettamente una sensibilità pop con quella flessibilità che le deriva dall’amare e dal frequentare territori prettamente jazzistici. Dal canto suo Antonio Forcione crea una sorta di straordinario tappeto che mai si sovrappone alla voce, dando anzi alla Morris la capacità di far emergere la valenza del testo. La chitarra è quindi essenza musicale allo stato puro, mai una nota fuori posto, mai un fraseggio che non sia funzionale al discorso interpretativo, mai sfoggio di bravura ‘inutile’. Pochissime volte durante il concerto Forcione si è lanciato in spericolati assolo ma ogni volta – come ad esempio in “All I Want Is You” – è stato un tripudio di applausi.

Insomma una serata da incorniciare.

Gerlando Gatto

A Proposito di Jazz ringrazia Michele Stallo per la concessione delle immagini

I NOSTRI CD. Luci ed ombre dalle novità discografiche dall’Italia e dall’estero

Antonella Chionna – “Rylesonable” – Dodicilune 371
Spero di non attirarmi la solita valanga di critiche quando mi capita – ad onor del vero piuttosto raramente – di parlare male di qualche disco. Ecco questo “Rylesonable” è un album che ben difficilmente ascolterei una terza volta (prima di recensirlo l’ho ascoltato attentamente due volte). Nato nel corso di un tour della Chionna negli Stati Uniti e registrato nel Rear Window Studio di Brookline, l’album presenta accanto alla vocalist, il pianista Pat Battstone, il contrabbassista Kit Demos e il vibrafonista Richard Poole. Un combo, quindi, di tutto rispetto che si avventura, però, su un territorio che il vostro cronista non apprezza particolarmente. In repertorio otto brani frutto della collaborazione tra i quattro musicisti, cui si aggiungono “Sophisticated Lady” di Duke Ellington, Irving Mills e Mitchell Parish, “Lover Man / Nature Boy” di Jimmy Davis, Roger Ramirez, James Sherman ed Eden Ahbez, “Fida (to Carla)” con testo della Chionna su musica del chitarrista e compositore pugliese Gabriele di Franco e “Rather Life”, liberamente ispirato da un poema di André Breton. Dopo il lavoro in duo “Halfway to Dawn” con il chitarrista Andrea Musci, la giovane cantante tarantina Antonella Chionna ritorna, quindi, con un altro disco che evidenzia le potenzialità della sua voce. E su questo non ci sono dubbi. Ma allora perché estremizzare la performance, perché spingere il tutto come a voler rifiutare qualsivoglia leggibilità? L’impressione è che alle volte, spinti dalla voglia di evidenziare le proprie potenzialità, alcuni musicisti – soprattutto giovani – insistano un po’ troppo sul lato tecnico dimenticando che la musica è anche, se non soprattutto, trasmissione di emozioni.

Claudio Cojaniz – “Stride Vol.3 – Live” – Caligola 2223
“Sound of Africa – Caligola 2228
Claudio Cojaniz è musicista sincero, coraggioso, che non ha paura di esprimere le proprie convinzioni sia con le parole sia con la musica. Questi due album ne sono l’ennesima conferma, se pur ce ne fosse stato bisogno.
Il primo, registrato il 18 luglio del 2015 durante un concerto all’Arena del Parco Azzurro di Passons in provincia di Udine, rappresenta il terzo episodio di una riuscitissima serie che la Caligola sta dedicando alla valorizzazione di questo artista friulano. In questo terzo volume Cojaniz esegue in piano-solo un repertorio in cui a brani tratti dal songbook jazzistico si alternano canzoni come “Il nostro concerto” o “Michelle” e un pezzo folkloristico macedone. Indipendentemente dal materiale che si trova ad affrontare, il pianismo di Cojaniz mantiene una sua intima coerenza: robusta tecnica ma usata con parsimonia, armonizzazioni mai banali, spiccata sensibilità melodica (si ascolti al riguardo il brano d’apertura (“I loves you Porgy” di George & Ira Gershwin), perfetta padronanza della dinamica, uno spiccato senso del blues (particolarmente evidente in “Nobody knows you when you’re” down and out), assoluta coerenza nel mai disgiungere il suo impegno politico dalla musica (ecco quindi la riproposizione di “Gracias a la vida” di Violeta Parra) e quindi nessuna paura di osare quando lo ritiene necessario. In questo senso da segnalare, in conclusione, la toccante versione de “Il nostro concerto” un brano che tra le dita di Claudio riesce a esprimere tutta la delicatezza e l’amore di cui era capace Umberto Bindi.
Abbiamo già parlato dell’impegno politico di Cojaniz e questo “Sound of Africa” si inserisce proprio in tale contesto. Realizzato nel marzo del 2017, è frutto di una collaborazione tra l’associazione TimeforAfrica di Udine e Caligola Records di Venezia; il ricavato andrà infatti a finanziare un progetto educativo per le famiglie dei minatori sudafricani di Marikana, sterminati dalle forze di polizia nel 2012 durante uno sciopero indetto per protestare contro le condizioni di vita. L’album è stato presentato in prima assoluta durante “Udin&Jazz 2017” con grande successo; il disco ricrea appieno le atmosfere vissute durante il live. Splendidamente completato da Alessandro Turchet, contrabbasso, Luca Grizzo, percussioni e voce e Luca Colussi, batteria, il quartetto non scimmiotta posticce atmosfere africane, ma si rifà alla cultura di quel continente per trarne fonte di ispirazione: quindi l’Africa come una sorta di madre musicale, da cui ha preso le mosse anche il jazz. Non a caso l’album inizia con l’esecuzione per piano solo dell’inno nazionale sudafricano, anche se già dopo un minuto entrano in azione gli altri tre musicisti ed il brano, sorta di medley, diventa così –informa una nota della Caligola – “una composizione originale di Cojaniz, Capetown, contrariamente a quanto indicato nelle note di copertina”. E non a caso Cojaniz ha composto e incluso nell’album il brano “Marikana” proprio in ricordo di quella strage cui prima si faceva riferimento. Insomma un’altra, l’ennesima, prova di maturità del pianista friulano che si esprime al meglio anche come compositore dal momento che la quasi totalità delle composizioni sono sue.

eMPathia – “COOL Romantics” – mpi 2316
“eMPathia” è un duo che ti conquista immediatamente sia che lo ammiri in concerto sia che ascolti un suo disco. E i motivi sono molteplici. Innanzitutto la bravura dei musicisti: Mafalda Minnozzi è una vocalist dotata di grandi mezzi vocali, di squisita sensibilità e di una rara presenza scenica; oramai da molti anni si è fatta ambasciatrice della buona musica italiana nel mondo ottenendo straordinari successi soprattutto in Brasile, sua seconda patria. Paul Ricci, chitarrista di origini italiane, è strumentista che coniuga una tecnica sopraffina ad una non comune capacità di arrangiare i brani non facili che i due presentano. Lavorando assieme da molti anni, i due hanno sviluppato una bella intesa declinata attraverso un’operazione a sottrarre nel senso che hanno ricercato l’essenziale, risultato perfettamente raggiunto in questo album che rappresenta il coronamento di una trilogia, iniziata con “eMPathia jazz duo” e proseguita con “Inside”. Alle prese con un repertorio di estrema difficoltà, comprendente brani arci noti tratti dal pop, dal jazz, dalla musica brasiliana, dalla musica cantautorale italiana come “Insensatez”, “Dindi”, “Triste sera” di Luigi Tenco, “Nuages” forse la più bella composizione di Django Reinhardt, “Via con me” di Paolo Conte, i due riescono a trascendere le sonorità proprie dei linguaggi su accennati per attingere ad una forma espressiva nuova, originale. Forma espressiva che trae origine da un lato dalle diverse esperienze che i due hanno vissuto lavorando sui palcoscenici di mezzo mondo – dall’ Europa all’America latina… agli Stati Uniti d’America, dall’altro dalla facilità con cui i due riescono a improvvisare sulla scena sorretti da quell’intesa cui prima si faceva riferimento e da un gusto particolare per fitte trame melodico-armoniche sorrette sempre da un ritmo, alle volte sotto traccia, che Paul riesce a infondere in ogni esecuzione.

Fatsology – “A Tribute To The Music of Fats Waller” – abeat 170
Un sestetto di All Stars impegnate in un tributo a Fats Waller, pianista, cantante, interprete e compositore di alcuni brani memorabili. Protagonisti Gianni Cazzola il decano della batteria jazz italiana essendo sulla scena da oramai una sessantina d’anni, Sandro Gibellini chitarrista di ampie vedute e di altrettanto ampi consensi, Alan Farrington eccellente crooner, Alfredo Ferrario uno dei migliori clarinettisti di genere traditional in Italia, Marco Bianchi vibrafonista di grande sensibilità, Roberto Piccolo contrabbassista tra i più richiesti. La musica di Fats Waller è straordinaria contenendo in sé una valenza che per tanti anni non ha trovato eguali: non a caso era la musica che ha fatto ballare l’America per tanti anni e non a caso alcuni suoi brani sono rimasti immortali. Nel programma del CD tredici brani arrangiati in modo magistrale da Sandro Gibellini che guida il gruppo con energia, con classe inducendo tutti a suonare con gioia e partecipazione. Tutto bene, quindi? Non proprio ché alla freschezza del gruppo nella sua versione strumentale, si contrappone una voce che per quanto valida poco si adatta, almeno a nostro avviso, ad eseguire questo particolare repertorio. In effetti le interpretazioni di Fats Waller rimangono irraggiungibili quanto a musicalità e senso dell’ironia, dote, quest’ultima, cha manca completamente al pur bravo Alan Farrington; e per rendersene conto basta ascoltare i due brani più celebri di Waller, “Ain’t Misbehavin” e “Honeysuckle Rose”.

Paolo Fresu – “Two ” – Tuk 016
“Magister Giotto” – Tuk 020
Paolo Fresu è attualmente, senza ombra di dubbio, la punta di diamante del movimento jazzistico italiano. E questo non solo per le straordinarie capacità musicali, per lo smisurato talento, ma anche per la personalità dell’uomo che ama spendersi nelle più diverse occasioni, che mai si tira indietro, che ama- come suol dirsi- metterci la faccia. Emblematico, al riguardo, il suo contributo per organizzare i grandi concerti de L’Aquila. Il tutto senza minimamente incidere sulla qualità delle sue produzioni artistiche. E ne abbiamo un altro esempio in questi due album, l’uno più bello dell’altro.
In “Two Minuettos”, ad 8 anni di distanza dall’ultima collaborazione documentata dall’album “Think” uscito per la Blue Note/Emi, Fresu è tornato a duettare con il pianista Uri Caine in occasione dei tre concerti milanesi che il duo tenne al Teatro dell’Elfo dal 27 febbraio al 1 marzo 2015. Si, tratta, quindi di un live articolato su nove brani molto differenti che vanno da Bach a Bruno Lauzi passando attraverso Gershwin, Mahler, Joni Mitchell, Eden Ahbez e Barbara Strozzi, compositrice e soprano (1619 -1677), figura di rilievo della musica barocca veneta, oggi conosciuta soltanto da pochi esperti, a conferma di quanto possa essere vasto e completo l’universo musicale frequentato dal trombettista sardo. Ed è un vero godimento per le orecchie ascoltare con quanta passione, competenza, determinazione i due affrontano pagine musicali talmente distanti tra di loro. Il flicorno di Fresu disegna, con la solita eleganza, eleganti linee melodiche ben sorrette da un Uri Caine, con il suo classico contrappunto, assolutamente a suo agio nel completare quell’universo jazzistico in cui inserire le esecuzioni. Ecco quindi le note dei due che si incastonano a meraviglia sì da far assurgere a nuova modernità quei pezzi classici cui prima si faceva riferimento.
“Magister Giotto” è un album particolare: il trombettista sardo, in occasione dell’esposizione “Magister Giotto”, in programma dal 13 luglio al 5 novembre prossimo, presso la Scuola Grande della Misericordia a Venezia, per i 750 anni della nascita del grande artista fiorentino, ha realizzato uno speciale CD, dal titolo omonimo e dal formato assolutamente atipico, con in copertina una delle immagini celebri di Giotto, “Incontro di Anna e Gioacchino alla Porta d’Oro”, per gentile concessione del Comune di Padova. Graficamente splendido anche il libretto d’accompagno con una serie di foto che richiamano diversi colori e che contengono le indicazioni sui brani. A quest’ultimo riguardo occorre precisare che Fresu ha scelto alcuni pezzi del già ricco catalogo Tuk Music, la casa discografica da lui stesso fondata, per creare una sorta di colonna sonora che accompagna il pubblico durante il suo viaggio alla scoperta di Giotto. Così accanto al trombettista abbiamo modo di ascoltare, divisi in vari organici ancora Uri Caine, Omar Sosa, Jaques Morelembaum, Daniele di Bonaventura, Gianluca Petrella, I Virtuosi Italiani, Michele Rabbia, Leila Shirvani, William Greco, Marco Bardoscia, Emanuele Maniscalco. Insomma una realizzazione molto, molto particolare che non a caso inaugura la Tuk Art, sezione della Tuk Music dedicata alle forme del figurativo.

Roberto Gatto – “Now!” abeat 172
Roberto Gatto è unanimemente considerato uno dei migliori batteristi, non solo italiani, attualmente in esercizio. Sorretto da una grandissima passione, si è fatto le ossa studiando sodo e collaborando con artisti di assoluto livello quali Johnny Griffin, George Coleman, Joe Zawinul, Curtis Fuller … tra gli altri. Oggi ovunque si vada Roberto è uno dei non molti jazzisti italiani conosciuti ed apprezzati. E questo album conferma quanto già di buono si sapeva sul suo conto non solo come batterista ma anche come leader e fautore di validi progetti. Ad accompagnarlo Alessandro Presti alla tromba, Alessandro Lanzoni al piano (vincitore del TOP JAZZ 2013, nella categoria Miglior Nuovo Talento) e Matteo Bortone al contrabbasso (cui è stato assegnato il premio Maletto del Top Jazz 2015). Insomma un quartetto di eccellenti musicisti che si misura su un repertorio che annovera nove originals, due standards (“I’ve Got You Under My Skin” di Cole Porter e “Thelonious” di Monk) e una moderna composizione di Chris Potter “Tick Tock”. Il terreno su cui si muovono i quattro è quello prettamente jazzistico, senza se e senza ma, vale a dire la giusta carica di swing, il piacere dell’interplay, la propensione ad improvvisare… e soprattutto quel lirismo, quel gusto per le belle melodie che sono patrimonio precipuo dei jazzisti italiani. Roberto sostiene il gruppo con il suo impeccabile drumming, con quel senso del tempo che tutti gli riconoscono e riesce così di volta in volta a lanciare i vari solisti che hanno modo di estrinsecare tutte le proprie potenzialità. Ad esempio ascoltiamo Alessandro Presti disegnare le ardite volute di “Tick Tock” con un suono netto, quasi senza vibrato e interpretare con sincera partecipazione il suo brano “Amastratum” mentre Matteo Bortone, valido partner di Gatto in tutto il disco, si fa particolarmente apprezzare sia in “Thelonious” sia nella sua “May”; infine Lanzoni dimostra di essere musicista oramai maturo anche dal punto di vista compositivo grazie al suo convincente “Brendy”.

Tigran Hamasyan – “Atmosphères” ECM 2414/15
“An Ancient Observer”
Tigran Hamasyan, giovane e dotato pianista di origine armena, si ripresenta con due realizzazioni discografiche: un doppio CD per la ECM e un album per la Nonesuch. Ambedue gli album confermano appieno quanto di buono già si conosceva di questo talento anche perché lo si ascolta in contesti diversi. Ma procediamo con ordine.
Il titolo “Atmosphères” illustra assai bene il relativo contenuto musicale, vale a dire le atmosfere cangianti, ora oniriche, ora più materiche (si ascolti “Trace II”) proprie della cifra stilistica del pianista armeno. L’album, registrato nel giugno del 2014 presso l’Auditorio della Radiotelevisione Svizzera a Lugano, coglie Tigran accompagnato da un trio di straordinari musicisti norvegesi quali Arve Henriksen alla tromba (magnifici i suoi assolo in “Traces IV” e in “Garun A”), Eivind Aarset alla chitarra e Jang Bang ai campionamenti. Sciolti da ogni legame precostituito, i quattro danno libero sfogo alla propria creatività producendo una musica in cui non è facile distinguere tra pagina scritta e parti improvvisate… ammesso che ciò sia importante. Invece è determinante il fatto che Hamasyan e compagni riescono a coniugare il linguaggio jazzistico – anche il più spinto – con la tradizione armena; funzionale a tale obiettivo è la scelta del repertorio costituito sia da composizioni originali sia da brani di Padre Komitas Vardapet, forse il più importante rappresentante della moderna musica armena. Di grande sostanza il pianismo di Tigran, che senza esagerare, senza forzare, gioca sulla dinamiche, sul timbro dello strumento ottenendo risultati del tutto personali. Dal canto loro i musicisti norvegesi – ma non è certo una sorpresa – seguono perfettamente gli intenti del leader aggiungendo un tocco di sognante impressionismo che qualifica ulteriormente l’album.
In “An Ancient Observer” ritroviamo Tigran Hamasyan in solitaria, impegnato sia al pianoforte sia alla voce, sia alle tastiere e agli effetti elettronici. E le impressioni non mutano, salvo il fatto che non sentendosi in qualche modo vincolato dalla presenza di altri musicisti, il pianista dà libero sfogo al proprio talento riuscendo ad esprimere appieno tutte le varie sfaccettature della sua complessa personalità. In qualche caso, specie quando abbandona il pianoforte, ciò lo porta ad esagerare, ad abbandonare quella sorta di minimalismo che invece caratterizzava il precedente doppio album. Eccolo comunque, passare con disinvoltura dalla danza barocca all’hip-hop, dalla musica da camera al cantautorato, dal jazz al folk tenendo, però, sempre ben presente le sonorità del suo paese. Tigran esegue dieci nuove composizioni che, come egli stesso afferma, sono “delle osservazioni musicali sul mondo nel quale viviamo, e sul peso della storia che portiamo con noi.” E sono composizioni che evidenziano appieno il suo profondo senso compositivo, con equilibrio strutturale e linee melodiche alle volte di straordinaria suggestione.

Hard Up Trio – “Waves” – CDLN
Quando si parla di post free, di jazz informale, di musica improvvisata…o comunque la si voglia chiamare credo sia giunto il momento di porre qualche punto fermo ad evitare che si ascolti musica di nulla o scarsa valenza. Ecco, a mio avviso, quando ci si cimenta con questo genere di linguaggio, occorre che sia rispettata almeno una delle seguenti condizioni: che si tratti di musica totalmente improvvisata sì da configurare una sorta di composizione istantanea (alla De Mattia tanto per intenderci), o che gli artisti siano talmente ad alto livello da presentare un jazz originale che non contenga alcunché di scontato. Purtroppo in questo album non sentiamo soddisfatta alcuna delle suddette condizioni. L’ “Hard Up Trio”, al secolo Andrea Morelli sax tenore, soprano, sopranino, Massimo “Maso” Spano contrabbasso, Alessandro Garau batteria sono musicisti ben preparati, conoscono i rispettivi strumenti e possono anche contare su una buona intesa dato che suonano assieme da qualche tempo e questo è il loro secondo album. Ma tutto ciò non basta. La loro è una musica che si lascia ascoltare, a tratti anche con interesse dato il mélange di diversi input, ma non si avverte alcun guizzo che ridesti l’attenzione dell’ascoltatore né dal punto di vista esecutivo né da quello compositivo (tutti i nove brani sono composizioni originali, tre di Garau, cinque di Morelli e una di Spano). Insomma, per dirla con Ashley Khan, manca quel quid “di casual e organico che può fare di una band molto di più della somma delle sue parti”.

Sean Jones – “Live From Jazz at The Bistro” – Mack Avenue
Registrato a St. Louis’ Jazz al the Bistro club dal 3 al 5 dicembre del 2015, questo album ci presenta l’abituale quartetto guidato dal trombettista e flicornista Sean Jones con il pianista Orrin Evans, il bassista Luques Curtis e il batterista Obed Calvaire, sostituito in quattro brani da Mark Whitfield Jr. mentre in altri quattro pezzi si ascolta un altro vecchio e caro amico di Jones, vale a dire il sassofonista alto e soprano Brian Hogans. La prima impressione che si ricava dall’ascolto dell’album – l’ottavo firmato da Sean per la Mack Avenue – è quella di una perfetta intesa e ciò si spiega con il fatto che il quartetto di Jones lavora assieme da ben undici anni, cosa di certo poco comune nell’attuale panorama jazzistico internazionale. In un contesto talmente ben collaudato è risultato facile l’inserimento degli altri due musicisti cosicché l’album nulla perde della sua intrinseca coerenza a prescindere dall’organico. In programma sette composizioni originali di cui quattro del leader, una cadauno rispettivamente di Brian Hogans e Orrin Evans e il traditional “Amazing Grace”. Sin dalle primissime note, tutti i brani evidenziano quella compattezza cui prima si accennava (si ascolti già nel brano d’apertura “”Art’s Variable” dedicato a Art Blakey l’entusiasmante intesa tra il leader e la sezione ritmica con il pianista Orrin Evans che si produce in un notevole assolo) e la capacità dei musicisti di porsi a totale servizio della musica pur conservando ampi spazi di improvvisazione. Comunque in primo piano è quasi sempre Sean Jones con il suo sound così caldo, corposo, capace di transitare con facilità da atmosfere melodiche a climi ben più arroventati. (altro…)

A Chianciano Terme rinasce Banda Sonora

Banda Sonora

Foto di Michele Stallo

 

Meglio di così non poteva andare: è questa la prima considerazione che ci sorge spontanea nel momento in cui ci accingiamo a descrivere quanto accaduto durante la prima edizione di “Acqua e vino – Chianciano Terme – Music Jazz Festival” svoltasi dal 21 al 23 aprile.

Bisogna dare atto a Jonathan Giustini di aver posto in essere una macchina organizzativa ben funzionale e soprattutto di aver progettato una serie di eventi tutti di eccellente livello, dai convegni agli aperitivi musicali ai concerti di fine serata, tutti ad ingresso gratuito e tutti gratificati da una folta affluenza di pubblico; insomma tutto è filato liscio come l’olio, eccezion fatta per il freddo cane che ci ha funestati nella giornata inaugurale… ma siamo sicuri che Jonathan nelle prossime edizioni saprà risolvere anche questo problema.

Scherzi a parte la manifestazione si proponeva due obiettivi fondamentali: rilanciare le eccellenze del territorio e  ricordare a tutti gli appassionati di musica la meravigliosa avventura di “Banda Sonora”.

Ebbene i due obiettivi sono stati centrati alla grande: nella splendida cornice delle Terme di Sant’Elena, che nel passato avevano ospitato illustri artisti come Ella Fitzgerald e il Quartetto Cetra, si sono avvicendati giornalisti, esperti di settore e musicisti i quali hanno potuto godere del magnifico connubio rappresentato dalle acque termali e dal vino che rappresentano eccellenze del territorio di Chianciano Terme e più in generale della Toscana . Il tutto impreziosito da Arcicaccia che ha curato la parte culinaria offrendo agli astanti piatti tipici di cacciagione.

Ma veniamo alla cronaca delle tre giornate. L’ingrato compito di rompere il ghiaccio nel pomeriggio di venerdì 21 è toccato al vostro cronista che ha tracciato le linee principali della storia del jazz dalle origini al bebop. A seguire l’amico e collega Fabio Ciminiera ha presentato l’ultima sua fatica editoriale, “Aldo Franceschini. Un racconto musicale”, un agile volume che attraverso i ricordi di Franceschini personaggio storico del jazz pescarese e non solo, ripresi puntualmente da Ciminiera, inducono uno sguardo non banale tra passato, presente e futuro.

Sabato pomeriggio due incontri di grande interesse: il collega Paolo Prato ha svolto una relazione su un tema delicatissimo come il rapporto tra jazz e musica classica; con l’ausilio di supporti sonori Prato ha proposto una convincente lettura storica e critica dei molteplici sconfinamenti che i due generi hanno sperimentato e continuano a fare. Successivamente il giornalista e performer Maurizio Principato ha tracciato un ritratto di Frank Zappa, ritratto che però avrebbe meritato più tempo.

Domenica incontro con Antonio Ribatti direttore di Ah-Um Milano Jazz Festival, Simone Graziano pianista vice presidente Midj e Daniele Malvisi sassofonista, referente MIDJ Toscana.

Chiusa la parte dei convegni, ogni pomeriggio si è passati alla musica e qui abbiamo registrato la prima bellissima sorpresa: l’ascolto di Marco Massa che, per fortuna, si è esibito tutte e tre le giornate. Conoscevamo il cantautore milanese per averlo ascoltato in alcune registrazioni ma ammirarlo dal vivo è tutta un’altra storia. Marco, oltre ad essere dotato di una splendida voce e di una solida preparazione strumentale, ha una capacità di comunicare che davvero ti colpisce, ti emoziona. E la cosa straordinaria è che questo tipo di sensazioni riesce a trasmetterle non solo quando porge le proprie composizioni ma anche quando interpreta brani altrui con l’ausilio della chitarra: superlative le versioni di “Lazzari felici” di Pino Daniele e di “Quando ti ho vista” di Piero Ciampi. Marco riesce così a intavolare un vero e proprio discorso con il pubblico che lo segue con attenzione e si lascia docilmente trasportare in quel clima intimistico, raccolto in cui vena cantautorale e inflessioni jazzistiche si mescolano a creare un unicum irripetibile.

Nei pomeriggi del 22 e 23 a Marco Massa si è unito il duo Empatia (leggi Mafalda Minnozzi alla voce e Paul Ricci alla chitarra) che sono arrivati inaspettatamente a Chianciano prima di partire per una tournée di presentazione del loro ultimo album – “Coll Romantics” – che li porterà sino in Germania. Ed è stato un bel sentire ché l’entusiasmo della Minnozzi e la classe cristallina della chitarra di Paul hanno ancora una volta conquistato gli spettatori.

Sempre nel corso di questi “aperitivi” musicali abbiamo assistito ad alcune performances solitarie della contrabbassista Federica Michisanti la quale ha confermato quanto di buono avevamo percepito ascoltando il suo album “Isk” vale a dire una solida preparazione di base ma soprattutto la capacità di saper improvvisare pur suonando uno strumento che non si presta facilmente ad esibizioni solitarie.

Come si accennava in apertura, tutti e tre i concerti serali sono risultati di eccellente livello.

Venerdì si è esibito “On The Rock’s” un duo costituito da un’artista originaria della Toscana ma ben nota ed apprezzata a livello nazionale, Federica Zammarchi, e dal giovane e talentuoso tastierista Gianluca Massetti cui si sono uniti, per l’occasione, il polistrumentista (sax, clarinetto, flauto) e compositore Alessandro Papotto già con il Banco del Mutuo Soccorso e Federica Michisanti al contrabbasso-piccolo. Il nome del duo è quanto mai esplicativo in quanto il combo si muove lungo coordinate ben precise che ripercorrono in chiave jazz alcuni classici della storia del rock così come la stessa vocalist tempo fa ebbe modo di affermare: “il repertorio del genere (jazz) ha sempre attinto alla musica popolare amata dalla gente in un certo periodo storico: all’inizio era Broadway, poi gli stessi grandi utilizzarono musica “diversa” per riconquistare un pubblico che avevano in parte perso, si pensi ad Ella Fitzgerald e Sarah Vaughan che cantarono i Beatles.” Di qui un sound trasversale , influenzato a tratti da gruppi europei come l’ Esbjörn Svensson Trio, a tratti da gruppi più propriamente rock come i King Crimson o da una vera e propria icona come David Bowie. Così in rapida successione abbiamo ascoltato “L’animale” di Battiato, “Heart Shaped Box” dei Nirvana, “Splendido splendente” della Rettori, “Enter Sandman” dei Metallica, l’immancabile “Space Oddity” di David Bowie (pezzo che aveva dato nel 2011 il titolo ad un album della Zammanchi ‘Jazz Oddity – A Power Jazz on David Bowie’s Music’), “Karma Chameleon” dei Culture Club, “Walking On Air” dei King Crimson interpretato in maniera assolutamente superlativa, “Time Is Running Out” dei The Muse, ancora un brano di David Bowie “After All”, “Ma che freddo fa” di Nada e “Barbie Girl” degli Acqua offerto come bis. Il duo ha suonato ancora una volta in maniera assai convincente con la Zammarchi, già voce degli Agricantus, ad affrontare partiture assai note rileggendole in chiave originale, ben coadiuvata da Gianluca Massetti di cui sentiremo parlare ancora a lungo. Il multistrumentista Alessandro Papotto, la cui classe era ben nota, si è inserito magnificamente nel contesto disegnato dal duo contribuendo non poco alla bella riuscita del concerto. Così come ha fatto la giovane Federica Michisanti nei pochi brani in cui è stata impiegata.

Sabato 22 aprile cambio totale di atmosfere con il Battista Lena Trio “rinforzato” dalla presenza di Enrico Rava special guest. Battista Lena rappresenta una delle vere eccellenze del jazz italiano, nonostante da tempo si sia ritirato in Toscana e le sue apparizioni live siano piuttosto rade. Eccellente chitarrista ma ancor di più raffinato compositore, Battista ha avuto un ruolo fondamentale nella buona riuscita del festival in quanto è stato protagonista di ben due serate su tre. Il sabato, come accennato, si è presentato in quartetto con Gabriele Evangelista al contrabbasso, Marcello Di Leonardo alla batteria e Enrico Rava con il quale Lena aveva a lungo collaborato negli anni scorsi: ricordiamo tra l’altro “L’opera va” (Label bleu 1992), “I cosmonauti russi” (Label bleu 2001). Facile, quindi, ritrovare l’intesa ed affrontare un repertorio variegato che comprendeva classici del jazz e composizioni originali del chitarrista. I quattro hanno suonato per oltre un’ora e mezzo, senza denotare un solo attimo di stanca, con la musica che scorreva fluida impreziosita sia dall’interplay totale che si è respirato sin dalle primissime note, sia dalla bravura dei singoli che non hanno disdegnato momenti di stimolante improvvisazione.

Domenica 23 aprile il momento clou del Festival, il concerto su cui, dal  punto di vista musicale, è stato costruito l’evento centrale: in questo 2017 ricorrono i venti anni di Banda Sonora, ovvero della Banda Bonaventura Somma di Chianciano Terme che nel 1997 incontrava il jazz, in una formula che avrebbe fatto storia. Nello stesso 1997 Battista Lena registra “Banda Sonora” per l’etichetta francese Label Bleu in un progetto che accomuna la Banda Bonaventura Somma ad alcuni dei massimi esponenti del jazz italiano quali Enrico Rava, Gabriele Mirabassi, Gianni Coscia, Enzo Pietropaoli, Marcello Di Leonardo. L’iniziativa ottiene un successo strepitoso: Banda Sonora viene replicato in numerosi festival europei e in Cina mentre il CD guadagna lo “Choc de la Musique” della rivista Lazzman e le “ffff” di Telèramà; nasce anche un film per la regia di Francesca Archibugi, “La strana storia di Banda Sonora”. Ebbene Jonathan Giustini ha avuto la brillante idea di riunire questa straordinaria formazione ottenendo l’immediata disponibilità in primo luogo della Banda Musicale dell’Istituto Bonaventura Somma di Chianciano, una delle più antiche e prestigiose scuole di musica italiane diretta da Luca Morgantini e presieduta da Luciano Pocello, cui si sono aggiunti, così come vent’ anni fa,  alcuni straordinari musicisti quali Enrico Rava, Gabriele Mirabassi (clarinettista anch’ egli assiduo compagno  di Battista Lena in numerose realizzazioni), Gabriele Evangelista, Marcello Di Leonardo e naturalmente Battista Lena che ha anche scritto le musiche per questa nuova avventura. Ed è stato davvero emozionante domenica sera vedere schierata la Banda, diretta come nel 1997 dal Maestro Paolo Scatena eseguire al meglio le partiture di Lena: da “Stabat mom” a “Il grande cocomero” tema dal film omonimo della Archibugi,  da “Banda 8” a  “Il valzer del povero”, da” Ferie d’agosto “ a “Roma ovest 643”  da “Valzers” a “Fitzcarraldo” a “Saluti da Chianciano”. La banda si è mossa con grande compattezza ed equilibrio mentre i cinque professionisti cui prima si faceva riferimento si sono integrati alla perfezione figurando non già come stelle all’interno di un organico allargato ma come “bandisti” in grado di prodursi anche in assolo. Lungamente applaudito da un pubblico straripante, l’ensemble ha regalato due bis, “Desideri” e ancora “Banda 8”, che hanno chiuso una serata che resterà impressa nel cuore e nella mente di chi ha avuto la fortuna di parteciparvi.

Che dire ancora se non esprimere il sincero auspicio che una manifestazione del genere abbia un suo futuro e ciò per più di un motivo. Innanzitutto il saldo radicamento nel territorio nel senso di voler valorizzare le eccellenze – di qualsivoglia natura – presenti nella zona, in secondo luogo perché ha dimostrato di basarsi su una progettualità artistica che prescinde dalle mode, dalle cordate degli americani di passaggio per l’Europa, dalle facili “cassette” che si ottengono ricorrendo a nomi di poco o nullo interesse per il  jazz, per ricercare qualcosa di originale e di sicuro livello.

Cliccare sulle foto per espanderle (Foto di Michele Stallo)