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Melingo – “Corazon & Hueso”

Melingo – “Corazon & Hueso”

Melingo – “Corazon & Hueso” – World Village WVF 019
Parte l’album e la voce che si ascolta suona immediatamente familiare: in effetti il registro e le modalità vocali di Daniel Melingo somigliano in modo strano ad alcuni nostri artisti quali Paolo Conte e Vinicio Capossela. E le affinità non si fermano qui dal momento che tutti e tra questi artisti con le loro canzoni raccontano, narrano storie profondamente vissute sì da coinvolgere quanti li ascoltano. In particolare Melingo è personaggio tanto eclettico quanto particolare: cantante, sassofonista e chitarrista l’argentino rappresenta un unicum nel panorama musicale internazionale. Affermatosi come rocker nell’ambito dei “Los Twist” e de “Los Abuelos de la Nada” successivamente inventa, assieme al poeta Luis Alposta, un genere particolare di tango, un tango allo stesso tempo triste, ironico, tragico, divertente, oscuro che risente dell’influenza di Edmundo Rivero al quale, non a caso, Melingo dedica un pezzo “Leonel el feo”. E questo album può, sotto certi aspetti, considerarsi l’opera migliore, più matura dell’artista. Ciò perché Daniel sembra spogliarsi di qualsiasi scudo, qualsivoglia protezione per aprire la propria anima (“Cuore e ossa” come recita il titolo dell’album) e confessare il suo lato più romantico, melodico. Di qui una serie di brani che richiamano il tango delle origini, il tango che si suonava nei bassi fondi e che parlava di passioni, amori, tradimenti, partenze senza ritorno, sfide all’arma bianca, il tutto sottolineato da testi crudi, surrealisti a tratti ipnotici che poco spazio lasciano all’immaginazione. Melingo grazie a splendide melodie, tanto suggestive quanto languide, rende perfettamente le antiche atmosfere con quello straordinario tocco di ironia che gli è congeniale e con una voce sempre contenuta e roca. Così il viaggio attraverso le strade della sua Argentina inizia con “El dia que te fuiste”, passa per tutta una serie di tappe che raccontano storie di vita per giungere alla conclusione con “Ritos en la sombra” un brano assai particolare in cui la voce più roca che mai di Daniel si accompagna ad un coro maschile e ad un ensemble strumentale straniante e dal sapore sperimentale che si diversifica dal resto dell’album. Magnifici e pertinenti gli arrangiamenti costruiti speso sul dialogo tra violino e chitarra mentre la fisarmonica di Nini Flores si fa apprezzare soprattutto in “Pichona”. (GG)

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