David Amram delizia il teatro Manzoni a Milano

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Aperitivo in concerto, Teatro Manzoni Milano, stagione 2015 – 2016

Domenica 28 febbraio 2016

David Amram Quintet

David Amram: pianoforte, corno francese, percussioni, flauto a fischietto, flauto Lakota, flauto Hulusi
Jerry Dodgion: sassofono contralto
Rene Hart, contrabbasso
Kevin Twigg:: batteria, percussioni, glockenspiel
Adam Amram: congas

Sono assolutamente convinta, da sempre, che nel Jazz sia importante ascoltare i nuovi talenti – che portano ossigeno, idee, impulsi ad un genere musicale che per definizione e’ continuamente “in fieri” . Sono altresi’ assolutamente convinta, da sempre, che nel Jazz sia fondamentale ascoltare i musicisti che continuano a tracciarne la storia da decenni, perche’ trovo che sia una occasione unica poter assistere a cio’ che ha preceduto le “avanguardie” ma che ancora e’ vivo e pulsante: tanto vivo e pulsante da attingere alle stesse nuove generazioni pur rappresentando le precedenti.
Quando si e’ grandi musicisti lo si continua ad essere fino a che si ha la voglia, l’estro, la capacita’ creativa di suonare: non a caso ad esempio Ennio Morricone, 87 anni,  ha appena vinto un meritatissimo Oscar non certo alla carriera,  ma per la migliore colonna sonora del film Hateful Eight di Quentin Tarantino.
Quando si e’ grandi musicisti si puo’ sostenere la scena di un teatro pieno a ben 86 anni, come ha fatto David Amram al Teatro Manzoni a Milano per la rassegna “Aperitivo in Concerto”, organizzata da Gianni  Morelenbaum Gualberto , e che anche stavolta ha fatto centro riportando a Milano dopo decenni un artista che ha percorso il Jazz insieme a nomi davvero mitici. Non mi dilunghero’ in questo articolo a descrivere il curriculum di Amram, ma vi invito caldamente a leggere la sua storia artistica.
Come e’ il Jazz filtrato da piu’ di sessant’anni di carriera ad altissimi livelli? Si potrebbe immaginarlo come una ormai immobile, vetrificata catasta di stilemi tanto desueti quanto marmorei, una specie di enciclopedia fissa a cui attingere quando occorre qualche nozione su “cosa e’ il jazz”, e invece non e’ cosi’.
Di certo ad ascoltare questo garbato e allo stesso tempo eccentrico artista che muore dalla voglia di comunicare con il pubblico, ci si trova davanti al fascino del Jazz piu’ tradizionale. Amram spiega con cura ogni brano prima di eseguirlo, raccontandone la storia, sorridendo, coinvolgendo. Nella ricca scaletta presentata, pero’, fatta di  composizioni musicali originali, tra cui anche temi per  colonne sonore cinematografiche celeberrimi  ( “The Manchurian Candidate” di John Frankenheimer, tanto per citarne uno) e di standard celeberrimi, per quasi due ore di concerto e’ trapelato netto anche  il gusto del ricreare, reinterpretare, rimescolare brani eseguiti per decenni e che hanno respirato di freschezza e leggerezza.  Nella loro innegabile complessita’ di composizioni di alto livello, gli stessi brani hanno assunto oltretutto l’importante aspetto di intrattenere  un pubblico che in effetti ha partecipato con divertito affetto ad ogni sollecitazione. Questo per merito di un leader, David Amram, che dopo decenni di scena si e’ certamente potuto liberare della pesantezza di dover dimostrare qualcosa, di convincere di qualcosa, di sbracciarsi per affermare il proprio livello artistico. E allora si torna alla domanda: come e’ il Jazz filtrato da piu’ di sessant’anni di carriera ad altissimi livelli?
Quello di Amram, che ha suonato il pianoforte ma non solo,  e’ lineare, all’ ascolto, pur non rinunciando a giochi armonico – timbrici ( le dissonanze e il tema nel registro grave di “Take the A train”, ad esempio) , al gusto raffinato per le dinamiche (belli i pianissimo con il sax di Jerry Dodgion, altro leone del Jazz con un curriculum da brivido), all’ interesse per l’ improvvisazione con strumenti inusuali quali il flauto Lakota o il flauto Hulusi.
Il quintetto, non occorre sottolinearlo, e’ apparso coeso in maniera impeccabile, e la cosa si e’ percepita nettamente proprio nelle dinamiche: quanto e’ difficile suonare piano facendo in modo che il suono sia intenso e percepibile in ogni suo intreccio con gli altri strumenti, ad esempio. Quanto in questo senso e’ stato godibile poter seguire le linee di contrabbasso del bravissimo Rene Hart che si intersecavano mirabilmente con le linee ritmiche eleganti della batteria di Kevin Twigg e delle congas di Adam Amram.
Giocherellone ma serio, strenuamente mainstream ma innovatore, curioso ma anche sinceramente desideroso di far conoscere il frutto della sua curiosita’ ad un pubblico che ha raccolto la sfida e divertendosi ha ascoltato il vecchio ed il nuovo (persino un gentile rap, si, un rap ricavato su accordi old stile con una voce da crooner), Amram non aveva nulla da dimostrarci ma molto, moltissimo da raccontare. E tutti noi sappiamo quanto una fiaba sia bella da ascoltare nonostante noi la conosciamo a memoria: il mistero sta proprio li’, nella voglia che abbiamo di conoscerne la fine poiche’ ogni volta, se chi ce la racconta ha fantasia, passione, trasporto, ci pare ci sia qualcosa di nuovo, di inaspettato, di emozionante. E quando la sentiamo raccontare e’ proprio cosi’: c’era quel qualcosa di nuovo, di inaspettato e di emozionante. Non si rimane delusi. E infatti il pubblico ha risposto entusiasticamente ad un concerto articolato e divertente.
Essendo stata questa di Milano la prima e unica data italiana vi dico che e’ davvero valsa la pena di fare ” l’ inviata ” da Roma: anzi a dire il vero posso ritenermi fortunata.

Giuliana Soscia Tour in India

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In un momento in cui il nostro Paese non brilla certo nel panorama internazionale, è con vero piacere che vi segnaliamo questa notizia anche perché si tratta di un’artista che da sempre riscuote la fiducia e la stima del vostro cronista: la fisarmonicista, compositrice e arrangiatrice Giuliana Soscia con il suo trio “Sophisticated Ladies” – A Tribute to Women Composers in Jazz – sarà protagonista di un tour in India proprio in occasione della Festa della Donna.
In particolare il Giuliana Soscia Trio si esibirà il 6 Marzo presso l’ “Experimental Theatre dell’NCPA” di Mumbai, il 7 Marzo presso l’Auditorium del “GD Birla Sabhaggar” di Calcutta e l’ 8 Marzo presso il “Civil Services Officer’s Institute” di New Delhi, con il supporto dell’Ambasciata Italiana in India e gli IIC di New Delhi e Mumbai.
Il trio, oltre la leader, comprende Aldo Vigorito al contrabbasso e Pasquale Fiore alla batteria. (altro…)

ALEXANDERPLATZ JAZZ CLUB – RE-Opening 27 febbraio 2016

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Via Ostia, 9, 00192 Roma
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www.alexanderplatzjazzclub.it

Anche le mura dell’Alexanderplatz hanno assorbito 33 anni di musica!
Lo testimoniano le centinaia di graffiti che artisti di tutto il mondo hanno voluto lasciare, con dediche spiritose, poetiche, sempre affettuose, per celebrare il loro passaggio nello storico locale di Via Ostia.
Nel 1984, Giampiero Rubei dava vita a quello che sarebbe diventato il più celebrato jazz club di Roma, recensito e consigliato anche da tutte le più autorevoli testate di settore italiane e non solo, la rivista statunitense Downbeat lo riporta anche quest’anno come “Uno dei migliori locali jazz del mondo”!
Impossibile citare i grandi che si sono esibiti, tra tanti Chick Corea, Chet Baker, Winton Marsalis, Dave Holland, Michael Brecker, Joe Henderson, Jack de Johnette, Steve Coleman, Stefano Bollani,  Antonello Salis, Stefano Di Battista, Danilo Rea, Roberto Gatto, Javier Grotto, Natalio Mangalavite, Flavio Boltro, Fabrizio Bosso, e i migliori nomi del jazz tradizionale Loffredo, Patruno, Marcello Rosa, Piana e molti altri.
Molte anche le iniziative che hanno preso forma per volontà dei Rubei e che hanno divulgato il jazz italiano in festival internazionali, da Villa Celimontana Jazz fino a New York, Parigi, Chicago, Mosca, Dubai, Pechino, Finlandia, Londra, Corea, Amsterdam, Grecia, Medio Oriente.
La serata inaugurale, sabato 27 febbraio, avrebbe coinciso con il compleanno del patron Giampiero Rubei, e sarà una lunga kermesse a testimoniare la ricorrenza. Le adesioni di tutti i più importanti e affezionati musicisti del mondo jazz sono in continua evoluzione.
Tra gli altri: Maria Pia De Vito – Stefano Di Battista – Alfredo Paixao – Rosario Giuliani – Riccardo Biseo – Lino Patruno – Giovanni Tommaso – Niky Nicolai – Miraldo Vidal Band – Natalio Mangalavite – Javier Girottto -Disordinati Musicali.
La nuova stagione vedrà alla direzione del locale e degli eventi collegati, come il Festival Internazionale “Jazz&Wine” a Montalcino e “Non Solo Jazz” all’Argentario, Eugenio e Paolo Rubei.
Nel locale rinnovato, la cavea jazz riprende i suoi colori dal bar alla cucina, un piccolo spazio dedicato all’artigianato, mostre, eventi. Non mancherà nella programmazione il jazz tradizionale, ma si esploreranno anche i nuovi linguaggi, fedeli alla linea del club star del jazz internazionale e nostrano, tra le nuove proposte, invece, le serate dedicate al cantautorato di qualità italiano. Nella nuova stagione la collaborazione con “Disordinati Musicali”, al secolo Daniela Morgia & Claudio Milo Vietnam in partnership con Radio K , per serate e after live con selezioni musicali, Djset e Live set che vedranno interagire musicisti e Djs. (altro…)

Ravel, L’enfant et le sortilèges. L’opera “spiritosa” del grande maestro

Seij Ozawa è uno dei migliori direttori al mondo. Specialista tra l’altro del repertorio novecentesco, che sa tradurre in esecuzioni di appassionata esattezza, nel settembre 1984 formò sotto la propria leadership l’orchestra denominata Saito Kinen per commemorare Hideo Saito, famoso insegnante nipponico.
Costituita da strumentisti giapponesi provenienti da ogni parte del mondo, essa ha proseguito la propria attività principalmente sotto la guida dello stesso Ozawa, incidendo dischi ed effettuando tournées di successo in tutto il mondo.

Ozawa è un appassionato cesellatore, un maestro del decorativismo, amante del particolare, del dettaglio che aggetta dalla struttura principale. Il motore di ogni sua scelta musicale sembra essere il senso dei colori, che egli ha vivissimo; ma è anche una mente organizzativa che sa restituire le più lambiccate strutture in immagini chiare, nelle quali consiste l’interezza del pensiero dell’autore prescelto. Perfetto, quindi, per condurre felicemente in porto il “Bambino e i sortilegi” che può ben dirsi il capolavoro scenico del grande autore basco, anche soltanto per l’orchestrazione davvero stupenda (ogni studente di composizione trarrebbe gran profitto da un’analisi approfondita di questa partitura).

E’ poi il tono singolare, in bilico tra vaudeville e opera comica, a costituire il fascino di questo microdramma, che Beniamino dal Fabbro definì ”una sorta di geniale e personale compendio di tutte una serie di ispirazioni musicali infantili” , da Schumann, a Musorgskij giù giù fino allo stesso Ravel, che con il balletto ‘Ma Mére l’Oye’ già si era avventurato nei recessi della fiaba.

Qui abbiamo un bambino che si addormenta dopo aver distrutto, in quel furore ricreativo tipico delle piccole pesti, una certa quantità di giochi: i quali poi, in sogno, si rianimano rancorosi, perfino assetati di vendetta, finché un gesto di spontanea pietà del bimbo nei confronti di uno scoiattolo ferito non li placa, facendo guadagnare al pargolo il perdono “coram populo” o, come sarebbe meglio dire in questo caso, “coram matre”.
Maurice Ravel è spesso assimilato al movimento impressionista ma, già lo si disse anche su queste pagine, nulla è più sbagliato. Egli è un orologiaio, un artista della puntasecca, appassionato di meccanismi di precisione, un seguace spirituale del primo positivismo, uomo del settecento piuttosto che letterato tardo-romantico alla Debussy. La sua musica sembra coniata sul modello mozartiano, tuttavia stringe legami anche con il jazz e la musica leggera del tempo (ben superiore a quella di oggidì). Ravel mai riproduce il reale così com’è; c’è sempre un mondo ulteriore rispetto a quello che si esibisce.
Oltre al tono misterioso, che prima si evocava in riferimento allo stile, questa deliziosa operìna risulta affascinante anche per il particolare ‘declamato’ richiesto ai cantanti, sorta di recitativo volto a creare una specie anticonvenzionale di straniamento.

La compagnia di canto (Susan Graham, Isabel Leonard, Jean-Paul Fouchécourt e altri) è qui all’altezza del compito, l’orchestra e il direttore eccellenti. Tra i numeri musicali, degni di nota, spicca un “duo miaulé” che fa degnamente il paio con quello più noto di Rossini. Il libretto di Colette è gustoso quanto praticamente intraducibile.
Nell’opera vengono impiegati strumenti obsoleti quali gli eoliofoni e il flauto di loto, oltre ad oggetti eterodossi come la raganella a manovella, la frusta, i crotali, un ceppo di legno, persino una grattugia per il formaggio.
Completano questo CD Decca altre due altre celebri opere raveliane: Shéhérazade, poema di ispirazione orientale su testo di Tristan Klingsor, ancora con l’ottima Susan Graham, Alborada del Gracioso, trascrizione autografa dell’omonimo, vertiginoso brano incluso nel ciclo pianistico “Miroirs”.

Giacomo Uncini Indian Summer in concerto allo Zingarò Jazz Club di Faenza

Giacomo Uncini Indian Summer in concerto allo Zingarò Jazz Club di Faenza.

Giacomo Uncini Indian Summer
Giacomo Uncini. flicorno, tromba
Carlo Petruzzellis. chitarra
Ludovico Carmenati. contrabbasso
Massimo Manzi. batteria

Mercoledì 24 febbraio 2016. ore 22

Zingarò Jazz Club
Faenza. Via Campidori, 11

Mercoledì 24 febbraio, alle 22, la stagione dello Zingarò Jazz Club prosegue con Indian Summer, il quartetto guidato dal trombettista Giacomo Uncini e formato da Carlo Petruzzellis alla chitarra, da Ludovico Carmenati al contrabbasso e da Massimo Manzi alla batteria. La serata avrà inizio alle 22 ed è ad ingresso libero.

Indian Summer nasce dalla collaborazione tra Giacomo Uncini e Carlo Petruzzellis. Il quartetto punta a fondere melodia e tradizione del jazz, guarda ai richiami etnici attraverso una modernità elettrica. Una linea che riprende le trasformazioni sempre in corso nel jazz per formalizzarle in brani di ampio respiro e sempre attenti alla cantabilità, arricchiti, peraltro, dalla musicalità lirica e pulsante della ritmica. (altro…)

Le “Essenze Jazz” di De Crescenzo conquistano il pubblico romano

Eduardo De Crescenzo 3

Presentando il concerto di Eduardo De Crescenzo di sabato 20 all’Auditorium di Roma, avevamo usato il termine “emozioni” e mai scelta fu più indovinata. De Crescenzo rimane un interprete di assoluto rilievo, capace di trasmettere quelle stesse emozioni che con tutta evidenza egli stesso prova quando si esibisce. Di qui un reticolo fitto di comunicazioni, di trasmissioni attraverso cui il pubblico recepisce perfettamente ciò che l’artista sul palco cerca di trasferirgli. Ed una conferma si è avuta chiara, limpida, durante il concerto cui si accennava in apertura.
Con la sala Sinopoli abbastanza piena, il cantautore partenopeo ha ripresentato il suo “Essenze Jazz” ed è stato ancora una volta un grande successo. Il progetto è stato presentato in anteprima nel 2012: il 24 aprile al Blue Note di Milano, il 4 maggio alla Casa del Jazz di Roma e l’11 giugno al Teatro San Carlo di Napoli. Successivamente nel 2013: il 21 marzo al Teatro Sistina a Roma; il 22 giugno al Ravello Festival, Villa Rufolo; il 7 luglio a Umbria Jazz, Teatro Morlacchi. Personalmente avevamo ascoltato questa performance sia alla Casa del Jazz sia al Teatro San Carlo e ne eravamo rimasti particolarmente colpiti. Sensazione che si è rinnovata sabato scorso al termine di due ore di concerto in cui Eduardo ha veramente dato tutto se stesso, accolto con calore ed affetto da un pubblico particolarmente recettivo che, caso più unico che raro, applaudiva nei momenti giusti, batteva le mani a tempo e intonava le melodie senza gravi stonature e quel che più conta senza disturbare le atmosfere che i musicisti sul palco disegnavano con perizia.
E parlando dei musicisti occorre ancora una volta sottolineare come De Crescenzo abbia saputo circondarsi di elementi di particolare caratura: Stefano Sabatini al pianoforte, Enzo Pietropaoli al contrabbasso, Marcello Di Leonardo alla batteria, Daniele Scannapieco ai sassofoni e Lamberto Curtoni al violoncello, insomma gli stessi dell’album ‘Essenze Jazz’ cui si è aggiunto di recente Enrico Rava tromba e flicorno. (altro…)