Al Festival di Sanremo 2013 molte luci… peccato che non siano musicali

marco mengoni sanremo 2013

Come già saprete Marco Mengoni ha vinto il 63° Festival di Sanremo, una edizione strana, dai molteplici aspetti: sonnacchiosa e un po’ noiosa sotto il profilo artistico-musicale, interessante e innovativa dal punto di vista socio-politico. In realtà un evento di tale rilevanza mediatica non può non avere risvolti che in qualche modo vanno al di là del fattore meramente musicale, ed è anche per questo che ogni anno me ne occupo in questa sede.

Ma procediamo con ordine.

Devo confessare che assistere, dal televisore di casa all’ultima serata sanremese è stato particolarmente difficile: nel pomeriggio avevo ascoltato, nell’Aula Magna dell’Università di Roma, uno straordinario concerto del fisarmonicista Richard Galliano con l’Orchestra Camerata Ducale (Guido Rimonda violino solista e concertante) su musiche di Bach, Vivaldi, Gardel, Piazzolla e lo stesso Galliano (su cui riferirò quanto prima)… e il contrasto con le performances sanremesi era davvero troppo, troppo stridente. In effetti anche se il livello medio delle canzoni presentate al Festival sia parso accettabile non c’è stato però alcun faro illuminante, senza contare che, a mio avviso, almeno quattro dei cosiddetti big non meritavano la platea sanremese. Ha vinto, come si accennava in apertura, Marco Mengoni e non senza qualche merito: la sua è una canzone ben costruita, ben arrangiata e altrettanto ben eseguita… anche se, personalmente avrei preferito al suo posto i “Modà”, il gruppo più originale ascoltato nelle cinque serate.

Qualcosa in più meritavano forse Daniele Silvestri con “A bocca chiusa” e Raphael Gualazzi con “Sai (ci basta un sogno)”. Deludente Malika Ayane alle prese con un pezzo non particolarmente adatto alle sue straordinarie capacità vocali così come Simona Molinari con Peter Cincotti. Ordinaria amministrazione per Almamegretta, Max Gazzé, Marta sui Tubi, Simone Cristicchi. Due parole in più meritano Annalisa Scarrone, Chiara Galiazzo e Maria Nazionale: la prima ha confermato di essere bravissima nonostante il pezzo affidatole, Chiara ha dimostrato di meritare appieno le lodi di Mina mentre la terza canta indubbiamente bene ma in uno stile che francamente non è in cima alle mie preferenze. Viceversa non ho condiviso l’entusiasmo della cosiddetta “giuria di qualità” e dell’orchestra che hanno premiato “Elio e le storie tese”: sono oramai troppi anni che Elio ci propone la solita solfa, fatta di ironia e dissacrazione: a voi potrà piacere, a me è venuto a noia.

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Con il Jazz la Rai fa ancora cilecca

Quella di martedì 12 febbraio è stata una serata davvero pesante per il vostro cronista.

Dapprima mi sono dovuto sorbire la prima serata del Festival di Sanremo e vi assicuro non è stato facile (comunque ci ritornerò in sede di commento finale).

Poi speravo che le cose sarebbero andate meglio con la trasmissione dedicata al jazz in programma sul terzo canale RAI all’incirca verso mezzanotte. “Crossover-Jazzology”, questo il titolo del programma curato da Rai Edu, si sostanziava in diverse interviste ad alcuni rappresentanti italiani e stranieri per commentare gli stili, le forme e le influenze del jazz.

Insomma un miscuglio senza capo né coda che davvero fa rimpiangere i programmi sul jazz che la “vecchia” televisione italiana mandava in onda alcuni decenni fa.

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