Il concerto il 25 aprile all’Auditorium Parco della Musica di Roma

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Hugh Coltman

Bella serata quella offertaci da Hugh Coltman il 25 aprile scorso al Teatro Studio dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, a conclusione dell’applaudita tournée italiana
Qualche settimana fa, avevamo presentato ai nostri lettori “Shadows – Songs of Nat King Cole”, il nuovo progetto di Coltman dedicato al grande pianista e vocalist, per cui non ci siam fatti sfuggire l’occasione di ascoltarlo dal vivo. Ed è stata una scelta felice.
Abbiamo ascoltato circa due ore di bella musica, rilassante, evocativa, lontana da ogni forma di sperimentazione e soprattutto che non ci impegnava nel tentativo, spesso vano, di capire cosa il musicista sul palco volesse comunicarci. L’intento del vocalist, inglese di nascita e parigino di adozione, era chiaro, semplice: rendere omaggio ad un idolo della sua infanzia e nello stesso tempo ricordare la madre che aveva perso all’età di sette anni e che gli aveva fatto conoscere, attraverso i dischi, la musica di Nat King Cole.
Ben coadiuvato da Thomas Naim alla chitarra elettrica, Fabien Marcoz al contrabbasso, Raphael Chassin alla batteria, Paul Lay al pianoforte con il sassofonista Stefano di Battista ai sassofoni e il vocalist Walter Ricci in veste di ospiti d’onore, Coltman ha sfoderato quelle che sono le sue doti migliori: una convincente presenza scenica, una voce allo stesso tempo vellutata e roca, un profondo radicamento nel blues come evidenziato nell’ultimo bis impreziosito da un suo assolo all’armonica e già in passato ampiamente dimostrato con la sua band blues-rock “Hoax” fondata nel 1991.
Il concerto inizia con lo stesso brano con cui si apre l’album, “Are You Disenchanted” e prosegue con una serie di brani tratti sempre dallo stesso CD come “Meet Me At No Special Place”, “Morning Star”, “I Can’t be Bothered”, “Walkin’” e due pezzi non contenuti in “Shadows” vale a dire “Small Towns Are Smile Towns” e “Sweet Lorraine”, ma sono due i brani che a ben ragione raccolgono i maggiori applausi, “Smile” di cui Coltman offre una originale interpretazione e “Mona Lisa” con una splendida intro di basso e voce e con la convincente partecipazione di Walter Ricci.
Tra un brano e l’altro Coltman trova l’opportunità di raccontarci una sua disavventura: aveva programmato di arrivare a Roma piuttosto presto sì da poter visitare la città ma, come spesso, troppo spesso accade nel nostro Paese, il treno si è guastato restando fermo per ben quattro ore.
Ma tutto ciò non sembra aver influito sull’umore del vocalist, la cui performance non ha conosciuto un solo momento di stanca, risultando sempre godibile: il suo senso dello swing è innato così come la capacità di interpretare in modo originale pezzi che sono entrati nell’immaginario collettivo di chi ha superato gli “anta” (intendendo almeno i sessanta) ed ha avuto quindi modo di ascoltare il grande Nat King Cole. Unica nota a nostro avviso non proprio indovinata il contrasto tra la voce di Coltman e il suono metallico della chitarra di Naim tanto che alle volte, quando si passava dal canto all’esibizione solo strumentale il clima cambiava in maniera troppo repentina ed eccessiva.

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