La Rassegna “Giovedì al Casella – Concerti per la città” si apre con i Sonic Latitudes

Giovedì 16 settembre 2021, all’Auditorium “Shigeru Ban” del Conservatorio A. Casella di L’Aquila, alle ore 18, la rassegna concertistica “Giovedì al Casella – Concerti per la città” si apre con il concerto del duo jazz “Marco Di Battista – Franco Finucci Sonic Latitudes”.

Il concerto è gratuito, è consigliata la prenotazione a questo indirizzo: https://www.consaq.it/eventi-e-attivita/concerti-ed-eventi.html con destinatario: “Ufficio Eventi”, per accedere al concerto bisogna essere muniti di green pass.

Il pianista Marco Di Battista e il chitarrista Franco Finucci, con il progetto Sonic Latitudes, continuano in una ricerca musicale a quattro mani avviata da diversi anni, un’esplorazione che unisce alla freschezza della melodia le tendenze del jazz contemporaneo. Di Battista e Finucci si esibiscono frequentemente in duo, una formazione che favorisce un flusso musicale ispirato, in perenne divenire, libero da condizionamenti stilistici, ciò nonostante le composizioni originali dei due musicisti esprimono una scrittura concreta, dagli slanci improvvisativi sorprendenti. I brani nascono da un dialogo intenso, permeato da un linguaggio jazzistico esemplare per coerenza e per concreta direzione musicale. Nei concerti tenuti dai due musicisti in Italia e in Europa, traspare uno spiccato senso ritmico unito a soluzioni armoniche raffinate, non manca neanche una certa sensibilità melodica che si riflette nella stesura di brani ispirati ed emozionanti.

Marco Di Battista e Franco Finucci collaborano in modo stabile da molto tempo e in diverse formazioni. Il nome del gruppo scelto, Sonic Latitudes, proviene dal titolo del disco che i due musicisti hanno registrato nel 2013. Nell’estate del 2016, Di Battista e Finucci hanno dato vita al progetto Sonic Latitudes Nordic Experience, insieme alla ritmica formata dal contrabbassita norvegese Arild Andersen e dal batterista, norvegese d’adozione, Paolo Vinaccia.

Marco Di Battista, pianista jazz di chiara fama, ha registrato a suo nome numerosi cd e ha partecipato come sideman in quelli di molti altri colleghi. Ha condiviso il palco con i più celebri jazzisti italiani ed internazionali. Nel 2012 ha dato alle stampe il libro C-Minor Complex, un saggio analitico sull’opera di Lennie Tristano. Risalgono al triennio 2014-15-18 i tre libri Improvvisazione jazz consapevole – volumi 1, 2 e 3, testi che offrono numerosi strumenti per entrare nel mondo dell’improvvisazione jazz. Ha fondato nel 2000 e dirige tuttora il webmagazine Jazz Convention. Ha insegnato Piano Jazz, Tecniche d’improvvisazione e Analisi delle Forme Jazz in diversi conservatori italiani, ha tenuto seminari internazionali sulla musica jazz. Oggi è titolare di cattedra presso il Conservatorio A. Casella di L’Aquila e insegna, come collaboratore, presso il Conservatorio di Pescara.

Franco Finucci, diplomatosi nel 1994 in Chitarra e in Jazz al Conservatorio Alfredo Casella dell’Aquila, si dedica dopo varie esperienze musicali alla musica Jazz studiando con Tomaso Lama, Stefano Battaglia, Amedeo Tommasi e Bruno Tommaso e ai seminari tenuti da Pat Metheny. Si è esibito in Italia e all’estero collaborando con artisti quali Paolo Damiani, Stefano Di Battista, Dick Halligan, Arild Andersen, Paolo Vinaccia, Max Ionata, Collabora dal 2005 con Le Grand Tango Ensemble e l’Inspiracion Trio partecipando a Recital teatral-musical che hanno visto la partecipazione dei più grandi attori italiani quali Michele Placido, Caterina Vertova, Paola Gassman e Giorgio Albertazzi. Ha co-firmato, inoltre, gli arrangiamenti di spettacoli e recital teatrali con artisti del calibro di Ugo Pagliai, Edoardo Siravo e Vanessa Gravina.

TrentinoInJazz 2021: la decima edizione

Arriva al decennale il TrentinoInJazz, una delle più apprezzate e articolate rassegne jazz italiane, che dopo un difficile 2020 torna con una significativa decima edizione, ancora una volta all’insegna del network che unisce rassegne preesistenti sul territorio trentino. Vera e propria rete di spettacoli, TrentinoInJazz è una delle più lunghe iniziative musicali del panorama nostrano ed europeo: preceduto da un’anteprima partita a giugno, il festival termina in inverno, copre tre stagioni grazie al networking tra enti locali e organizzatori, è aperto a varie declinazioni del jazz e generi affini, coinvolge centinaia di musicisti, addetti ai lavori e promoter, mette in connessione attività artistiche, comuni, accoglienza e turismo in alcuni dei luoghi più affascinanti d’Italia e d’Europa. A questo va aggiunto l’ingresso gratuito per la maggior parte delle serate. Trentino Jazz è la APS presieduta da Chiara Biondani che ha ideato e coordina il TrentinoInJazz, dal 2011 un cartellone di manifestazioni “federate” sull’intero territorio della provincia di Trento. TrentinoInJazz 2021 punta sulle diverse espressioni del jazz contemporaneo e si snoda tra sei rassegne diverse: Ai Confini ed Oltre (dall’11 giugno); Valli del Noce Jazz (dal 16 luglio); Jazz&Wine (dal 9 settembre); Katharsis Giudijazz, Panorama Music, Lagarina Jazz e Valsugana Jazz Tour (queste con date da annunciare), ognuna con la propria identità artistica e connotazione territoriale.

Con un pensiero alla trasversalità di Franco Battiato, venerdì 16 luglio parte la sezione Valli del Noce Jazz, come sempre dal respiro internazionale, incentrata su esperienze, generazioni, culture, mondi e tradizioni diverse, come l’inedito incontro tra Giappone e Argentina dei Gaia Cuatro (Cles – 16.07), Francesco Zampini Quintet (Malé – 20.07) o il Tommaso Perazzo Trio (Ville d’Anaunia – 17.07), progetti nati da incontri musicali cosmopoliti, o il quartetto “glocal” che sotto la guida esperta del contrabbassista emiliano Gianmarco Scaglia e dello storico batterista americano Paul Wertico (noto soprattutto per aver fatto parte dal 1983 al 2001 del Pat Metheny Group, con il quale vinse ben 7 Grammy Award) vede partecipare il chitarrista umbro Simone Gubbiotti e il vibrafonista trentino Mirko Pedrotti (Denno – 27.07). Gli altri eventi sono: Stef Giordi & Connected (Predaia – 21.07), Stefano Colpi Open Atrio (Mezzolombardo – 23.07), Usai/Gurrisi/Paglieri in omaggio a Franco Cerri (San Romedio – 24.07), il seminario sull’improvvisazione e la musica d’insieme a cura di Carlo Cattano (Cles – 22.07).

A settembre torna il progetto curato da Emilio Galante tra vino e suoni: si chiama Jazz & Wine, una serie di concerti promossi nel circuito nazionale Italia Jazz & Wine in collaborazione con il Circolo Controtempo di Cormòns (GO). Italia Jazz & Wine è nato per valorizzare il jazz, i nuovi talenti e l’innovazione del linguaggio musicale, introducendo un elemento di novità nel rapporto con il territorio ed in particolare la produzione vitivinicola che costituisce una eccellenza italiana. Una rete nazionale che coinvolge vari soggetti, tra cui TrentinoInJazz, con concerti tra Trento, Rovereto e Isera. Il calendario dal 5 settembre è avvincente: Stefano Colpi Open Atrio (Isera – 05.09), Gorgan Trio con Gorgazzini, Cramerotti e Abeni (Trento – 07.09), tre progetti a cura dei Sonata Islands (TSQ a S. Michele all’Adige – 09.09; Songs from the Alps a Isera – 12.09; QBB Quasar Burning Bright a Rovereto – 16.09), Swing Machine con Sandro Gibellini, Martino De Franceschi e Francesco Casale (Trento 14-09), Social Fusion Collective (Isera – 19.09), Quip Quartet con Pietro Tonolo (S. Michele all’Adige – 23.09), infine As Madalenas, ossia Cristina Renzetti e Tati Valle (Isera – 08.10).

Il terzo volto del TrentinoInJazz è quello più legato alle avanguardie, alla ricerca, alle connessioni. E’ questo il senso di Ai Confini e Oltre, partito con un’anteprima a giugno e rilanciato a settembre. Ai Confini ed oltre cerca di mettere a fuoco il territorio a cavallo fra generi o linguaggi diversi. Tutto ciò che sta ai confini ha per antonomasia carattere di sperimentazione perché si rivolge all’inconsueto, ricerca ciò che sta oltre, fuori. Ci sarà anche il recupero alcuni concerti che la pandemia non ha consentito di metter in scena la scorsa stagione. Matteo Bortone Trio (Trento – 30.09), Francesco Cusa and the Assasins (Trento – 07.10), Small Choices (Trento – 14.10), Piero Gaddi Quartet (Trento – 28.10), ESCO – Brasil! (Rovereto – 17.10; Trento – 04.11), Marc Perrenoud Trio (Trento – 09.11), Tango Tres (Rovereto – 19.12).

BATTIATO E LA MEMORIA IN MUSICA

di Alessandro Fadalti-

Franco Battiato, purtroppo scomparso l’altro ieri a 76 anni nella sua casa di Milo, in Sicilia, è uno di quegli artisti che è riuscito a legarsi a noi in maniera indissolubile attraverso il ricordo. La sua musica è in qualche modo associata alla memoria di ognuno di noi, basta scorrere gli articoli, le interviste e la sezione commenti YouTube sotto le sue canzoni per poter leggere milioni di storie di persone e del primo momento in cui hanno incontrato la sua musica. Si legge di chi lo ha scoperto in spiaggia con gli amici, chi ascoltandolo nella macchina del padre, chi sentendolo suonato alla chitarra da qualche ragazzo tra le gradinate degli atenei universitari. Nel mio caso era una lezione di Filosofia,  al terzo anno di Liceo, il professore per concludere un argomento su un autore ci fece ascoltare “Centro di gravità permanente”. Non ricordo attualmente quale fosse il collegamento, ma il dubbio che mi sorse immediatamente fu più o meno: “Qual è il nesso con la filosofia?”. Ottima domanda. Il punto è che la storia di Battiato è come una cassetta a nastro, esiste un lato B che si ascolta sempre successivamente al lato A. Per alcuni questo è avvenuto frugando in scatoloni pieni di polvere che appartenevano a un parente, dai quali sbucano dei dischi abbandonati da chissà quando ma che colpiscono la nostra attenzione. Io stesso ho provato questa sensazione, ma in formato digitale. Stavo ascoltando il “Canto Sospeso” di Luigi Nono, dovevo studiarlo per un esame, quando l’algoritmo di YouTube decide di consigliarmi “L’Egitto Prima delle Sabbie” del 1978.

La prima reazione, dopo aver visto, titolo, copertina e autore fu di curiosità. Mi aspettavo qualche brano pop-synth con dei testi evocativi ma nonsense, nella mia ignoranza. Quello del cantautore siciliano è infatti una storia dove questo Lato B, spesso è tralasciato o non conosciuto da molti, tra cui io!  Cliccai Play sullo schermo e… non potevo credere alle mie orecchie! Arpeggi di una scala su un pianoforte a cui seguivano le risonanze con il pedale e si chiudevano fino a sparire nel silenzio. Ad ogni ciclo, questo gesto si faceva sempre più lontano dalla sua ripetizione. Il secondo brano segue una logica simile ma con una sequenza di accordi e un ritmo variato. Era qualcosa che assomigliava più a un’opera minimalista di Philip Glass; cosa c’entra Battiato con questo? Questa storia, apparentemente nascosta, prosegue incessantemente e si finisce per scoprire album come “Clic” del 1974, “Sulle Corde di Aries” del 1973 e, seguendo questo Filo d’Arianna, si arriva al suo primo album in studio, “Fetus”.

Nel 1971 alcuni pensieri sbocciano in Battiato, perché, da come viene raccontato, in quel suo periodo di attività sembra che si sia trasformato improvvisamente in un compositore contemporaneo sperimentale. “Fetus” è un complesso e articolato concept album che racconta di una società distopica, il tutto attraverso sonorità elettroniche di sintetizzatori e drum machine che si mescolano con echi di musica classica e passaggi in stile progressive rock. Soltanto due anni dopo uscirà “Sulle Corde di Aries”, dove l’organico standard del rock viene abbandonato in favore di quello orchestrale; infine, l’anno successivo, arriva “Clic”, che sembra un lavoro misto tra Tape Music, Classica e Jazz, per alcuni passaggi.
Nel primo pezzo, “I cancelli della memoria”, questo si percepisce nella citazione al pianoforte di “Danze Rumene n. 3” di Bartòk, prima dell’ingresso di un basso ostinato e di un solo di chitarra. Tuttavia, in quest’album quello che più sconvolge e lascia aperti molti quesiti è il penultimo pezzo: “Nel Cantiere di un’Infanzia”, che unisce l’estetica cageiana e sembra citare il “Gesang der Jünglinge” (1955) di Karlheinz Stockhausen, aspetto che si può associare anche all’ultimo brano: “Ethika fon Ethica”, con la differenza che in questo caso è molto più in stile Tape Music che Musica Concreta, come era l’opera elettroacustica di Stockhausen. Quello tra il compositore tedesco e il cantautore siciliano non è un sodalizio nato dal caso – entrambi sono fortemente accomunati da un interesse per la filosofia, la spiritualità e l’esoterismo – ma un’amicizia che Battiato ricorda in questo modo in un’intervista:
«Stockhausen, mi ha spinto, e gli sarò grato tutta la vita, a studiare la notazione. Quando ho incontrato Stockhausen la prima volta, avevo già realizzato tre/quattro dischi, ma non conoscevo la notazione tradizionale. Mi sono messo a studiare grazie a lui, che ha insistito, dicendomi: “vedrai che quando avrai sessanta anni non potrai più fare musica pop”. Oggi, continuo a far musica pop, ma fortunatamente ho imparato un mestiere, che non avevo nelle mani.»
Di quel periodo, Battiato inoltre ricorda l’incontro con Cage a Milano, negli anni ‘70, il che fa pensare come di fondo, nonostante sia nato come cantautore, abbia sempre avuto un certo interesse nelle forme cosiddette colte di espressione musicale. Ciò che diventa interessante, e mi spinge a parlare di memoria in musica attraverso l’esempio di Battiato, è un fatto singolare: nel giro di un anno tutto questo motore sperimentale sembra fermarsi di colpo.
Il 1979 è l’anno in cui vinse il Premio Stockhausen di Musica Contemporanea per il brano “L’Egitto Prima delle Sabbie”. Al contempo, esce l’album che è da molti considerato l’inizio del Battiato che tutti conoscono: “L’Era del Cinghiale”, frutto del sodalizio con l’amico e violinista Giusto Pio. Il salto non è netto, ma fluido, infatti, seppure venga considerato un album pop, i riferimenti esoterici, al sufismo tanto amato da lui e alla figura del filosofo e intellettuale convertito all’Islam René-Jean-Marie-Joseph Guénon, sono onnipresenti.

Questo ritorno alla musica popular, dopo anni di sperimentazione, prende un significato ancora più apparentemente bizzarro quando si legge una sua dichiarazione del 2014 alla conferenza stampa nel Cilento per la rassegna di concerti e spettacoli Meeting del Mare:
«Per musica contemporanea si intende quello spicchio di musica che ha completamente svilito la grandiosità del sentimento. Sono cose che può fare anche un gatto. Se tu lo metti su un pianoforte, non dici che è un gatto e lo registri, quelli a cui piace questa musica dicono pure che è bella!»
La persona che pose la domanda a Battiato, riguardo alla musica contemporanea, avrebbe potuto aggiungere provocatoriamente: “ma non è letteralmente quello che lei faceva negli anni ’70?”. Questa frase di Battiato sembra quella di un ripensamento nei confronti della propria carriera di musicista, fattore che ci viene suggerito anche dal suo commento al rapporto con Stockhausen. La risposta, invece, va cercata in uno dei concetti su cui Battiato si è espresso più volte nelle interviste. Il cantautore vuole parlare dell’umano e all’umano, volendo raggiungere più persone possibili. Il problema è che il linguaggio contemporaneo di quegli anni era fatto di correnti ostiche a un largo pubblico, il Serialismo, il Minimalismo, le sperimentazioni in ambito elettronico, ed emergeva sempre di più la giovane generazione di spettralisti francesi. Il panorama è quello di una musica che spesso viene accusata di autoreferenzialità, di essere priva di un’estetica in favore di intellettualismi scevri, come dice lui, di sentimento ed in questo Battiato non si riconosce più e probabilmente non vuole essere associato a essa.
A fronte di questo discorso ripensiamo alla chiave della memoria in musica. La memoria, in effetti, si lega spesso a un gesto musicale e l’assenza di estetica della musica contemporanea diventa il motivo della critica, ed è forse per questo che è così difficile comunicare e creare un legame tra anima e ricordi con l’umanità attraverso essa. Quelle frasi estremamente melodiche ed evocative dei suoi brani negli anni ‘80 sono il mezzo più diretto per arrivare alla memoria e al cuore delle persone, ma questo il cantautore non l’ha fatto attraverso una musica commerciale e superficiale, ha sempre avuto l’animo dello sperimentatore anche dopo, era semplicemente subentrata la sua voglia di comunicare direttamente al mondo, in un perenne dialogo con esso.

Tutta questa spinta sperimentale si è sopita del tutto oggi? Battiato davvero non si è mai stancato di fare pop? In effetti, qualche parentesi c’è stata. Nel 2000, ad esempio, con “Campi Magnetici” e nel 2004 in “Dieci Stratagemmi”; ma c’è un esempio anche in tempi più recenti. Nello stesso anno della conferenza stampa di Meeting al Mare esce “Joe Patti’s Experimental Group” (2014) con Franco Battiato alla voce e sintetizzatore, Pino Pischetola, live electronics e Carlo Guaitoli al pianoforte. Diventa interessante pensare come quella critica alla musica contemporanea si sovrapponga al ritorno per il suo grande amore per l’elettronica sperimentale, dimostrando quanto, alla fine, l’anima del catanese sia quanto mai un trittico di fiori dai petali multicolore.
Battiato nei suoi testi si insinua in un mondo profondo, che riguarda l’animo umano attraverso concetti di intellettuali e filosofi da cui attinge l’ispirazione e rimanda al suo pubblico in chiavi di letture ricche di atmosfere musicali oltre ogni genere prestabilito, ma pur sempre in fin dei conti pop. Se parliamo strettamente a livello musicale la produzione di Battiato, dall’inizio alla fine, ci fa domandare quale sia il vero confine tra una melodia che chiunque può canticchiare e un gesto musicalmente concettuale. Personalmente rimango sempre affascinato quando una persona ricerca e trova in musica la sintesi tra due linguaggi che accademicamente – e a parer mio aggiungo in maniera passatista – si tende a separare nettamente: popular e colta hanno sempre respirato in osmosi, solo che purtroppo questo sodalizio non avviene mai alla luce del sole. In effetti, si nasconde in quei maledetti scatoloni impolverati in cui qualcuno avrà trovato proprio un vinile come “L’Egitto Prima delle Sabbie”. Personalmente in questo mi sono trovato molto vicino a Battiato, e nonostante non sia un suo ascoltatore frequente, è riuscito a entrare nella mia vita e a legarsi qualche modo alla mia memoria, tra cene con amici, lezioni di filosofia in classe e qualche strimpellata sotto i portici nelle afose giornate estive.
Questo è forse il lascito più forte che nella sua vita ci ha donato Franco Battiato.
p.s. per favore, non chiamatelo Maestro, non sopportava quell’appellativo.

Alessandro Fadalti

Cettina Donato e Ninni Bruschetta pubblicano “Alcol”: primo singolo del loro album “I Siciliani”

Un incontro artistico di successo, all’insegna della poesia e dell’impegno civile: è quello tra la pluripremiata pianista, compositrice e direttore d’orchestra Cettina Donato (che ha collaborato con grandi nomi tra cui Eliot Zigmund, Fabrizio Bosso, Stefano Di Battista) e uno dei più amati attori italiani, Ninni Bruschetta, diventato noto al pubblico soprattutto per le sue celebri interpretazioni in Boris, I cento passi, I Bastardi di Pizzofalcone.
Dopo i sold out ottenuti a teatro con due spettacoli di “Il Giuramento” e “Il mio nome è Caino”, Cettina Donato e Ninni Bruschetta sono entrati in studio di registrazione per uno speciale progetto discografico: l’album “I Siciliani”, che omaggia l’arte e la poesia di Antonio Caldarella, grande scrittore siciliano, recentemente scomparso.

Ispirata dai suoi versi Cettina Donato ha sviluppato il concept del disco, componendo e arrangiando per ensemble 8 brani e 3 preludi per pianoforte densi di emozione e pathos, nei quali Ninni Bruschetta magistralmente recita e canta le poesie di Caldarella.
Cettina Donato: “Scrivendo e arrangiando nuova musica sui suoi meravigliosi versi, ho conosciuto Antonio Caldarella, pur non avendolo mai incontrato. Ciò che di noi è più bello, rimane immortale.”
Prodotto ed edito dall’etichetta AlfaMusic e distribuito da Believe Digital – EGEA Distribution, il disco sarà pubblicato il 14 maggio, mentre venerdì 16 aprile uscirà il primo singolo “Alcol” – disponibile nei principali digital store e sulle piattaforme streaming al link https://backl.ink/145533332 – accompagnato dalle immagini girate da Francesco Bruschetta (https://youtu.be/aSOt_yvGuAI) in una location speciale, storico tempio del jazz italiano: l’Alexanderplatz Jazz Club di Roma.
Ninni Bruschetta: “La poesia “Alcol” scritta da Antonio Caldarella è un’ubriacatura di acquavite di Sardegna: Filu ‘e ferru malidittu! Con la musica scritta da Cettina, abbiamo cantato il viaggio e il sogno visionario di un grande artista.”

L’intero disco è disponibile in formato cd, per ora in pre-order, sul sito www.cettinadonato.com. Nel comporre e arrangiare gli 8 brani, Cettina Donato ha voluto attorno a sè un grande cast di musicisti: dagli archi della BIM Orchestra diretta da Giuseppe Tortora, ad un trio jazz formato da eccellenti musicisti, il sassofonista Dario Cecchini (Lee Konitz, Natalie Cole Band, Kenny Wheeler Hot Eleven, Funk Off, Paolo Fresu, Enrico Pieranunzi, Dave Liebman), il contrabbassista Dario Rosciglione (Cedar Walton, Joe Lovano, Randy Brecker, Phil Woods, Tony Scott, Danilo Rea) e il batterista Mimmo Campanale (Paolo Fresu, Bob Mintzer, Phil Woods, Lee Konitz, Randy Brecker, Dee Dee Bridgewater). A completare l’ensemble, l’attrice e cantante Celeste Gugliandolo (seconda a X Factor 2011 con I Moderni), interprete di uno dei brani del disco.

Attore di teatro, cinema e tv, Ninni Bruschetta ha firmato più di 40 regie teatrali, dirigendo, tra gli altri, Anna Maria Guarnieri, Claudio Gioè, Donatella Finocchiaro, Roberto Citran, David Coco, Edy Angelillo e Angelo Campolo.E’ stato per due volte direttore artistico dell’EAR Teatro di Messina. Tra cinema e televisione ha preso parte a quasi cento titoli, spaziando dalle grandi serie generaliste (Squadra Antimafia, Borsellino, Distretto di Polizia,I bastardi di pizzo falcone) al cinema d’autore (Luchetti, Giordana, Corsicato, Guzzanti, Pif, Von Trotta, Woody Allen, Paolo Sorrentino) al record di incassi di “Quo Vado?” di G. Nunziante, con Checco Zalone. E’ uno dei protagonisti della serie cult “Boris” e del relativo film di Ciarrapico, Torre e Vendruscolo nonché dell’ultimo capolavoro televisivo di Mattia Torre (La linea verticale). Premio Tony Bertorelli alla carriera nel 2018. Ha pubblicato tre sceneggiature con Sellerio e due saggi critici sul lavoro dell’attore con Bompiani e Fazi.
Pluripremiata pianista, compositrice e direttore d’orchestra, Cettina Donato da anni è annoverata tra i migliori arrangiatori italiani al Jazzit Award. Conduce la sua carriera concertistica prevalentemente tra Europa e Stati Uniti. Docente di jazz in diversi Conservatori italiani, ha ricoperto il ruolo di International President del Women of Jazz del South Florida. Ha diretto diverse orchestre italiane, mentre a Boston ha fondato una big band a suo nome con musicisti provenienti dai cinque continenti. Nella sua carriera ha collaborato con importanti solisti del panorama jazz nazionale e internazionale, pubblicando cinque album a suo nome.

Antonio Caldarella (1959 – 2008), attore, poeta e pittore, è nato ad Avola ed è cresciuto a Napoli, a Messina e in giro per il mondo. In teatro ha lavorato con Antonio Neiwiller, Mario Martone, Elio De Capitani, Ninni Bruschetta e al cinema con Daniele Luchetti, Francesco Calogero, K.M. Brandauer e altri. Le sue poesie sono edite da piccole Case Editrici Siciliane che avevano capito il suo genio, senza che lui si sforzasse di fare qualcosa di più che non fosse scriverle. Persino Jean Paul Manganaro ha scritto parole meravigliose su di lui. Ma dev’essere stato un caso. Forse si erano parlati una sera davanti al mare. I suoi quadri, gli acquerelli e persino i bigliettini da visita dipinti a mano, sono sparsi nelle case di amici e conoscenti che li custodiscono gelosamente.

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The Jolly Shoes Sisters feat Enrico Rava: in uscita l’undici marzo in radio e sulle piattaforme digitali

THE JOLLY SHOES SISTERS:
DALL’UNDICI MARZO IN RADIO E SUI DIGITAL STORES PER LA STANZA NASCOSTA RECORDS
IL BRANO “LIKE ARETHA USED TO SING” ACCOMPAGNATO DAL VIDEOCLIP UFFICIALE

In uscita l’undici marzo in radio e su tutte le piattaforme digitali il brano Like Aretha used to sing del duo The Jolly Shoes Sisters, una topical song “al femminile” dalla travolgente veste swing and roll.
Del brano, interamente scritto da Laura Fedele (e già premiato nel 2019 dalla Fondazione Estro Musicale, nell’ambito del concorso riservato agli inediti, sezione Jazz) è stata realizzata dal duo una nuova versione, accompagnata dal videoclip ufficiale, per la regia di Danilo Sbergia.
Registrato in presa diretta a Il Cortile Studio da Massimo Caso e Amedeo Bianchi, con la partecipazione di Franco Cristaldi al basso, il brano è distribuito dall’etichetta La Stanza Nascosta Records del musicista e produttore Salvatore Papotto.
Special guest Enrico Rava, al flicorno.

Ho scritto questo brano appositamente per le Jolly Shoes Sisters- racconta Laura Fedele- seguendo le orme della tradizione ma inserendo anche un tocco di “modernità”. Il testo -tutto al femminile, coerentemente con il nostro progetto- prende spunto dalla discriminazione sessuale che ancora oggi, nel 2020, è purtroppo argomento più che mai attuale: in sintesi, è un grido di ribellione contro ogni forma di oppressione e repressione, fisica, mentale, umana e sessuale.
Link al Videoclip: https://www.youtube.com/watch?v=4f1NbWYcn5U&feature=youtu.be&ab_channel=DaniloSbergia

IL PROGETTO THE JOLLY SHOES SISTERS

Il duo The Jolly Shoes Sisters nasce nel 2019 dall’incontro di Laura Fedele e Veronica Sbergiadue anime jazz & blues dalla strepitosa vocalità, veterane dei palchi nazionali e internazionali.
Laura Fedele, cantante, pianista, fisarmonicista, autrice e docente, ha preso parte alla rassegna Just like a woman, al fianco di nomi quali Patty Smith e Dee Dee Bridgewater, al prestigioso Jazz and Heritage Festival a New Orleans, e a diverse edizioni del Festival Jazz di Ascona (CH). Si è esibita alla Mozartsaal della Liederhalle a Stoccarda (D), al Casinò di Lucerna (CH), a Le caveau de l’Huchette (Parigi), al Jazz Club di Gent (Belgio) ed al Blue Note (Milano).
Ha all’attivo dodici album, due pubblicazioni didattiche e due spettacoli musical-teatrali87 Tasti-Storie di vita e canzoni di Tom Waits -scritto insieme al regista Jacopo Boschini- e Sola con un cane: canzoni e dissertazioni tragicomiche sulla solitudine (andato in scena anche allo Zelig di Milano).
Tra gli artisti con i quali ha collaborato: Paolo Tomelleri, Giorgio Gaslini, Enrico Intra, Sandro Cerino, Rob Sudduth, sassofonista di San Francisco, già componente della band di Huey Lewis, e Alex Schultz, chitarrista swing-blues di Los Angeles; e ancora, nel 2011, Scotty Barnarth (attuale direttore della Count Basie Orchestra) e Scott Hamilton, nel 2011 e 2013.
Veronica Sbergia, cantante, ukulelista e suonatrice di washboard, è l’unica artista italiana ad aver preso parte al prestigioso Mustique Blues Festival (Caraibi) ed. 2012 e 2013.
Ha partecipato a numerose rassegne internazionali (tra le altre: Notodden Blues Festival, Shetland Folk Festival in Scozia, Lucerne Blues Festival, Cognac Blues Passion, The Big Wheel Festival on the Isle of Man (UK), Autumn in Blues in Poland, Primavera in Black a Barcellona, BluesBaltica a Eutin (DE), Pistoia Blues FestivalPorretta Soul Festival, Fylde Folk Festival, Sidmouth Folk Week, Divan du Monde di Parigi).
Nel 2013 ha vinto, con Max De Bernardi, l’European Blues Challenge e ricevuto  L’Oscar del Blues dalla Kayman Records.
Tra i lavori discografici Alter (con gli F.B.A, 2004), Ain’t Nothing in Ramblin’ (2007)Veronica & The Red Wine Serenaders (2009,Totally Unnecessary Records/Audioglobe); D.O.C. (2011); Old Stories for Modern Times (2012)The Mexican Dress (2014), Live at Duse (2015) 
Ha preso parte in qualità di vocalist all’ultimo album di Stefano Barotti (Il grande temporale, La Stanza Nascosta Records, 2020)
The Jolly Shoes Sisters propongono con invidiabile smalto interpretativo una selezione di hot jazz swing, restituendo con spirito ludico le suggestioni di un periodo che va dai Roaring Twenties, “I ruggenti anni venti”, agli anni quaranta.
Polistrumentiste e autentiche virtuose della voceThe Jolly Shoes Sisters coniugano tradizione e modernità, regalando all’ascoltatore un felice, talora serratointerplay vocale e architetture pianistiche sofisticate e brillanti, puntellate dalla ritmicità primitiva e coinvolgente del washboard.
Alle riletture del canzoniere degli anni Venti- Quaranta, nelle quali sembrano convivere rigore filologico e gusto per la sperimentazione, si affiancano, in scaletta, brani originali: vere e proprie topical song “al femminile”, sempre in linea, nelle sonorità, con le atmosfere musicali care al duo.

Credits
Like Aretha used to sing
Testo e musica: Laura Fedele
Laura Fedele: voce e pianoforte
Veronica Sbergia: voce e washboard
Franco Cristaldi: basso
Special guest: Enrico Rava, flicorno
Registrato in presa diretta a IL Cortile Studio da Massimo Caso e Amedeo Bianchi
Realizzazione videoclip: Danilo Sbergia

Verbatim Ufficio Stampa
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Cell.349 978 4845

Addio al pianista Adriano Urso, scomparso a 41 anni

Ancora una grave perdita per il jazz italiano aggravata da circostanze tanto incredibili quanto dolorose.  Adriano Urso, un pianista molto noto nella capitale, ci ha lasciati domenica sera. Adriano, a causa della chiusura di locali e teatri dovuta al Covid-19 e al conseguente annullamento degli spettacoli, si è trovato a fare un lavoro che non era il suo, il rider, e proprio mentre stava spingendo la sua auto in panne durante una consegna è stato colto da infarto all’età di 41 anni.

Adriano apparteneva ad una famiglia di musicisti; il fratello Emanuele, clarinettista e batterista di vaglia, è apprezzato esecutore tanto da essere soprannominato “The King of Swing”, e molte sono state le occasioni in cui i due fratelli hanno condiviso il palco nel corso dei decenni.
Purtroppo insieme ad Adriano ci sono tanti altri musicisti che non sapendo come andare avanti, invece di scoraggiarsi hanno trovato la forza ed il coraggio – perché davvero ce ne vuole – di reinventarsi con altri mestieri nell’attesa che riaprano i locali e riprendano i concerti.
Tra le vittime di questo virus bisognerebbe aggiungere, quindi, anche coloro che sono morti e muoiono giornalmente non a causa diretta del virus ma per la situazione che si è venuta a creare. Adriano Urso è una di queste vittime.
Noi di “A Proposito di Jazz” ci uniamo al dolore della famiglia e denunciamo con forza l’insufficienza di misure poste in essere per garantire continuità di reddito e giusto salario ai lavoratori più colpiti dalla crisi come quelli operanti nel settore della cultura.
Ovunque si trovi, buon suono.

Redazione