Roma, Sala Sinopoli, Auditorium Parco della Musica, 15 luglio 2012

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Tony Bennett

Tony Bennett

Alle quattro del pomeriggio Roma è troppo calda per fare le prove. Così, con grande sensibilità per gli ottantasei anni di Tony Bennett, i responsabili dell’Auditorium Parco della Musica, decidono di spostare il concerto dalla Cavea, all’aperto, alla meglio refrigerata Sala Sinopoli.

Bennett, è considerato l’ultimo dei crooner, uno dei più eccelsi rappresentanti della canzone americana. Amatissimo da Frank Sinatra, ha sviluppato la sua carriera tra jazz e canzone commerciale creando un perfetto equilibrio tra arte e intrattenimento. Per questo la sua esibizione, sebbene sia solo una delle tante previste dalla sua lunga tournée estiva, è comunque un vero evento.

E’ Antonia Bennett, sua figlia, ad aprire la serata. I sei brani che esegue, accompagnata dal quartetto del padre, cominciano a scaldare la platea. Una manciata di standard, Too Marvellous For Words, Take A Chance On Love, Embraceable You, From This Moment On, sono trattati con discrezione, eleganza e swing. La voce di Antonia è leggera, forse più adatta al pop che al jazz. La sua esibizione è breve e in alcuni momenti l’emozione le gioca qualche brutto scherzo, ma il pubblico la applaude comunque con convinzione.

Terminato il set di apertura sul palco appare Tony Bennett ed è allora che succede l’inaspettato. Tutto il pubblico si alza in piedi e tributa al crooner una lunga standing ovation che coglie di sorpresa il cantante e ritarda l’inizio del concerto. E’ solo la prima dimostrazione di affetto che il pubblico romano esternerà dei confronti dell’artista newyorkese e che Bennett ricambierà senza remore.

Marco Giorgi

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Watch What Happens apre le danze. E’ la prima di una trentina di canzoni che l’artista eseguirà nel corso della serata. Gli standard si alternano con brani pop in una vera e propria antologia live della canzone americana. Maybe This Time, Sing You Sinners, But Beautiful, The You Look Tonight, Just In Time e altre ancora occupano la prima parte del concerto in una mirabile alternanza di climi. La voce di Bennett è ancora affascinante, la sua presenza scenica catalizza l’attenzione. Elegante nella sua giacca bianca e pantaloni grigi, il crooner accenna di tanto in tanto piccoli passi di danza che scatenano l’ovazione del pubblico. Il quartetto suona benissimo e in quasi ogni assolo c’è un tributo all’Italia. Qui un accenno a Roma Nun Fa La Stupida Stasera, lì una citazione di classico napoletano. Bennett presenta i suoi musicisti, soffermandosi sul Harold Jones, definendolo“il batterista preferito di Count Basie!”. Hey Old Friend viene eseguita in duetto con Antonia e la giovane cantante raccoglie un’altra dose di applausi quando balla assieme al padre. Di nuovo da solo Bennett propone Just In Time e poi annuncia Boulevard Of Broken Dreams, che fu il suo esordio discografico nel 1951. Seguono ancora degli standard e la splendida The Shadow Of Your Smile. Ancora una manciata di brani e all’improvviso arriva I Left My Heart In San Francisco, uno dei più grandi successi di Bennett. Il pubblico applaude a scena aperta e quasi rende impossibile l’ascolto della seguente I’m Old Fashioned. Bennett scorge in sala Manuel De Sica e lo presenta come il compositore delle colonne sonore dei film del grande Vittorio De Sica. A Manuel dedica un versione jazz di ‘O sole mio. L’atmosfera in sala è bellissima. La sensazione che ogni barriera tra artista è pubblico sia caduta è tangibile. Sembra che sul palco non ci sia più un grande cantante, piuttosto una persona di famiglia, un vecchio e bonario zio d’America con il quale ogni licenza è possibile. Cominciano allora a  fioccare richieste per questo o quel brano. Bennett prova a seguire la sua scaletta ma quando una voce stentorea lo interrompe mentre sta presentando una canzone, non si scompone. Si volge verso il suo pianista e gli chiede se conosce il tema. Alla risposta affermativa lo spettatore è accontentato. Because Of You gli è servita su un piatto d’argento. A questo punto Bennett piazza la stoccata e lancia il finale di concerto con un continuo crescendo. Con consumata esperienza strappa l’applauso con la sola presentazione di un brano: “Quando incisi questa canzone mi giunse una lettera del suo autore, che abitava in Svizzera. – Egregio Sig. Bennett, grazie per avere dato nuova vita alla mia canzone – firmato Charlie Chaplin”. Il brano è Smile che è accolto da applausi a scena aperta, a cui fa seguito The Shadow Of Your Smile eseguita su un brioso tempo di bossa nova. When You’re Smiling di Louis Armstrong precede la conclusiva Fly My To The Moon che viene eseguita senza microfono. La voce del cantante arriva distintamente in ogni angolo della sala quasi fossero questi i suoi giorni migliori. Il pubblico è tutto in piedi per un’altra standing ovation quando Bennett lascia il palco. L’artista regala alla platea un ultimo bis prima di ritirarsi definitivamente dietro le quinte. A questo punto una massa di gente si muove in direzione dei camerini dove Bennett sta cominciando a rilassarsi. Troppa la voglia di stringere la mano all’artista, di testimoniare il proprio affetto, di chiedere un autografo su un LP. Solo ai pochi fortunati dotati di pass speciale sarà riservata la gioia dell’incontro con l’artista. A tutti gli altri rimarrà il ricordo di questo lontano zio d’America che di tanto in tanto torna nella sua vecchia Italia per raccontarci del suo mondo meraviglioso fatto di musica e grattacieli.

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