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Dominic Miller – 5th House – Q.Rious Music

Dominic Miller deve avere una particolare predilezione per i numeri, così dopo “first touch” del 1995, “Second Nature” del ’99, ”Third World” del 2004, “Fourth Wall” del 2006 ecco che il chitarrista intitola il suo quinto lavoro solista “5th House” con evidente richiamo alla quinta casa astrologica ovvero la casa del piacere. Ed in effetti l’album è costruito per “piacere” nel senso che si tratta per lo più di musica di facile ascolto, basata su belle e suadenti linee melodiche, nobilitata dall’essere eseguita in modo magistrale al meglio da un gruppo di musicisti straordinari. In effetti, accanto al chitarrista, figurano tutti nomi di primissimo piano come Vinnie Colaiuta alla batteria sempre preciso e coinvolgente, Rhani Krija alle percussioni, Jimi Johnson, Nicolas Fiszman e Pino Palladino basso, Mike Lindup e Yaron Herman alle tastiere, particolarmente efficaci nel congegnare l’ambiente sonoro voluto dal leader. Il risultato è una serie di esecuzioni senza sbavatura alcuna, con il chitarrista sempre in primissimo piano a fraseggiare con grande perizia. L’album si apre con due brani “Angel” e “Embrance,” due momenti dove a farla da padrone è quel tipo di atmosfera soft, distesa, “piacevole” cui prima si faceva riferimento. Ma nell’album non mancano momenti di natura diversa. Così ad esempio “If Only” richiama, con il suo andamento rock-funk, atmosfere care ai “Police” come a voler rimarcare ancora una volta il rapporto che lega Dominic Miller a Sting con il quale collabora da oltre quindici anni, mentre in “Waves” si avverte il sapore di certa bossa nova, e in altri pezzi come “Tokyo” prevale una sorta di smooth jazz oggi particolarmente di moda. “Dead Herd” è costruito su un coinvolgente crescendo e determina una certa tensione, mantenuta dal successivo “Spirit Level” che si scioglie nel brano conclusivo “Gate 23” anch’esso basato su atmosfere piuttosto rilassate e rilassanti. A nostro avviso, comunque, i brani più riusciti sembrano essere “Yes” e “Spirit Level” in cui il sound di Miller si fa più duro e il fraseggio sembra librarsi libero verso lidi più propriamente jazzistici. (GG)

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