Fabrizio Bosso e Julian Oliver Mazzariello – Sala Accademica Conservatorio di Santa Cecilia, Roma – “Percorsi in Jazz”

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Fabrizio Bosso (foto Daniela Crevena)

Fabrizio Bosso (foto Daniela Crevena)

E’ bello vedere che il Jazz è vivo e vegeto anche nei conservatori di musica, dove è ormai da tempo diventato importante materia di insegnamento. Molti sono i Jazzisti che hanno importanti cattedre nei più prestigiosi istituti italiani, compreso naturalmente quello di Santa Cecilia a Roma. E proprio il dipartimento di Jazz del suddetto conservatorio ha organizzato anche quest’anno la rassegna “Percorsi Jazz”, in scena dal 20 aprile al 12 maggio, che è giunta alla VII edizione, e a cui hanno partecipato tutti i docenti dello stesso conservatorio ed anche ospiti.  Molti i concerti cui non abbiamo potuto assistere ma che ci sono stati raccontati come importanti occasioni di musica, e su questo non abbiamo alcun dubbio. Protagonisti, per citarne alcuni, Roberto Gatto, Maria Pia De Vito, Danilo Rea,  ma anche ospiti come Ralph Towner e Ulrich Gumpert.

Nell’ambito di questa importante rassegna domenica 28 aprile hanno suonato anche Fabrizio Bosso (tromba) e Julian Oliver Mazzariello (pianoforte) invitati come ospiti dal direttore del dipartimento Paolo Damiani, che hanno regalato un’ora di Jazz così fluente, accattivante, divertente da conquistare già dai primi minuti una platea numerosa e attenta.

Il Jazz è fatto di suggestioni infinite, e per la sua versatilità naturale può davvero comprendere sonorità variegate. Ma ci sono concerti in cui il Jazz è Jazz in maniera totalmente evidente all’ascolto, lo possiamo anche definire “mainstream” senza che quest’accezione diventi limitante: è il Jazz con i suoi stilemi, con i suoi accenti, i suoi fraseggi, i suoi accordi… e allo stesso tempo, anche se riconoscibile non è mai (se i musicisti sono di calibro) uguale a se stesso.  Bosso e Mazzariello all’Auditorium di via dei Greci hanno fatto un’ora di Jazz pulsante, vivace, di gusto, scegliendo grandi classici come But not for me, Bye bye blackbird, Dizzy’s Blues, Lady be good, ma anche brani originali come Wide green eyes (dello stesso Bosso), reinterpretandoli in maniera totalmente originale: da veri Jazzisti e di certo non da replicanti.

Ovvero, sono partiti dalla tradizione, viaggiando però con un linguaggio che di certo non è semplice riproposizione didascalica. Mazzariello e Bosso collaborano da tanti anni e si sono ritrovati a formare questo duo quasi essi stessi con stupore, per la semplicità che hanno nell’interagire. Suonano con il piacere di suonare e questo è di assoluta evidenza. Virtuosi entrambi, possono permettersi uno swing incredibile a velocità fulminante ma sempre espressivamente efficace, giocando su episodi a domanda e risposta e mostrandosi stilisticamente irreprensibili. Ma dimostrano anche la morbida intensità d’intro pianistiche dolci, sospese e misteriose, totalmente indefinite, e presentazione di temi melodici dolcemente perseguiti alla tromba con tutta la cura dei fraseggi e delle dinamiche (come in Luiza di Jobim). Possono essere deflagranti e simulare quasi lo spessore sonoro di una Big Band (come in Bye Bye Blackbird) (non facendo rimpiangere la mancanza di contrabbasso e batteria per la capacità ritmica possente di Mazzariello), ma sanno anche produrre poetici e delicati “pianissimo”, che denotano anche lunghi assoli da brivido, giocati sulle sottigliezze di frasi e dinamiche, come in Taxi Driver, in cui Bosso è tanto misurato quanto intenso. A questo aggiungete dialoghi serratissimi, fantasia improvvisativa e voglia di giocare suonando e avrete un’idea completa di cosa sia accaduto a Santa Cecilia.

Gli applausi erano assolutamente scontati: il Jazz suonato così non può che entusiasmare.

Oliver Mazzariello (foto Daniela Crevena)

Oliver Mazzariello (foto Daniela Crevena)

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