Il Jazz ai tempi del Coronavirus le nostre interviste: Nicola Mingo, chitarrista

Intervista raccolta da Gerlando Gatto

Nicola Mingo, chitarra – foto Fabrizio Sodani

-Come sta vivendo queste giornate?
“Beh, sono a casa ormai dal 4 marzo, ultimo giorno in cui sono regolarmente andato ad insegnare musica nella Scuola dove lavoro abitualmente. Che dire? Restare a casa è la condizione necessaria per tutti per cercare di uscire dalla Pandemia. Non è facile vivere l’isolamento per tutti noi e, nel caso specifico, noi Musicisti ed artisti in generale, abituati al contatto diretto con il pubblico e la gente, soffriamo particolarmente la condizione di reclusione. Nonostante ciò, cerco di reagire mantenendo un contatto diretto con il pubblico e con tutti gli appassionati di Jazz e della mia Musica attraverso i Social: Facebook You Tube ecc. Organizzo dirette e video party con miei home concerts, invitando i followers e gli appassionati per stare in compagnia e far ascoltare la mia musica. Il vantaggio dei social è che ti mettono in contatto con tutto il mondo e consentono la comunicazione diretta con musicisti ed appassionati da ogni parte del mondo”.

-Come ha influito tutto ciò sul suo lavoro? Pensa che in futuro sarà lo stesso?
“Questa situazione ha sicuramente influito in modo negativo sul mio lavoro per vari motivi. Il primo è di ordine pratico. Le scuole di Musica dove insegno sono chiuse e, seppure organizzano lezioni online, non è la stessa cosa, in quanto nella didattica a distanza viene a mancare il contatto diretto con gli allievi. In secondo luogo, siamo stati tutti penalizzati dalla cancellazione di date e soprattutto dei Tour di promozione, nella fattispecie del mio nuovo lavoro discografico “Blues Travel” (Alfa Music), che avrebbe dovuto essere presentato in varie Manifestazioni e Festival estivi che, allo stato attuale, non si sa se potranno svolgersi regolarmente”.

Come riesce a sbarcare il lunario?
“Come per molte categorie, anche e soprattutto per gli artisti, è un difficile periodo perché non abbiamo, nella maggior parte dei casi, entrate fisse. Nonostante ciò, un po’ mettendo da parte qualcosa negli anni di lavoro, un po’ grazie alle lezioni e a qualche introito dalla Siae per concerti e vendite di dischi si va avanti così. Non ci è dato sapere, allo stato attuale, per quanto tempo ancora”.

Vive da solo o con qualcuno? E quanto ciò risulta importante?
“Sono sposato dal lontano 1993 e vivo felicemente con mia moglie. Mia figlia, laureata in psicologia, non vive più con noi, ma col suo compagno ed ha una sua attività lavorativa. Indubbiamente questo Tsunami si è presentato all’improvviso e mi ritengo fortunato della convivenza con mia moglie perché credo che in buona compagnia (detto alla Catalano) sia molto meglio che vivere la Pandemia da solo e in solitudine”.

-Pensa che questo momento di forzato isolamento ci indurrà a considerare i rapporti umani e professionali sotto una luce diversa?
“Sì, credo che questo brusco arresto del ritmo frenetico della società a livello mondiale ci abbia un attimo messo tutti in standby e forse ci abbia dato la possibilità di riflettere e valutare cosa è realmente importante e necessario e cosa no”.

– Crede che la musica possa dare la forza per superare questo terribile momento?
“Credo nel valore terapeutico e comunicativo della musica, e questo è stato il Leitmotiv della mia scelta a suo tempo ossia comunicare attraverso la mia musica. Quindi sono ben contento quando nel pieno di una diretta social la gente mi ringrazia e scrive frasi tipo “Ci voleva proprio”, “Ci aiuta a star meglio” ecc ecc”.

– Se non la musica a cosa ci si può affidare?
“La Musica tutto sommato può rappresentare una fede! la Fede nel Bello, nell’Estetica e nella Comunicazione. Altra possibilità è la Fede religiosa vera e propria! Ma credo che bisogna, oltre che sperare, soprattutto agire ognuno nel proprio campo e con le proprie possibilità”.

– Quanto c’è di retorica in questi continui richiami all’unità?
“Beh, al Primo Flash Mob sono stato uno dei primi musicisti ad aderire e con piacere suonare in diretta dalla finestra di casa mia FRATELLI D’ITALIA! Era un brutto momento e non si era capito ancora bene cosa stesse accadendo; questo primo flashmob è stato molto sentito da parte di tutti noi e credo fosse giusto così. Nei giorni successivi, però, non ho più aderito al flashmob, divenuto ormai una routine anche un po’ fuori luogo, dal momento che alle ore 18 si sentiva in tv il bollettino delle vittime giornaliere da Covid 19”.

– È soddisfatto di come si stanno muovendo i Vostri organismi di rappresentanza?
“Se per organismi di rappresentanza musicale intendiamo Midj, Jazzit, la petizione su change.org e tutta l’informazione della comunità jazzistica, sto dando loro il mio pieno appoggio a tutte le iniziative”.

-Se avesse la possibilità di essere ricevuto dal Governo, cosa chiederebbe?
“Non credo che in una situazione di emergenza totale da Pandemia Mondiale mi riceverebbero in qualità di artista e nella fattispecie Musicista di Jazz! Ciononostante ci sarebbero tante cose da dire ma non credo che questo sia il momento appropriato”.

-Hai qualche particolare suggerimento di ascolto per chi ci legge in questo momento?
“Su You Tube c’è tutto il MEGLIO del jazz mondiale e di ogni epoca, Coltrane, Parker,Rollins, Wes Montgomery, Clifford Brown etc. Ma se volete sostenere il Jazz, e nella fattispecie la mia musica, sarebbe molto gradita, e non costa nulla, l’iscrizione al mio canale You Tube dove do la possibilità di ascoltare integralmente tutta la mia produzione discografica ed in particolare l’ultimo lavoro, “BLUES TRAVEL”,registrato in compagnia di Giorgio Rosciglione, Gege’ Munari e Andrea Rea, CD già ottimamente recensito proprio su questa autorevole rubrica da Gerlando Gatto. Insomma restiamo in contatto tutti e soprattutto gli artisti, gli operatori del settore, i manager e facciamo RETE in Rete! Ecco questa è la chiave di Lettura del Futuro per me”.

 

Il Jazz ai tempi del Coronavirus le nostre interviste: Roberto Magris, pianista

Intervista raccolta da Gerlando Gatto

Roberto Magris, pianoforte

-Come sta vivendo queste giornate
“Cercando di promuovere on-line il mio nuovo Cd uscito in questi giorni, ascoltando musica e tenendomi costantemente in contatto con i miei figli che vivono a Madrid e Tampere.

-Come ha influito tutto ciò sul suo lavoro? Pensa che in futuro sarà lo stesso?
“Io faccio il musicista per passione e missione, ma ho un lavoro extra-musicale (manager pubblico) che fortunatamente non verrà messo in discussione in futuro ma, anzi, semmai potrà veder aumentato il mio impegno. Per quanto riguarda la mia attività musicale, comunque impegnativa e costante, e che si svolge soprattutto all’estero, negli USA e nel centro-Europa partendo da Praga, tutto quel che avevo in programma nei prossimi mesi è stato cancellato o posticipato. Spero che a partire da ottobre sia possibile riprendere. Il futuro sarà forse un po’ diverso ma credo che ci sarà senz’altro un futuro musicale”.

-Vive da solo o con qualcuno? E quanto ciò risulta importante?
“Vivo con mia moglie, alternandomi tra Trieste e la mia seconda abitazione in Slovenia. Poi negli USA ed a Praga. Adesso invece me ne sto molto volentieri ed in via esclusiva a casa assieme a mia moglie e questo è ovviamente essenziale per me. Purtroppo non posso vedere un nipote di pochi mesi, se non via telefono. Ma sono in contatto quotidiano con una molteplicità di persone, sia di ambiente musicale che mio lavorativo. Per cui, non sono in ferie… né mi sento abbandonato a me stesso”.

-Pensa che questo momento di forzato isolamento ci indurrà a considerare i rapporti umani e professionali sotto una luce diversa?
Non credo, a meno che non ci si faccia prendere definitivamente dal mondo virtuale continuando anche in futuro a rimanersene chiusi a casa. La cosa non deve diventare patologica anche perché i rischi nella vita ci sono sempre e dappertutto, in ogni caso. Vado a fare una passeggiata dietro casa e mi morde una vipera… Per cui i rapporti riprenderanno così come erano prima, magari con una mascherina in più ed qualche ristorante in meno”.

-Crede che la musica possa dare la forza per superare questo terribile momento?
“La musica, i libri, certi film sicuramente aiutano e soprattutto l’elenco delle cose che si scrive in agenda che si dovranno o si vorranno fare non appena sarà possibile riprendere”.

-Se non la musica a cosa ci si può affidare?
“Alla consapevolezza che nella vita accadono momenti spiacevoli, per la singola persona e/o per la collettività, che bisogna cercare di superare, come in un percorso ad ostacoli, come crescita individuale. E questo è inevitabile anche se reputavamo di essere una generazione per sempre fortunata ed immune da guerre, pandemie e quant’altro, magari ignorando di far parte della stessa umanità di cui fanno parte anche gli esuli siriani, che possono ugualmente prendersi il covid virus… Penso che la parola sia: maturità, umana ed intellettuale”.

-Quanto c’è di retorica in questi continui richiami all’unità?
“Non credo ci sia molto spazio per la retorica. In una comunità, in una nazione, ognuno deve fare la sua parte, direi, o con le buone o con le cattive. Anche quando si devono pagare le tasse, mantenere un senso civico, guardare gli altri che stanno peggio… per tutti gli altri motivi che non sono il Covid virus di oggi. Per cui, fatti e non chiacchiere. L’Italia sa rinunciare alla mafia/camorra/corruzione/furberie ecc.? Vedremo se dopo il Covid si ritornerà alle solite usanze di inciviltà. Temo di sì ed in “unità”. Domanda: devo confidare nella redenzione dei criminali e gli affossatori del nostro Paese o aspettarmi una nuova generazione di furbetti ed approfittatori? Maturità nell’unità”.

-È soddisfatto di come si stanno muovendo i Vostri organismi di rappresentanza?
Se si intendono gli organismi di rappresentanza dei musicisti jazz, non li conosco e dubito siano di qualche utilità in un contesto dedicato all’individualità. Ritengo che i musicisti (quelli jazz come quelli che suonano nelle balere o i pianobar) sono lavoratori così come, ad esempio, i cuochi dei ristoranti. Quindi se il piano è quello del lavoro (e non dell’arte) è giusto che le organizzazioni sindacali facciano la loro parte e lo Stato aiuti i più bisognosi. Senza fare i soliti inaccettabili “di cui”, per privilegiare qualcuno. Credo che lo Stato debba assumere misure generali per tutto il mondo del lavoro, cercando di entrare sempre più, man mano che il tempo passa, nelle varie specificità, aiutando secondo bisogna. Ma, ripeto, senza creare sacche di privilegiati o dare ascolto ai cosiddetti “piagnoni” per professione, tra cui identifico, ahimè, anche molti lavoratori della musica. Emerge una volta di più la vecchia questione: musicista è chi fa il mestiere del musicista? Io credo di no. Non esiste esclusività e neanche il “tengo famiglia”. E tutti gli altri? Si parlava di unità poco sopra… Anche perché molta gente che fa il mestiere del musicista lo fa a suo rischio e pericolo non rendendosi conto che forse farebbe meglio a fare altro (sia in base alle proprie doti musicali che in generale). E, a volte, chi se ne rende conto, opta per un comodo, mi va bene così. Ognuno faccia come vuole ma lo Stato è di chi paga le tasse. Altrimenti di quale patto sociale parliamo?”.

-Se avesse la possibilità di essere ricevuto dal Governo, cosa chiederebbe?
“Chiederei che fossero emanate norme a sostegno della cultura in generale e degli artisti italiani (sì, a discapito di quelli stranieri, almeno in una prima fase iniziale) prevedendo iniziative “a numero limitato di posti” per il pubblico. I teatri non sono mai stati sempre pieni e quindi si possono ottenere delle situazioni di “mezza capienza” organizzata. Idem per i locali che volessero fare musica, con tasse locali ribassate. Lo Stato potrebbe anche finalmente potenziare l’insegnamento della musica (e dello sport) nelle scuole dell’obbligo e, utopia socialista?, attivare una etichetta discografica di stato, una collana editoriale di stato ecc. (fuori dalle logiche del business) per dar modo agli artisti di produrre la loro arte con il sostegno diretto (e non mediato da direttori artistici la cui ragione di essere sono i finanziamenti pubblici o il do ut des), appunto, dello Stato. Da vendersi poi a prezzo simbolico. Sarebbe concorrenza di Stato? Ben venga. Del resto come la mettiamo con la concorrenza della sanità privata su quella pubblica? Lo stato sociale va ripensato, anche nelle espressioni artistiche e culturali. Per non parlare dello sport”.

-Ha qualche particolare suggerimento di ascolto per chi ci legge in questo momento?
“Un po’ di grinta non guasta. E anche uscire un po’ dal mondo ECM… suggerisco di ascoltarsi il  “Live in Los Angeles” di Brian Auger. O magari “Brazilian Soul” degli Azymuth. Assolutamente jazz? Bene: Billy Harper “The Black Saint”…”.

Il Jazz ai tempi del Coronavirus le nostre interviste: Max De Aloe, armonicista

Intervista raccolta da Gerlando Gatto

Max De Aloe, armonicista

-Come sta vivendo queste giornate?
“Per tre settimane sono stato isolato da tutto e tutti perché ho avuto il Covid 19 per cui è solo da pochi giorni che sto bene e sto ricominciando a suonare, a studiare e a godermi la famiglia”.

-Come ha influito tutto ciò sul suo lavoro? Pensa che in futuro sarà lo stesso?
“La mia scuola di musica è chiusa e i concerti sono tutti annullati. L’unica speranza è che si riesca a salvare almeno una parte della stagione estiva. Mediamente i musicisti di jazz hanno la maggior parte degli introiti dei concerti tra la primavera e l’estate quando ci sono rassegne e festival per cui per ora è tutto fermo e molti organizzatori stanno già cancellando le rassegne estive”.

-Come riesce a sbarcare il lunario?
“Con i risparmi”.

-Vive da solo o con qualcuno? E quanto ciò risulta importante?
“Ho una famiglia ed ovviamente in questo momento è un sostegno soprattutto dal punto di vista psicologico”.

-Pensa che questo momento di forzato isolamento ci indurrà a considerare i rapporti umani e    professionali sotto una luce diversa?
“No. Non penso che qualcosa migliorerà. Nel campo della cultura e della musica era già un continuo piagnisteo di mancanza di soldi e stimoli. Sarà solo peggio. Ma cercheremo di farcela. Non ho nessuna fiducia in aiuti statali a questo riguardo. Siamo stati sempre ignorati e continuerà ad essere così. Saremo l’ultima categoria professionale che potrà ricominciare a lavorare perché nella visione italiana siamo solo qualcosa di più che un gioco”.

-Crede che la musica possa dare la forza per superare questo terribile momento?
“La musica è sogno, vita, stupore, luce, impegno, sacrificio, bellezza. Certamente che in questo momento può aiutare. Aiuta sempre. Io non posso pensare alla mia vita senza musica. Nella mia vita è totalizzante. Un amore mai sopito che porto con me fin da quando ero bambino”.

-Se non la musica a cosa ci si può affidare?

“Ai veri rapporti tra le persone che ci vogliono bene. In questi giorni in cui sono stato male ho avuto delle bellissime testimonianze di persone che mi hanno scritto e telefonato tutti i giorni o quasi. Persone che erano preoccupate per me. Che non avevano timore di mostrare il loro affetto e le loro paure. Questa cosa mi ha aiutato moltissimo a sorpassare dei momenti non molto facili”.

-Quanto c’è di retorica in questi continui richiami all’unità?

“Un po’ ma ognuno la vive a sua maniera ed è giusto che sia così”.

-È soddisfatto di come si stanno muovendo i Vostri organismi di rappresentanza?
“Se intende gli organi di rappresentanza della categoria dei musicisti devo dire che non seguo moltissimo il loro operato ma comunque li stimo per la loro voglia di fare. Non potrei mai criticarli perché per avere il diritto di criticare bisogna essere disposti a rilanciare idee, darsi da fare, investire del tempo. Troppo facile la critica rimanendo a casa davanti a un computer”.

-Se avesse la possibilità di essere ricevuto dal Governo, cosa chiederebbe?
“Questa è una domanda difficile perché richiederebbe molto tempo per rispondere. Se la domanda è riferita a cosa chiederei rispetto alla mia categoria sicuramente mi accontenterei che venga veramente riconosciuta la nostra professione, spesso relegata a un ruolo da saltimbanchi di fine Ottocento. Suggerirei ai nostri politici di studiarsi il trattamento che viene riservato ai musicisti in Francia. Ma non ho neanche più voglia di lamentarmi e tanto meno di sperare. Le dico solo che in questo paese l’IVA sulla didattica musicale e sui CD è del 22%. Se va nel ristorante di Cracco scoprirà che l’IVA è del 10% e che se compra un libro di Ezio Greggio l’IVA è del 4% perché è un bene culturale. Per cui un CD di Stravinsky ha l’Iva al 22% e un libro di Ezio Greggio iva al 4%. Questo è il paradosso che purtroppo è realtà. Pensiamo a quanto non si sta facendo per salvare i negozi di dischi. Possiamo continuare a suonare e cantare su tutti i balconi ma in questo Paese non riusciremo probabilmente ad acquistare una dignità professionale. Se poi dovessimo parlare dei contributi pensionistici dei musicisti si aprirebbe un capitolo ancora più imbarazzante”.

-Ha qualche particolare suggerimento di ascolto per chi ci legge in questo momento?
“Ne avrei tantissimi:
NOCTURNE – Charlie Haden; DIANE – Chet Baker & Paul Bley; SAIL AWAY – Tom Harrell; PARKER’S MOOD – Roy Hargroove; Trio TOOTS THIELEMANS – Only trust your heart; DJAVAN – Rua dos Amores; DANIELE DI BONAVENTURA – Ritus; JORDI SAVALL- Les Voix Humaines; NILS PETTER MOLVAER – Solid Ether; FRANK MAROCCO – Ballads…
e mille altri dischi