Il concerto sabato 20 febbraio all’Auditorium Parco della Musica

Tempo di lettura stimato: 2 minuti

Eduardo De Crescenzo 3

Presentando il concerto di Eduardo De Crescenzo di sabato 20 all’Auditorium di Roma, avevamo usato il termine “emozioni” e mai scelta fu più indovinata. De Crescenzo rimane un interprete di assoluto rilievo, capace di trasmettere quelle stesse emozioni che con tutta evidenza egli stesso prova quando si esibisce. Di qui un reticolo fitto di comunicazioni, di trasmissioni attraverso cui il pubblico recepisce perfettamente ciò che l’artista sul palco cerca di trasferirgli. Ed una conferma si è avuta chiara, limpida, durante il concerto cui si accennava in apertura.
Con la sala Sinopoli abbastanza piena, il cantautore partenopeo ha ripresentato il suo “Essenze Jazz” ed è stato ancora una volta un grande successo. Il progetto è stato presentato in anteprima nel 2012: il 24 aprile al Blue Note di Milano, il 4 maggio alla Casa del Jazz di Roma e l’11 giugno al Teatro San Carlo di Napoli. Successivamente nel 2013: il 21 marzo al Teatro Sistina a Roma; il 22 giugno al Ravello Festival, Villa Rufolo; il 7 luglio a Umbria Jazz, Teatro Morlacchi. Personalmente avevamo ascoltato questa performance sia alla Casa del Jazz sia al Teatro San Carlo e ne eravamo rimasti particolarmente colpiti. Sensazione che si è rinnovata sabato scorso al termine di due ore di concerto in cui Eduardo ha veramente dato tutto se stesso, accolto con calore ed affetto da un pubblico particolarmente recettivo che, caso più unico che raro, applaudiva nei momenti giusti, batteva le mani a tempo e intonava le melodie senza gravi stonature e quel che più conta senza disturbare le atmosfere che i musicisti sul palco disegnavano con perizia.
E parlando dei musicisti occorre ancora una volta sottolineare come De Crescenzo abbia saputo circondarsi di elementi di particolare caratura: Stefano Sabatini al pianoforte, Enzo Pietropaoli al contrabbasso, Marcello Di Leonardo alla batteria, Daniele Scannapieco ai sassofoni e Lamberto Curtoni al violoncello, insomma gli stessi dell’album ‘Essenze Jazz’ cui si è aggiunto di recente Enrico Rava tromba e flicorno.Il gruppo si muove oramai con grande compattezza grazie anche ai preziosi arrangiamenti costruiti ad hoc dallo stesso Eduardo e da Stefano Sabatini suo collaboratore storico già dal 1983. E così il contesto diventa prettamente jazzistico, con i musicisti chiamati anche ad improvvisare, a duettare con il vocalist; magnifica, al riguardo, l’interpretazione di “Dalle radici” con il solo Pietropaoli. Dal canto suo De Crescenzo non si risparmia di certo sfoderando quella capacità di vocalizzare che da sempre costituisce una componente della sua cifra stilistica e utilizzando con sobrietà la fisarmonica che ora accompagna ora contrappunta il suo canto
Il repertorio è quello presentato nei precedenti concerti con l’aggiunta di due brani, “Occhi di marzo” e “Non tardare” quest’ultimo presente nell’album; abbiamo quindi riascoltato tutti i grandi successi di De Crescenzo, da “Dove c’è il mare” a “Il racconto della sera “, da “La vita è un’altra” a “Quando l’amore se ne va”, da “L’odore del mare” a “E la musica va”, da “Naviganti a “Sarà cosi”… fino all’immancabile “Ancora” e a “C’è il sole”, “Cosa c’è di vero” e “La vita è questa vita” offerti come bis.

Eduardo De Crescenzo 1 essenze Jazz
E riascoltando questi brani si capisce ancor meglio il perché questo progetto funziona: De Crescenzo sa scrivere molto bene, le sue creature sono impreziosite da originali e suadenti linee melodiche e da un impianto armonico che si presta assai bene ad arrangiamenti anche di tipo jazzistico tanto che se uno non sapesse che questi pezzi sono stati scritti anni fa per un mercato pop – nell’accezione migliore del termine – potrebbe benissimo scambiarle per delle ballad; e al riguardo ci piace ripetere quanto avevamo scritto recensendo l’album: “Il fatto è che quando il materiale tematico è di grande spessore – e le canzoni di De Crescenzo lo sono – risulta possibile lavorarci sopra e renderlo appetibile anche ad un palato raffinato come quello degli appassionati di jazz”.
Ovviamente tutto ciò non sarebbe stato sufficiente se non ci fosse anche – e soprattutto – la voce di De Crescenzo, la sua naturalezza nel porre questi mezzi vocali al servizio delle necessità interpretative del momento, la sua invidiabile capacità di carpire gli umori del pubblico sì da saper comunicare con lo stesso senza barriere, senza steccati solo con l’intermediazione della musica che, come ben sappiamo, è forse l’unico linguaggio universale che possa essere da tutti capito. Particolarmente toccante, ad esempio, “Amico che voli” introdotto da un lungo e centrato assolo del violoncello, per cui non è forse un caso che qualcuno seduto accanto a noi, alla fine del concerto, avesse gli occhi umidi.

Articoli scelti per te:

Ti è piaciuto l'articolo? Lascia un commento!

Commenti

commenti

Shares