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beethoven cabassi

So bene che la discografia delle Sonate di Beethoven è sterminata, ogni grande pianista (anche i meno grandi, e persino quelli minimi) le ha registrate, talora con esiti altissimi, al punto da inibire ogni confronto. E il discorso, ora iniziato, qui potrebbe finire.

Eppure questa pubblicazione (Decca) di Davide Cabassi merita tutta l’attenzione che spetta a un lavoro ragguardevole.

Le Sonate qui incluse sono le tre dell’opera 10 e la celeberrima opera 13, detta la “Patetica”. Caso vuole che, per vicinanza cronologica, si trovino qui riunite due delle tre in tutto concepite in do minore, tonalità che in questo autore connota sempre momenti di particolare tensione e drammaticità.

Nella Sonata in do minore op 10 numero 1, in tre tempi, ammiriamo come Beethoven riesca a conferire luce corrusca alle ombre da cui essa è circondata: una Sonata così già sarebbe bastata a immortalare la personalità di un giovane autore unico, proiettato fuori dal suo tempo.
Particolarmente degno di nota il primo movimento, laddove a un’idea iniziale dal taglio ritmico ed aggressivo si contrappone efficacemente una seconda dolentemente memorabile.

Tutt’altro clima nella seconda Sonata del trittico, opera 10 numero 2 in fa maggiore, che si colloca in una zona indefinita, sospesa tra il carattere scherzoso del primo e del terzo tempo, e quello misterioso del tempo intermedio: un interludio dalle reminiscenze vagamente pastorali, che procede in modo discontinuo e divagante.

Si è molto discusso sul senso dell’ironia, addirittura della comicità di Beethoven. Una comicità forse un po’ “grossier”, sanguigna, poco incline alle sfumature come pare fosse, caratterialmente il nostro amatissimo genio: purtuttavia fresca, e felice.
Il carattere culturale tedesco tende del resto all’irrequietezza, alla ricerca di spazi sempre maggiori, a un anelito di libertà; e questo Sommo incarna anche simili slanci, oltre a inglobare in sé molta musica passata e, chissà, tutta quella a venire.

La terza sonata opera 10 è più ampia delle precedenti e come scolpita nella roccia dolomitica del meccanismo pianistico: può far pensare, nello stesso tempo, a Clementi per il gesto strumentale, e a Winckelmann per il gentile quanto solenne equilibrio.
Ai tre tempi canonizzati delle due precedenti si inserisce qui, in terza posizione, un delizioso Minuetto, colmo di grazia viennese. Appena prima si era udito, quale tempo lento, un grande saggio di paesaggismo panoramico e – in apertura – un formidabile esempio di forma-sonata: in tutto e per tutto clementiano, come si diceva.
La conclusione invece rinnova quella temperie giocosa, ironica e immateriale già proposta nella Sonata precedente in fa maggiore, portandola però su un livello, come dire? quasi metafisico. Anche l’impegno virtuosistico qui si accresce, latore di contenuti espressivi tanto nuovi e variegati.

Conclude – e intitola – il CD la celeberrima Sonata in do minore opera 13, ‘Patetica’ nella quale, come nota molto bene l’estensore delle note di copertina Angelo Foletto, l’estremizzazione dei contrasti diventa il principio costruttore di tutta la musica, cifra tipicamente beethoveniana ma anche segno caratteristico di tutto il “beethovenismo” a seguire, nel quale la sublimazione di un principio dialettico sempre più contrastato diventerà matrice costante di riferimento (perlomeno fino al temporaneo naufragio della tonalità dovuto all’opera degli adepti schönberghiani, e del loro mentore).

Estremizzazione di contrasti, ma anche sottile apparentamento di idee abilmente mascherate come, ad esempio, l’identità (gelosamente celata) del secondo tema del primo tempo con quello che apre il terzo.
Allargamento di prospettive, ma anche contrazione dello spazio a tre movimenti rispetto ai quattro della sonata precedentemente descritta, quella in re maggiore.

…Ci sarebbe da continuare ma è tempo di dire del pianista, Davide Cabassi.
Egli si dimostra eccellente interprete. Non ha bisogno di forzare, per esprimere, poiché rivela naturali affinità, stilistiche di suono ed espressive, con queste musiche; inoltre, grande merito, non sembra curarsi troppo del peso inverosimile di confronti che sarebbero pesanti per chiunque, e canta con una libera voce sua propria: che si fa ascoltare e convince appieno.
Ottimo disco, quindi, al quale rivolgere tutta la vostra attenzione.

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