Michele Bordoni: fotografo AFIJ del mese di settembre – la gallery e l’intervista

Michele Bordoni

Dopo la pausa agostana, riprende la nostra serie di interviste, con pubblicazione delle relative gallery, ai fotografi dell’Associazione Fotografi Italiani di Jazz AFIJ.
Il mese di Settembre ci porta in Lombardia, nella splendida Valtellina, in questo periodo in cui il foliage, con le sue intense e calde sfumature autunnali, si tinge di verde cinabro, ocra, marrone tennè, vermiglio, regalandoci uno scenario naturale di rara bellezza, nelle sue incantevoli foreste che sembrano uscite da una fiaba.
Qui, in un paesello di neppure cinquemila abitanti che domina la valle dell’Adda, vive il giovane fotografo Michele Bordoni, appassionato di jazz e di sport ma anche innamorato della sua terra. Ognuna di queste passioni entra prepotentemente nei suoi scatti, che catturano bellezza e restituiscono emozioni…
Michele, affascinato dalla fotografia sin da piccolo, grazie alle diapositive di montagna del padre, si avvicina all’arte fotografica solo nel 2009, anno in cui acquista la sua prima reflex.
Oltre alla musica, allo sport e al territorio, affronta nel tempo anche temi diversi quali la lotta alla violenza sulle donne e la valorizzazione del patrimonio culturale e dell’artigianato tipico, sfociati in mostre apprezzate.
Si avvicina al locale festival Ambria Jazz collaborando anche come fotografo, quindi inizia a seguire altri festival e luoghi concentrando le proprie energie nello sviluppo di progetti nell’ambito della musica jazz.
Espone in diverse località prevalentemente valtellinesi, più recentemente anche presso il Jazz Club Ferrara, che frequenta ora abitualmente.
Partecipa nel 2015 a Il jazz italiano per L’Aquila e alle due successive edizioni dedicate ad Amatrice e alle terre del sisma, contribuendo con le proprie immagini alla realizzazione delle omonime pubblicazioni. (Marina Tuni)

– Leggo sulle tue note biografiche che devi a tuo padre e alle sue diapositive di montagna l’inizio del tuo percorso di fotografo, a ventiquattro anni, nel 2009. Quali sentimenti, emozioni, slanci, propositi hanno suscitato in te, giovane uomo, quelle immagini?
«La cosa è forse un po’ strana perché vedere le diapositive su questo grande telo era sempre molto piacevole, ritrovarsi a guardarle e ascoltare quello che rappresentavano suscitava in me grande interesse, soprattutto per quello che trasmettevano.
Poi, non so per quale motivo, ma non avevo mai concretizzato questo interesse prendendo in mano lo strumento in prima persona, forse perché anche mio papà, in quel momento, non scattava più, ma questo non si potrà mai sapere…
Un altro elemento curioso è che nel mio paese si svolgeva molti anni fa un bel festival Jazz, che seguivo talvolta da spettatore, e vedere il fotografo che si muoveva tra pubblico e sotto palco mi ha sempre incuriosito molto. Quindi, oltre ai musicisti, seguivo lui con lo sguardo.
Dopo qualche anno tutto questo è divenuto una realtà con i primi concerti Rock di band locali e poi con il Jazz e la storia continua…».

– Nell’epoca della tecnologia usa e getta e della digital transformation, dove tutto è elaborato, artefatto, ricostruito, filtrato… fa quasi impressione, sicuramente stupisce, sapere che la tua principale preoccupazione non è quella di implementare continuamente la tua attrezzatura e che la tua forma di comunicazione visiva è improntata a trasmettere emozioni dirette e genuine, poco o per nulla edulcorate dai potenti strumenti della post-produzione. Ci spieghi questo tuo modo di proporti?

«L’idea di partenza è quella di riuscire a raccontare in maniera più realistica possibile gli avvenimenti, come avveniva per i fotoreporter di un tempo, quando questa professione è nata, da qui si sviluppa il lavoro.
Negli ultimi anni sicuramente ho anche investito nella dotazione tecnica, è fondamentale riuscire a tenersi aggiornati con le nuove tecnologie; tuttavia, cerco sempre di mantenere l’equilibrio tra realtà e “immaginazione”.
Negli ultimi anni trovo sempre più fotografi con grandi competenze informatiche e questo ha portato nuovi e positivi sviluppi ma a volte si spinge troppo su questo aspetto e poco su quello che è la fedeltà delle immagini e sulla capacità di un fotografo di raccontare un evento; per quella che è la mia esperienza, non è sufficiente fare dei buoni scatti ma la grande sfida e quella di riuscire a concatenarli per raccontare una storia».

– Sei un grande appassionato di jazz ma anche di sport, con le tue foto sviluppi tematiche sociali, come la lotta alla violenza di genere e, soprattutto, guardando le tue foto e le mostre che hai tenuto, appare evidente l’amore che provi per l’ambiente e la terra, la tua Valtellina in primis, e per il suo patrimonio culturale, paesaggistico e artigianale… è così? Cosa ti lega alla tua terra?

«Amo molto la mia terra ed è stato naturale una volta avuta la mia prima vera macchina fotografica raccontare i luoghi della mia vita e molto spesso sono proprio a un passo da casa, come è stato per un mulino su cui avevo “lavorato” quando ero studente e che ho voluto in seguito raccontare con la macchina fotografica; un altro esempio è la latteria dove fino a qualche anno prima la mia famiglia conferiva il latte.
Negli ultimi anni l’impegno con la musica Jazz non mi ha lasciato molto tempo per questi racconti ma vivendo la mia terra per altre mie passioni le idee sono molte e, anche se con meno frequenza, sviluppo con l’obiettivo di approfondire in futuro.
Cerco di unire le mie varie esperienze per creare un racconto personale del Jazz per come lo vivo».

– Da più parti si sostiene che la fotografia è un elemento oggettivo. A mio avviso è esattamente l’opposto dal momento che è il fotografo a scegliere i vari parametri dello scatto. Qual è la tua opinione a riguardo?
«Condivido il pensiero, la fotografia come ogni forma espressiva è soggettiva per molteplici motivi. A partire dagli strumenti che utilizziamo, ma soprattutto da dove arriviamo, il percorso che compiamo ci porta a leggere le situazioni in modi molto diversi.
Quello che fotografiamo è frutto della nostra visione delle cose, con gli occhi vediamo e con il cuore la trasformiamo in qualcosa di tangibile.
Tutto questo è un processo in continua evoluzione, via via che il tempo passa anche le nostre immagini evolvono con noi».

– Una foto ben fatta ha un’anima e soprattutto mostra l’essenza del musicista, quel filo che lo unisce al suo pubblico. Spesso, quando scrivo un articolo, una recensione, mi soffermo a pensare al peso, all’impatto che ogni singola parola potrà avere in chi mi legge… È una grossa responsabilità, non trovi? Capita anche a te di pensarlo per le fotografie che scatti?
È una costante del mio lavoro, anche per questo cerco a ogni concerto diverse prospettive per raccontare la musica e i musicisti in maniera globale, per far sì che quello che uscirà attraverso le immagini sia il più reale possibile e che racconti quello che è realmente successo, sia dal punto di vista dello spettatore in prima fila sia da quello che siede  nell’ultima.
Lo spettatore in prima fila, ad esempio, coglie di più le varie espressione sul volto dei protagonisti mentre quello in ultima potrebbe catturare meglio di la “danza” delle braccia del batterista che colpisce i piatti.
Anche per questo non amo raccontare un evento con una singola o con poche immagini, che magari mettono in luce solo il leader della formazione, il mio racconto vuole essere il più rispettoso possibile verso tutti i musicisti, che sul palco hanno la stessa dignità e importanza».

– La musica, si sa, è una fenomenale attivatrice di emozioni… anche estetiche, se vogliamo. Esiste persino una ricerca che dice che le nostre menti hanno la capacità di elaborare una sorta di libreria musicale che riesce a richiamare, attraverso una singola emozione collegata ad un brano, una multiforme combinazione di sentimenti ad esso associati. Quando scatti una fotografia, quanto la tua mente è condizionata dal fatto che ti piaccia o meno la musica dell’artista che stai fotografando e quanto ciò influisce sul risultato finale?
«Durante gli scatti la mente è condizionata inevitabilmente da molti elementi. Sicuramente uno dei più importanti è il flusso della musica che crea delle onde che noi seguiamo.
Quando si riesce a stabilire un legame umano, che viene poi alimentato dal suono, l’energia che si crea tra il palco e noi che stiamo dietro un mirino è incredibile.
Un altro elemento molto importante è il luogo che ospita il concerto. Noi in Italia siamo molto fortunati, forse i più fortunati, sempre più luoghi magnifici ospitano concerti, l’architettura la storia di quei luoghi condiziona in maniera positiva gli scatti e noi che seguiamo il Jazz siamo sicuramente privilegiati da questo punto di vista».

– Immagino che tu, come un padre nei confronti dei suoi figli, ami ogni tuo singolo scatto… tuttavia, ne ricordi qualcuno di cui sei particolarmente orgoglioso?
«Sicuramente ci sono degli scatti ai cui sono più legato di altri e questo, come già detto, dipende dall’aspetto emozionale.
Sono molti i musicisti con i quali si crea un atmosfera particolare, se devo sceglierne uno cito Hamid Drake, uno dei musicisti che a livello umano, musicale e fotografico mi ha dato fino ad oggi più. Il suo suono è il riflesso dell’amore per la musica… è la vita che mette in ogni sua esibizione. Per questo, forse, l’immagine a cui sono più legato è la sua, l’unica che ho scelto in bianco e nero per questa presentazione.
È arrivata in un momento molto importante sia della mia vita a livello personale sia nella mia attività fotografica ed è stata una spinta incredibile per il prosieguo del mio lavoro».

Paolo Fresu, Ramberto Ciammarughi, Fabrizio Bosso special guest del Norma Ensemble in concerto per la Rassegna Around Jazz al Parco Archeologico dell’Appia Antica

Cresce l’entusiasmo per la Rassegna musicale “Dal Tramonto all’Appia – Around Jazz” promossa dal Parco Archeologico dell’Appia Antica – Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo con il sostegno della Regione Lazio e la direzione artistica di Fabio Giacchetta.
Dopo il sold out e il pienone delle scorse settimane, sono molto attesi i quattro concerti di venerdì 25 e sabato 26 settembre al Casale di Santa Maria Nova nel complesso archeologico della Villa dei Quintili (in via Appia Antica 251 – Maps https://maps.app.goo.gl/XQQfntJRQ7zSpB3h6), che avranno come grandi protagonisti il noto trombettista Fabrizio Bosso ospite del Norma Ensemble e l’incredibile duo, una novità assoluta, formato celebre trombettista Paolo Fresu e da uno dei grandi geni della musica italiana, Ramberto Ciammarughi.

Venerdì 25 settembre si terrà il primo concerto della Rassegna ambientato al Casale di Santa Maria Nova nel complesso della Villa dei Quintili, con il Norma Ensemble special guest Fabrizio Bosso. L’evento originariamente era previsto presso il Mausoleo di Cecilia Metella, ma date le previsioni meteo riportanti maltempo per tutto il weekend, l’organizzazione ha predisposto una speciale copertura del sito di Santa Maria Nova che permetterà un regolare svolgimento di tutti i prossimi concerti in programma.
I due live – il primo alle ore 18.30 e la replica alle 20.30 – segnano un incontro particolarmente interessante tra uno dei più amati e importanti musicisti del panorama italiano e internazionale, Fabrizio Bosso, e il jazz dalla spiccata matrice europea del Norma Ensemble, in cui si fondono le diverse identità culturali e creative dei quattro affermati componenti: il sassofonista Marcello Allulli, il pianista Enrico Zanisi, il contrabbassista Jacopo Ferrazza e il batterista Valerio Vantaggio. Ad Around Jazz reinterpreteranno brani originali racchiusi nell’album “Revelation”, pubblicato dall’Ensemble nella primavera 2020.

Sabato 26 settembre uno degli eventi clou della manifestazione, sempre presso il Casale di Santa Maria Nova con la formula del doppio concerto alle 18.30 e alle 20.30: protagonista l’attesissimo duo del celebre trombettista Paolo Fresu – uno dei massimi esponenti del jazz nazionale e internazionale – insieme ad uno dei grandi geni della musica italiana, Ramberto Ciammarughi. Un incontro, caldeggiato dagli amanti del jazz, che fonde due raffinate anime arrivando a toccare livelli compositivi unici. Fresu ha all’attivo con una moltitudine di progetti che lo vedono impegnato in centinaia di concerti all’anno in tutto il mondo. Ha registrato oltre 450 dischi di cui circa 90 a proprio nome spesso lavorando con progetti ‘misti’ come jazz-musica etnica, world music, musica contemporanea, musica leggera, musica antica, etc, collaborando tra gli altri con M. Nyman, E. Parker, Farafina, O. Vanoni, Alice, T. Gurtu, G. Schüller, Negramaro.
Ramberto Ciammarughi è una delle personalità più creative e profonde della musica italiana. Ha collaborato con Randy Brecker, Billy Cobham, Steve Grossman, John Clark, Dee Dee Bridgewater, Vinnie Colaiuta, Jimmie Owens ed altri. Nel 2004 è presente nel quartetto di Miroslav Vitous insieme a B. Mintzer, A. Nussbaum, D. Gottlieb, M. Giammarco. Ha suonato più volte all’estero ed è un pregiato autore per radio, cinema e televisione. Molto amato come mentore e didatta, tiene da anni richiestissimi corsi e seminari in tutta Italia.
Nel live, brani originali reinterpretati con quella poesia che testimonia la fecondità e l’alto valore di questo incontro tra due grandi artisti.

Venerdì 2 ottobre dalle 19.00 protagonista il Blue Note Quartet feat. Daniele Scannapieco, con il grande e carismatico batterista Gegè Munari insieme al pianista Domenico Sanna, al trombettista Francesco Lento e al contrabbassista Vincenzo Florio. La tradizione dello swing e del bebop sono le linee guida di questo gruppo di star del jazz italiano, perfettamente condotte dal maestro di lungo corso Gegè Munari, memoria storica del jazz italiano che non poteva mancare in questa rassegna.
A seguire, una grande jam session con alcuni dei musicisti della rassegna e tanti ospiti: un evento speciale dedicato a Marco Massa, ideatore della rassegna scomparso prematuramente. Sarà una delle serate più emozionanti di “Around Jazz”, all’insegna della grande musica e dei grandi valori, per ricordarlo insieme a tutti gli amici e agli artisti che hanno avuto l’onore di conoscerlo.

Un messaggio di speranza che guarda alle sonorità del futuro nei concerti finali della Rassegna, sabato 3 ottobre: alle 18.30 spazio alla sperimentazione con il duo della cantante Alice Ricciardi e del pianista Pietro Lussu, compagni nel progetto e nella vita, con le sonorità di ricerca del loro album “Catching a Falling Star” in cui si ritrova tutta la sintonia umana e musicale della coppia di artisti. Alle 20.30 protagonista l’Hammond Trio formato da alcuni tra i più interessanti musicisti del panorama jazz italiano: l’hammondista Leonardo Corradi, il contrabbassista Luca Fattorini e il batterista Marco Valeri. Una band dal grande interplay che si fonda intorno all’intrigante sound dell’organo Hammond, terreno fertile per l’improvvisazione. La loro è una musica che vuole tracciare una strada, così come la via Appia Antica su cui si svolge la manifestazione è traccia del mondo antico, che ancora oggi ci permette di percorrere un viaggio tra memoria e presente.

L’ingresso ai concerti è acquistabile in prevendita su TICKET ITALIA (https://ticketitalia.com/concerti/around-jazz). L’organizzazione metterà comunque a disposizione un dispositivo elettronico sul luogo dell’evento per consentire un eventuale acquisto in autonomia dei biglietti fino a qualche minuto prima dell’inizio concerto. Per favorire i più giovani e gli studenti iscritti a scuole musicali il Parco Archeologico dell’Appia Antica riserva un ingresso ridotto a €6 per gli under 18 e per gli iscritti a Conservatori statali e Istituti Superiori di Studi Musicali.

Il Casale di Santa Maria Nova, sito nell’area archeologica della Villa dei Quintili in via Appia Antica 251 (Maps https://maps.app.goo.gl/XQQfntJRQ7zSpB3h6), è raggiungibile percorrendo la via Appia Antica da via Erode Attico – via di Tor Carbone in direzione GRA. L’ingresso si trova sulla sinistra dell’Appia Antica, dopo circa 500 metri dall’incrocio con via Erode Attico – via di Tor Carbone. Si segnala la presenza di tratti di basolato romano. In alternativa il Casale è raggiungibile dalla via Appia Pignatelli, prendendo la strada sterrata al civico 454.
Per chi viene dall’Appia Nuova, la strada si trova a circa 200 metri dall’incrocio con l’Appia Nuova. Per chi percorre l’Appia Pignatelli da via dell’Almone, la strada si trova subito dopo il vivaio Flower’s village. Si segnala che il fondo stradale è molto dissestato. Alla fine della strada sterrata, in prossimità del Casale, è presente un’area demaniale nella quale in occasione degli eventi sarà possibile parcheggiare il proprio automezzo, per la sola durata del concerto.

Biglietto unico €12
Ridotti €6 (under 18 e iscritti a Conservatori statali di musica e Istituti Superiori di Studi Musicali)
Carnet 5 concerti intero €50 – ridotto €25
Carnet 2 concerti per le date con due spettacoli intero €20 – ridotto €10.

L’ingresso è subordinato alla misurazione della temperatura corporea, che dovrà essere inferiore a 37.5 °C. Per accedere alle location è necessario indossare la mascherina, coprendo naso e bocca e mantenere una adeguata distanza interpersonale.

Info e contatti
www.parcoarcheologicoappiaantica.it
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Ufficio Stampa “Around Jazz”
Fiorenza Gherardi De Candei
tel. +39 328.1743236 info@fiorenzagherardi.com

Ufficio comunicazione e promozione
Parco Archeologico Appia Antica
Lorenza Campanella
tel.+39 333.6157024
pa-appia.comunicazione@beniculturali.it