Teatro Pasolini Cervignano (ud): il 2019 in musica si apre con Roots&Future di Franco D’Andrea, musicista italiano dell’anno, in trio con D’Agaro e Ottolini

FRANCO D’ANDREA, UNO DEI PIÙ GRANDI PIANISTI CONTEMPORANEI, APRE IL 2019 IN MUSICA DEL TEATRO PASOLINI DI CERVIGNANO DEL FRIULI

Dal jazz-prog dei Perigeo, più di cinquant’anni di musica e un nuovo progetto: Roots&Future, in trio con Daniele D’Agaro al clarinetto e Mauro Ottolini al trombone

Cervignano del Friuli, Teatro Pasolini, giovedì 17 gennaio 2019, ore 21:00 – Nel cartellone della stagione musicale 2018/2019, curata da Euritmica

La stagione musicale 2018/2019 del Teatro Pasolini di Cervignano, curata da Euritmica, entra nel vivo con una serie di quattro concerti di livello assoluto! Si parte giovedì 17 gennaio 2019 (inizio alle 21.00) con un concerto che chiama a raccolta i jazzofili di tutta la regione: Franco D’Andrea, tra i più grandi pianisti contemporanei, già leader dei mitici Perigeo (la band di jazz-prog che ebbe un successo strepitoso negli anni ’70), presenta sul palco del Pasolini il suo recente progetto, Roots&Future, con il friulano Daniele D’Agaro al clarinetto e l’iridescente Mauro Ottolini al trombone. (Info&Biglietti: 0431 370273 – Il giorno del concerto, alla cassa del Teatro, dalle 20:00 – intero € 15 / ridotto € 12 / ridotto giovani e studenti under 26 € 8).

La scintillante sapienza creativa di Franco D’Andrea – che ha recentemente vinto, per la dodicesima volta,  il Top Jazz 2018, lo storico riconoscimento assegnato dalla rivista Musica Jazz, come “Musicista italiano dell’anno” e quello per “Disco italiano dell’anno” con Intervals I – è un poliedro tendente alla sfera. L’estensione della sua costante ricerca di un linguaggio personale all’interno della tradizione jazzistica, trova in questo concerto in trio una rappresentazione adamantina, straordinaria panoramica sul suo pensiero musicale libero da manierismi di sorta e costantemente alla ricerca di un’espressività autentica e profonda. Musica di una caparbietà gentile, appuntita, magmatica, scattante e raffinata, innovativa e coerente allo stesso tempo. Mirabilmente in bilico tra Apollo e Dioniso. Intensamente personale, completamente jazz. Tra i brani in repertorio figurano i notissimi Basin Street Blues, Naima, I Got Rhythm e molti altri.

È di certo un trio atipico quello che vede D’Andrea al piano insieme a Daniele D’Agaro al clarinetto e Mauro Ottolini al trombone. “La banda è stata il colore di riferimento del jazz tradizionale, che è la musica che mi ha affascinato ai miei esordi – dichiara Franco D’Andrea – la formazione degli “Hot Five” di Louis Armstrong comprendeva tromba, clarinetto, trombone, piano e batteria o banjo. Questa combinazione di strumenti, per me assolutamente magica, ha ancora molto da offrire anche alla musica jazz dei nostri tempi. Questo trio contiene in sé l’essenza del suono di una banda, nella quale strumenti caratteristici sono sicuramente il clarinetto, in rappresentanza delle ance, e il trombone, per gli ottoni. Il pianoforte in questo contesto può giocare una molteplicità di ruoli grazie alla sua tipica orchestralità. La musica si sviluppa tra riff, poliritmie, contrappunti improvvisati, astrazioni contemporanee e sonorità talvolta ispirate al “jungle style” ellingtoniano”.

La stagione musicale del Pasolini prosegue il 9 febbraio con Marc Ribot e le sue canzoni di resistenza; il chitarrista statunitense, che gravita nell’alveo di John Zorn e collabora con il mitico Tom Waits, è annoverato da parecchi critici tra i top guitar player di tutti i tempi.

La programmazione giungerà al capolinea con i concerti del re dello scat italiano, il poliedrico Gegè Telesforo (22 febbraio) e della North East Ska Jazz Orchestra (26 marzo), che presenta in anteprima il suo nuovo album.

 

Info: www.euritmica.it

euritmica / Via C. Percoto, 2 – 33100 UDINE – Italy / tel. +39 0432 1720214

Ufficio Stampa (Marina Tuni +39 339 4510118 o 345 6968954)

 

 

“Porgy & Bess” rivive con le voci di Ella Fitzgerald e Louis Armstrong

E’ già in edicola la seconda uscita della collezione Hachette “I capolavori del jazz in vinile”, dedicata per l’appunto alle voci che hanno scritto alcune delle pagine più importanti della storia del jazz, pagine tratte dal ricchissimo “patrimonio” della Verve, leggendaria etichetta discografica statunitense specializzata in jazz, fondata nel 1956 dal produttore discografico e impresario Norman Granz.

Questo secondo album, doppio, è dedicato ad una delle opere più significative di George Gershwin, “Porgy and Bess”, nella imperitura interpretazione di un duo eccezionale: Ella Fitzgerald e Louis Armstrong.

Come giustamente sottolinea Marco Giorgi, nelle note che accompagnano i due LP. “Porgy and Bess” non è un musical ma una vera e propria opera lirica a rappresentare un’epopea della vita del Sud degli Stati Uniti. Di qui una musica straordinaria che trova le sue radici nel jazz come nel ragtime, nel blues come nel folk… nel gospel.

La prima dell’opera si tenne a Boston e durò per ben quattro ore! Il che indusse l’autore a rivedere lo spettacolo per contenerlo in termini temporali più accettabili. Così la prima a New York si tenne il 10 ottobre 1935 all’Alvin Theatre e le rappresentazioni andarono avanti sino al 26 gennaio 1936. Nonostante ciò che può sembrare oggi, a quei tempi se uno spettacolo rimaneva in cartellone tre mesi non si trattava certo di un successo popolare. Comunque le melodie gershwiniane a poco a poco cominciarono a diffondersi nel Paese e a conquistare sia il pubblico sia la critica. Il veicolo di questo successo fu, senza dubbio alcuno, “Summertime” uno dei brani più eseguiti dell’intero repertorio jazzistico. Ad utilizzarlo per primo al di fuori del suo contesto fu l’orchestra di Bob Crosby,cui fece seguito, poco dopo, una splendida interpretazione di Billie Holiday (prima cantante a registrare il pezzo) e da allora davvero non si contano le versioni del brano (se ne calcolano all’incirca venticinquemila).

Tra queste, l’interpretazione che ne dettero Ella Fitzgerald e Louis Armstrong (che ritrovate in questo doppio volume) è di livello assoluto; sotto la direzione orchestrale di Russell Garcia – che curò anche gli arrangiamenti – Ella e Louis si trovarono in sala di incisione a Los Angeles una prima volta il 18, 19 e 28 agosto del 1957 e quindi il 14 ottobre dello stesso anno. Il risultato è quanto si può apprezzare nel doppio album proposto dalla Hachette e, come si accennava, ancora una volta tocca nel profondo l’interpretazione di “Summertime” tutta giocata sul contrasto tra la cristallina purezza della voce della Fitzgerald e la ruvidità di Amstrong, contrasto appianato dalla profonda affinità poetica che i due riuscirono ad esprimere in questa così come nelle altre occasioni che li videro indiscussi protagonisti.

I nostri CD

Cécile McLorin Salvant – “The Window”- Mack Avenue Records MAC 1132
L’intimità del Village Vanguard (storico club newyorkese) esalta la voce della Salvant, ventinovenne cantante statunitense accompagnata dal piano versatile di Sullivan Fortner (in un paio di occasioni anche all’organo). La dialogante formula del duo si amplia al trio solo per l’ultimo brano, il magnifico “The Peakocks” della vocalist inglese Norma Winston arricchito dal sax tenore di Melissa Aldana nella seconda parte.
Cécile McLorin Salvant (nata in Florida, di padre haitiano e madre francese) in questo quinto album imprime la sua personalità canora su brani di diversa matrice, uniti dal suo timbro cangiante, dalle eleganti modulazioni fino al registro grave (e acuto), da un canto – in inglese o in francese – che spesso tende a forzare, in cui il rapporto con le parole è intenso e la dimensione interpretativa quasi dominante.
In ordine appaiono, come autori, Stevie Wonder, Snyder-Singleton, Dietz-Schwartz, Rodgers (anche con Hammerstein ed Hart), Buddy Johnson, Dori Caymmi, Wayne-Rasch, Despax-Eblinger, Leonard Bernstein con Stephen Sondheim, Alec Wilder, Cole Porter, Leigh-Coleman, Alberts-Gold e la citata Winston. Un song-book personale ed elegante che vede la cantante anche autrice, del breve “À clef”. Nei diciassette brani si apprezzano, tra gli altri, le originali e intense riletture di Stevie Wonder in “Visions”, di Leonard Bernstein in “Somewhere”, di Alec Wilder in “Trouble Is A Man”, confermando al di là dei Grammy Award vinti, la personalità di una cantante in continua maturazione.

Louis Moholo-Moholo’s Five Blokes- “Uplift the People” Ogun OGCD 047
Incandescente, ribollente, magmatico è quest’album che fotografa il gruppo più recente del batterista sudafricano Louis Moholo-Moholo, settantottenne. Nell’aprile 2017 il quintetto suonò al londinese Cafe Oto e venne registrato con l’idea di un disco live. Formazione consolidata i Five Blokes, con Jason Yarde ai sax, Alexander Hawkins al piano, John Edwards al contrabbasso e l’innesto di Shabaka Hutchings ai sassofoni, giovane musicista di cui si parla per vari progetti (The Ancestors e Sons of Kemet tra gli altri).
Nel concerto fluiscono uno nell’altro undici brani del repertorio del jazz sudafricano esule dei Blue Notes e di quanto singoli e gruppi hanno prodotto nel corso di fertili decenni, a partire dai secondi anni ’60; in Inghilterra ed in Europa la presenza e l’azione dei jazzisti anti-apartheid fu seminale e coniugò il radicalismo del free con l’innodia, il canto con la ribellione, la poliritmia con la polifonia. I brani che in “Uplift the People” si annodano con grande naturalezza, come le trame di una stoffa, sono dello stesso Moholo, di Pule Pheto, Chris McGregor, Harry Miller, Dudu Pukwana, Gibson Kente, Mackay Davashe fino all’evocato inno dello stato sudfricano (un tempo dell’African National Congress) “Nkosi Sikelel’Afrika”.
Alcune sequenze sono di livello espressivo ed artistico elevatissimo. Il bis, sul tema di “Angel-Nomali”, è commovente al pari del sofferto “Lost Opportunities”, preceduto da un motivo di McGregor – “Do It” – contagioso e irresistibile, una scarica di energia davvero liberatoria. Moholo, ancora una volta, ha assolto al suo compito di testimone e custode di una straordinaria stagione, sempre viva attraverso l’inarrestabile fluire della sua batteria.