A colloquio con il chitarrista dopo l’uscita del nuovo album “Human Being”

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Filippo Cosentino guitar

Filippo Cosentino è un giovane chitarrista che si era messo in luce nel 2010 con l’ottimo album “Lanes”; adesso ha firmato il suo secondo album da leader “Human Being” e come esponiamo più ampiamente nella recensione del disco, non possiamo che confermare quanto di buono era già stato scritto in occasione della prima uscita discografica. Ma chi è Filippo Cosentino? Come si è avvicinato al jazz? Quali le sue concezioni musicali? Lo scoprirete leggendo l’intervista che di seguito vi proponiamo

-Partiamo da quest’ultima realizzazione discografica, “Human Being”: come l’hai concepita soprattutto in relazione al primo album che aveva ottenuto un buon successo di pubblico e di critica…
“Il disco come lo si ascolta adesso è stato scritto nell’autunno del 2012; dal punto di vista compositivo questa volta ero partito proprio con l’intento di avere nel gruppo il sassofono e così abbiamo avuto il piacere di avere Michael Rosen come guest nel disco e i pezzi erano stati scritti proprio per creare questa alternanza tra la chitarra acustica e i sassofoni. A differenza del primo disco ho voluto mettere solo pezzi originali; il primo album era per così dire di presentazione del mio mondo, del mio suono, della mia idea di jazz. Questo, quindi, è un disco più maturo sia a livello di composizione sia a livello di sound: l’altra volta avevo adoperato anche la chitarra elettrica, questa volta c’è solo la chitarra acustica con l’ausilio della chitarra acustica baritona”.

-Come mai questa scelta?
“La chitarra acustica baritona è uno strumento che mi affascina, permette una certa varietà tra un brano e l’altro e in accordo con il sassofono produce altre sfumature di colore. Sul disco poi c’è solo un brano in cui uso la chitarra semi-acustica tradizionale.”

-E per quanto concerne il livello compositivo?
“Non credo ci sia molto da ragionarci sopra: mi son venute fuori una serie di melodie attorno a cui ho costruito il resto dei brani. Poi, naturalmente, mi sono fatto influenzare dai molti interessi musicali che ho, e che vanno dalla musica orientale a quella nord-americana. Insomma ho cercato di operare una simbiosi tra queste mie influenze e quel tipico suono che credo mi abbia caratterizzato sin dal primo disco. Al riguardo devo aggiungere che per questo secondo album abbiamo lavorato in uno studio molto ben attrezzato e con una magnifica produzione, che ci ha permesso di curare dei dettagli che l’altra volta non eravamo stati in grado di approfondire, creando così un bel team di lavoro.”

-Si può quindi affermare che al centro della tua ricerca musicale c’è sempre la melodia?
“Certo che sì; se facciamo musica lo facciamo anche per dare gioia a chi ci ascolta; non è una cosa che ricerco volutamente ma sin da bambino ha ascoltato musica melodica e ciò viene fuori adesso nelle mie composizioni. A mio avviso la melodia è una delle due caratteristiche fondamentali della musica, assieme al ritmo. Con la melodia e il ritmo esiste già un brano: basti pensare alle altre culture la cui produzione musicale non è basata sull’armonia, un elemento sostanzialmente europeo. Ci sono molte strade per fare musica: io ho trovato la mia”.

-Questa parole mi fanno particolarmente piacere perché vengono da un artista che ha una solida preparazione anche teorica…
“Ho iniziato a studiare chitarra classica all’incirca all’età di sette anni; verso i quattordici anni mi sono avvicinato al blues, al jazz… quindi ad un tipo completamente diverso di sonorità. Negli anni successivi ho continuato ad approfondire questi interessi anche con riferimento al momento compositivo finché verso i diciassette anni ho iniziato a suonare professionalmente. Come studi che completano il percorso, sono molto contento di essermi costruito una preparazione anche di tipo musicologico che mi consente di avere una visione molto ampia di ciò che è successo nel tempo e di capire meglio dove posso andare ad attingere determinati elementi”.

-Come ti sei formato questa preparazione musicologica?
“Ho studiato al DAMS di Bologna subito dopo il liceo e successivamente ho conseguito la specialistica. Mi sono poi laureato al Conservatorio Martini di Bologna…sono stato allievo di Tomaso Lama che è stato il relatore della mia tesi e ha scritto parole bellissime nella presentazione di questo mio nuovo disco. E’ stato per me un incontro molto, molto interessante, in quanto mi ha fornito gli strumenti per poter vedere le cose da un’altra angolazione rispetto alla mia originaria”.

-A cosa è dovuto il tuo avvicinamento al jazz?
“Quando ero ancora ragazzo, mi è stato regalato un disco in cui Louis Armstrong cantava le canzoni della Walt Disney. Questa capacità di prendere una melodia e farci qualsiasi cosa mi affascinò totalmente…anche perché io venivo da un studio classico in cui la partitura va eseguita così come è scritta. Comunque anche prima di scoprire Armstrong mi piaceva sentire mio padre che cantava magari una melodia di Battisti o ascoltare qualche pezzo per radio o in televisione e suonarmelo per i fatti miei così come lo sentivo. Folgorato da Armstrong, ho voluto affiancare studi più moderni cominciando ad ascoltare molto jazz; ma tornavo sempre ad Armstrong e lì ho capito che la melodia costituiva il metro di ciò che effettivamente mi piaceva fare”.

-Parliamo adesso della formazione che si ascolta nel disco.
“Il progetto è nato all’epoca del primo album, “Lanes”; allora avevo avuto come compagni di strada Davide Beatino e Giovanni Sanguineti al basso, Carlo Gaia alla batteria e Fabrizio Bosso come ospite d’onore. Questa volta, avendo io un suono acustico, avevo bisogno di un bassista elettrico; ringrazio quindi Davide Beatino di aver accettato di suonare nuovamente in questo album nonostante i suoi molteplici impegni come bassista di Samuele Bersani; Carlo mi segue dal primo disco, è un bravissimo batterista con cui condivido moltissime esperienze. Dunque la formazione nasce così. Ho poi fatto ascoltare alcuni brani a Michael il quale ha accettato di lavorare con noi. Dal vivo la promozione sta andando nel migliore dei modi, frutto, questo, anche di tanto lavoro di ricerca delle situazioni ideali dove presentare il disco; questa estate e nel prossimo autunno sarà possibile ascoltarci in vari festival e club con la mia formazione attuale che vede me alle chitarre acustiche, Mauro Gavini al basso freetless, Carlo Gaia alla batteria e Michael Rosen come ospite speciale”

-Come chitarrista, qual è il tuo punto di riferimento, stilisticamente parlando?
“Mi piacciono molto i lavori acustici di Pat Metheny”.

Filippo Cosentino Trio @TDL Jazz Festival

-Tu coniughi l’attività di musicista con quella di didatta dal momento che dirigi una scuola ben avviata in Piemonte. Cosa ti dà questo tipo d attività?
“Quattro anni fa ho aperto questo centro che si chiama “Milleunanota” nella mia città natale, Alba; è un centro di musica moderna e jazz, attivo da inizio settembre a metà giugno; abbiamo diversi corsi: chitarra, sax, batteria, canto, pianoforte, contrabbasso, basso, ear training, musica d’insieme, armonia. Abbiamo quindi anche preparato diversi ragazzi agli esami d’ammissione in conservatorio. D’estate, dal 4 al 12 luglio, viviamo l’esperienza formativa più importante dell’anno con il Campus Musicale: nato come iniziativa rivolta soltanto ai nostri allievi, adesso, grazie al Web, richiama allievi anche da fuori regione. Quest’anno ci saranno inoltre una masterclass di improvvisazione con Michael e una di musica d’insieme con Andrea Marcelli. Ci sono diverse borse di studio: cinque daranno a diverso titolo la possibilità di frequentare nuovamente il campus, mentre tre sono state messe a disposizione dalla scuola estiva del Fara Music. Venendo però alla domanda, credo che l’attività didattica sia molto bella per ciò che puoi ricevere dal punto di vista umano; quando vedi che un ragazzo ha capito il messaggio che gli volevi dare, è davvero una grande soddisfazione che compensa degli sforzi fatti. Quest’anno la soddisfazione più grande che ho avuto è stata ascoltare un gruppo di allievi che erano stati chiamati per accompagnare uno spettacolo di danza in un teatro: pur non avendo un’ottimale situazione sonora, sono riusciti egualmente ad ascoltarsi e a suonare bene. Ciò perché avevano capito, anche grazie alla scuola, cosa significa fare musica d’assieme”.

-Mi pare che ci sia la possibilità di “esportare” l’esperienza di questa scuola a Bologna
“Sì: grazie a un nostro collaboratore, si sta creando la possibilità di aprire una sorta di filiale della scuola di Alba in provincia di Bologna o a Bologna stessa. E’ un ampliamento che mi interessa molto in quanto può aprire nuove strade a livello sia didattico sia di collaborazioni… ma soprattutto si tratta di un tangibile apprezzamento dell’attività svolta”.

E quindi concludiamo con un sentito in bocca al lupo per questo giovane, entusiasta chitarrista.

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