Un giovane alla ribalta: Filippo Cosentino
Del chitarrista è appena uscito il primo album da leader
Filippo Cosentino è chitarrista emergente e che vanta però già un grande numero di collaborazioni e partecipazioni sia dal vivo che dal punto di vista discografico. Musicista completo (strumentista ma anche compositore ed arrangiatore) su questo sito lo avevamo già incontrato e recensito in occasione del l’ uscita del suo primo cd “Lanes”, edito da Green Production. Da questo album nasce un tour italiano che sta ottenendo un grande successo. Daniela Floris ha intervistato Filippo sulla sua attività musicale e sui suoi progetti attuali e futuri.
-Filippo, questo è il tuo primo album da leader. Parlaci del tuo background fino ad oggi in cui hai spiccato questo bel salto.
“Credendo sin dal principio del mio percorso artistico di dover acquisire quanta più esperienza e conoscenza mi fosse consentito, ho frequentato i generi musicali, musicisti e culture più variegati possibile. Dai classici generi rock, blues, funky mi sono avvicinato alla musica del Medio Oriente (sia del Maghreb che del Maschreq) ma anche rap, hip-hop, d’n’b, classica e soprattutto durante i miei studi giovanili i repertori per chitarra sud americani e iberici. Penso attualmente di aver avuto sin da bambino interessi ben precisi: mi hanno sempre interessato i repertori musicali del nord Africa fino al Medio Oriente e della penisola Iberica ma anche dell’Italia meridionale. In tutto questo c’è un continuum che torna sempre nei miei brani o nei miei arrangiamenti. Come ho detto anche in un’altra intervista (alla JAZZIT Tv), credo che il jazz ci dia la possibilità di esprimere noi stessi in un arrangiamento o in un brano originale: suonando la nostra versione e scrivendo quella che più parla di noi. Per me il Jazz è proprio cercare tutto ciò dentro me stesso”.
-Quanto serve fare il sideman, ovvero, quanto forma l’ esperienza di suonare in gruppi non propri nella creazione di una propria espressività?
E’ una domanda difficile e risponderò per quanto la mia strada mi consente di farlo; penso che a me sia servito maggiormente per condividere esperienze e modi di pensare a volte differenti e lontani da me: la vedo come una possibilità di riflessione sul lavoro del musicista. Da sideman spesso ho suonato musica scritta da altri e altrettanto spesso, fortunatamente, ne sono rimasto colpito, traendo così l’occasione di meditare su quanto avevo letto e interpretato. E’ un ruolo totalmente differente da quello del leader (parola che non amo particolarmente) di un progetto o una formazione. Per rispondere direttamente alla tua domanda direi che è necessaria questa esperienza appunto per confrontarsi, conoscere, meditare e ovviamente formarsi professionalmente a tutti i livelli. Inoltre noi agiamo lungo tutta la nostra vita in base alle azioni, agli incontri e alle relazioni che abbiamo vissuto. Allora perché non fare anche questa?”.
-Come tu stesso hai detto, la tua formazione è piuttosto variegata. Ma quale è stato il tuo primo amore?
“A 14 anni entrai in un negozio di musica e chiesi ai miei genitori di acquistare due cassette; si trattava di due “the best of”: una di Charlie Parker e l’altra di Louis Armstrong. Pur apprezzandole entrambe, ascoltai all’infinito quella di Armstrong perché ero rapito dal suo suono – che però è una caratteristica che riscontrai anche in Parker – ma mi arrivò immediatamente la sensazione che lui si stesse divertendo a cantare e suonare: ne fui letteralmente rapito!”.
–Vanti collaborazioni con molti artisti, anch’essi appartenenti a mondi musicali differenti. Di loro hai qualcuno che ti è rimasto profondamente impresso e che ha anche un po’ influenzato il tuo modo di suonare o comunque di approcciarti alla musica?
“Ognuno mi ha dato la possibilità di meditare sulle differenti forme del fare musica: lo spirito che dicevo sopra della condivisione e divertimento è il ricordo più bello che ho del periodo nel quale ho suonato blues. L’intensità in ogni assolo dei musicisti con cui ho suonato è un qualcosa di immensamente emozionante proprio per la sua unicità, poiché legato a quello specifico brano… e il più delle volte non potevo rimanere indifferente da un punto di vista emotivo. Lavorare con e per i cantautori o songwriter è un aspetto della mia vita professionale che mi piace tantissimo perché oltre alla possibilità di incontrare artisti con sensibilità diverse mi consente anche di percepire la musica in relazione ad un testo: da qui nasce l’ interpretare i titoli e l’ esigenza di interpretare i testi attraverso i miei assoli. Come si può ascoltare benissimo nel mio disco “Lanes”, sono molte le strade che percorro in contemporanea, mescolando a ritmiche d’nb o hip-hop melodie e armonie proprie del jazz. Ma anche cercando di ricreare ambientazioni tipiche delle fiabe come in Hassan’s Dream: aver condiviso alcuni concerti con grandi del jazz mi ha permesso di avvicinarmi a queste composizioni con uno spirito diverso, con la voglia di dire “vediamo come lo suonerei io se non l’avessi mai sentito”. Di questi grandi musicisti mi ha sempre colpito la semplicità e umiltà che mostrano confrontandosi con il repertorio, anche con brani non scritti da loro: eppure ogni brano poi diventa come se fosse proprio. Ecco; spero che ascoltando gli arrangiamenti degli standard del mio disco, ci si possa chiedere “questo brano è suo o no?”.