Atina Jazz Festival 25 luglio 2013 Ore 22
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Hiromi: pianoforte e tastiera
Anthony Jackson: bass guitar
Steve Smith: batteria
Comincio questo mio articolo con una confessione : a me non piace molto Hiromi . La trovo un po' troppo tecnica, la trovo un po' troppo incentrata su virtuosismi di certo eccezionali L' anno scorso l' avevo vista in una location a dir poco dispersiva, ed ero lontanissima dal palco: ero rimasta strabiliata dai suoi numeri, dalla sua energia ma anche un po' delusa da quel suo lato un po' circense che toglieva spazio all' espressività che ci si aspetta quando si ama il lato più profondo del Jazz e del quale in Hiromi non trovavo molte tracce.
Ieri ho ritrovato Hiromi ad Atina. La location è diversa siamo in una bellissima piazza a misura d' uomo, il palco è vicino al pubblico, Hiromi appare ed è piccolina, sorridente, umana, direi quasi.
Si siede al pianoforte e comincia a suonare con un' energia pazzesca, brani virtuosistici di una difficoltà tecnica veramente incredibile, dando impulsi continui e tenendo le redini di un gioco ritmico – armonico – melodico in continuo divenire, tenendo in pugno, con quelle manine piccolissime milioni di note ed anche i suoi musicisti.
Sgranella idee, tante, tantissime idee, una dopo l' altra, non c'è mai una suggestione ripetuta nei brani e nelle suite che propone. Ci sono decine di riferimenti a musicisti, standard, stili (molti dei quali di sicuro saranno sfuggiti a me per prima) ma non posso dire che il suo concerto sia stato un arido collage dimostrativo della sapienza tecnico – musicale di Hiromi.
Mentre suona questa pianista dalla tecnica a dir poco sconcertante è felice. O almeno, sembrerebbe felice, ma no, guardandola è felice, e questo colpisce, guardandola in un palco a misura d' uomo. Suona fortissimo, ma anche pianissimo, va a trecento all' ora sulla tastiera e ride, guarda il pubblico come per dire “ma visto che cosa divertente ho fatto? “ e no, non sembra affatto dire “visto quanto sono brava?”.
La ascolto, la guardo, la vedo interagire con i suoi musicisti (bravissimi) , la guardo saltare dal seggiolino, vedo il suo entusiasmo, e comincio a chiedermi se forse non sono stata un po' severa a giudicarne la musica: si perché Hiromi è tutto fuorchè tronfia, o spaccona, e il suo modo di suonare comincio a capire che sembrerebbe rispecchiare in pieno il suo temperamento. Che per Hiromi tutta quella tecnica che deve essere stata durissima da imparare sembrerebbe per lei essere stata la montagna da scalare per arrivare alla vetta della gioia di suonare e così riuscire a tradurre in musica tutte le idee, anche le più folli, che ha in testa. Non direi che Hiromi abbia un linguaggio rivoluzionario, ma ha idee che (io credo) al 70% dei suoi colleghi pianisti probabilmente potrebbero apparire tecnicamente irrealizzabili. Insomma Hiromi ha studiato e ora può finalmente essere felice e suonare tutto ciò che le viene in mente, e che parli di lei. E questa allora mi sono chiesta, non è espressività? O l' espressività deve essere per forza lirismo, o tormento, o idee nuove underground che rispecchino disagio, o amore o chissà cos' altro? Espressività in fondo è esprimere se stessi e i propri stati d' animo, anche una folle leggera (o intensa) gioia di essere lì a suonare: e a condividere con il pubblico questa gioia.
E allora finisco questo mio articolo con una confessione: dopo Atina Jazz devo dirvi che mi piace molto Hiromi. La trovo molto tecnica, la trovo certamente incentrata su eccezionali virtuosismi, ma non li trovo più fine a se stessi. Ovvero, Hiromi è sincera, non è una fredda macchina produttrice di milioni di note. E dunque, che poi la sua musica possa piacere o no, è una grande pianista.
Andate a vedere questi artisti quando suonano nei Festival più a misura d' uomo, come Atina Jazz, ad esempio. Intanto premierete organizzatori instancabili che combattono la crisi con abnegazione e riescono a portare artisti (stranieri ed italiani) sul palco con grandi sacrifici, che vanno premiati. E poi avrete un rapporto con artisti e musica completamente diverso. Migliore.
A me piace molto Hiromi, quindi non tenete più conto della confessione precedente.
© Foto: Daniela Crevena
Carissimo Alessandro,
Comincio subito a scusarmi perchè solo ora mi sono resa conto di questo tuo bellissimo commento. Complimenti a te per il tuo entiusiasmo, che non è affatto prolissità.
Ascoltare musica significa secondo me (soprattutto dovendone scrivere) avere apertura mentale. E saper cambiare idea, nel bene e nel male: niente icone ma neanche pregiudizi. Ho scritto ciò che ho sentito!
Il grande Franco Fayenz è uno dei maestri della critica musicale e sono sicura che anch’ egli semplicemente abbia scritto ciò che ha sentito.
Continua a seguirci e grazie di cuore!
Daniela
Comincio con una confessione anch’io: amo profondamente Hiromi!
La sua musica è come quella cosa di cui senti il bisogno ma che non sai consciamente di cercare. Credo che Hiromi riesca a percepire più di altri musicisti il sentimento di questa nostra strana epoca post-moderna grazie ad una squisita sensibilità artistica.
Il mondo del 2013 è un’entità dove globalizzazione e tecnologia hanno già inciso sulle strutture sociali ed i sentimenti, la dialettica e l’etica umani. Mi vengono in mente gli scritti sociologici di Bauman e la sua “società fluida”. Senza esulare ulteriormente off-topic, sento che Hiromi sia davvero in grado di mettere in musica il senso profondo di cio’ che ci circonda e di cui non siamo ancora neppure pienamente consci …. come un pesce rosso non considera l’acqua che lo circonda dappertutto nella boccia. Hiromi tira fuori il bello ed il meglio dai sentimenti del “mondo nuovo” che si sta consolidando e questo ci serve moltissimo.
Scusami se sono stato prolisso e ho divagato ampiamente, è un pensiero che ho avuto sempre all’ascolto di Hiromi e mi sono sentito di esportelo visto la grande apertura metale che dimostri nel rivedere le tue posizioni.
Insomma, te sei riuscita a “vedere oltre” e a sorvolare i pregiudizi, cosa che neanche il grande Franco Fayenz è riuscita a fare in quest’articolo http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2011-08-02/hiromi-tecnica-perfetta-mani-205719.shtml?uuid=AaLsiHtD