Al pianista fiorentino per la seconda volta il primo premio di “Jazz Critique Magazine”

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Alessandro Galati ha un curriculum quasi da capogiro ed è uno dei nostri Jazzisti più amati e conosciuti all’estero. Ha collaborato con nomi prestigiosi del Jazz internazionale (David Murray, Steve Lacy, Lee Konitz, Steve Grossman, Peter Erskine, Dave Liebman, Palle Danielsson, Bob Sheppard, John Patitucci, Michael Moore, Kenny Wheeler, Enrico Rava, Paolo Fresu, solo per citarne alcuni) ed ha una nutrita discografia al suo attivo. L’ anno scorso il suo “Seals” era stato premiato dalla rivista giapponese “Jazz Critique Magazine”. Quest’anno con “On a sunny day” il consenso di critici e pubblico è stato rinnovato.
Ne parliamo in questa intervista che Alessandro ha gentilmente concesso a noi di “A proposito di jazz”.

 

Alessandro, cominciamo subito a parlare del riconoscimento che hai ricevuto in Giappone da parte della rivista Jazz Critique Magazine per il tuo album “On a sunny day”, edito da Via Veneto Jazz, come miglior album strumentale. Per il secondo anno consecutivo, perche’ l’ anno scorso avevi vinto con “Seals” . Non capita a molti e non capita spesso ad artisti italiani.

E’ stata una sorpresona infatti. La stima del pubblico e della critica Giapponese (entrambi sono chiamati a votare nel poll indetto da Jazz Critique) mi commuove.


In Giappone ci sono fenomeni del pianoforte Jazz, ne cito due, Cihiro Yamanaka e Hiromi Hueara. Come pianista cosa pensi attragga del tuo stile, in un paese che ha pianisti jazz di fama internazionale?

Nell’era della globalizzazione tutti siamo “a portata di click”. Questo per noi musicisti e’ una fortuna perche’ abbiamo la possibilita’ di essere facilmente ascoltati anche in paesi lontanissimi. La mia musica e’ arrivata in Giappone prima di me, e probabilmente il mio stile compositivo ed esecutivo bene interpreta un ideale Asiatico un po’ “less is more”. 


Come è suonare in Giappone? Arrivare li’,  l’ accoglienza,  l’ organizzazione, cosa ti piace, cosa ti incuriosisce, e c’e’ qualcosa che invece ti lascia perplesso?

Negli ultimi dieci anni sono stato a suonare in Giappone quattro volte. Sono estremamente gentili e super organizzati. Qualità che si fanno parecchio apprezzare quando si è da soli lontano da casa. Dopo un po’ di giorni però manca quel tipico guizzo improvvisativo che abbiamo noi Italiani nel risolvere i problemi.


Ci parli un po’ del tuo cd? Un cd in Trio. E’ una formazione che sembra esserti molto consona, spiegaci perché.

Il trio è da sempre la mia formazione ideale, quella con cui riesco ad esprimere al meglio la mia visione della musica. Fin dal mio primo cd “Traction Avant” con Palle Danielsson e Peter Erskine ho trovato nel trio la perfetta collocazione per le mie idee. Mi attira la formula comunicativa del trio, in cui tutti siamo egualmente responsabili degli equilibri che si avvicendano nella musica, mi piace sperimentare strutture, tempi, suoni diversi, senza mai dimenticare di tenere ben in vista il timone nella direzione della melodia, mia principale meta, un legame antropologico eminentemente Italiano.


Chi sono i musicisti che ti hanno accompagnato in questa avventura?

Il mio trio odierno è con Gabriele Evangelista al contrabbasso e Stefano Tamborrino alla batteria, musicisti dotati di una straordinaria sensibilità, due intelligenze fuori dal comune.


Nella tua musica, come stavi accennando, c’è una costante attenzione alla melodia…

Credo nella melodia a dispetto dei “tempi” (specie quelli composti) . Esemplifico: di questi tempi il jazz newyorkese, ad esempio, è andato tutto nella direzione della iper-complessità ritmica. Sembra esserci una tendenza quasi a vergognarsi della melodia. Io invece ho le mie convinzioni ben radicate riguardo a questo, una musica che non mi affascina principalmente sul piano della melodia tende ad annoiarmi presto: e questo  indipendentemente da quanto possa interessarmi o meno sul piano ritmico, o persino su quello meramente armonico.


Come nasce un disco di Alessandro Galati?

Nasce dall’esigenza di mettere “nero su bianco” un pensiero, un’idea di bello. Mi piace calarmi nel processo di individuazione di un nuovo progetto discografico, mi eccita e ogni volta mi ci dedico con grande passione nonostante i tempi per la discografia non siano i migliori.


E in quanto tempo si realizza un disco di Alessandro Galati?

Dipende. Dall’inizio della composizione fino alla realizzazione ci possono volere mesi. In studio un paio di giorni tra registrazione e mix sono sufficienti.


“On a sunny day”  è stato registrato e missato ad Udine da Artesuono, dal mago Stefano Amerio. Qual è il valore aggiunto di questa importante fase di realizzazione di un progetto?

Con Stefano Amerio c’è una sintonia perfetta. Lui sa esattamente cosa vuole un musicista e ogni volta mi sorprende sempre più. E’ una persona meravigliosa, generosa e altamente professionale. Ho avuto la fortuna di registrare con i migliori tecnici al mondo, da Bernie Kirsch a L.A. nello studio di Chic Corea a Jan Erik Kongshaug di Oslo ai meravigliosi studi della Sony di Tokyo. Ebbene, Stefano è senza dubbio a questi livelli con il pregio che è a Udine, è una vera fortuna averlo così vicino.


Sembrerebbe per te più facile farti conoscere in Giappone che in Italia. Quale potrebbe essere la difficoltà alla base di questo fenomeno?

I fattori potrebbero essere molti, il primo dei quali è che probabilmente io s(u)ono troppo Italiano per essere un Jazzista..


Dimmi due aggettivi positivi e due negativi per definire, da Jazzista, sia il Giappone che l’ Italia

Giappone: altamente professionali, cibo eccellente, nessuno parla Inglese, poco creativi
Italia: molto creativi, cibo eccellente, troppo filoamericani, molto mercato nero


Fai Jazz da molti anni. Dicci le soddisfazioni, le gioie, i rimorsi, i rimpianti.

Faccio ciò che ho sempre sognato di fare, il musicista improvvisatore. Ho suonato con moltissimi musicisti che hanno fatto la storia di questa musica, ho viaggiato e visitato molte nazioni straniere. Mi dispiace che in Italia il nostro lavoro non goda ancora dei diritti necessari, per questo credo molto nella nuova associazione midj, il cui lavoro per adesso sta dando frutti importanti.


Hai già in cantiere nuova musica?

Ho registrato un nuovo lavoro dedicato alla memoria del grande trombettista compositore scomparso Kenny Wheeler che dovrebbe uscire in primavera con il mensile Musica Jazz. Un tributo con musica interamente di mia composizione insieme a Simona Severini, Stan Sulzman, Stefano Cantini, Ares Tavolazzi, Enzo Zirilli.


La musica continua…


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