Concluso alla Casa del Jazz il terzo ciclo dedicato agli standard

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trio bologna casa del  jazz

Quanto grande Jazz c’è stato e quanto Jazz ci aspetti nel futuro è emerso ancora una volta in tutta la sua bellezza durante le ultime due Guide all’ ascolto alla casa del Jazz: sul palco, a parlare e commentare con Gerlando Gatto un pianista appena  trentenne ma con un curriculum da capogiro, Claudio Filippini, il 22 maggio, e all’ incontro conclusivo del ciclo un trio di giovanissimi provenienti da Bologna, Lorenzo Paesani al pianoforte, Luca Dal Pozzo al contrabbasso, Dario Mazzucco alla batteria.
Giovani artisti dunque, ancora una volta.

Filippini appena trentenne, anche se oramai affermatissimo pianista anche sulla scena europea, che la sera dell’ incontro era in procinto di partire per il Giappone con il quartetto di Fabrizio Bosso, e tre giovani anche dal punto di vista del panorama jazzistico ma davvero molto, molto bravi musicalmente, come sound, come freschezza delle idee, come affiatamento: un trio tutto da scoprire, che ha sorpreso il pubblico che di sicuro ancora non ne aveva potuto apprezzare le indiscutibili capacità.

Per Gerlando Gatto una scelta è rimasta imprescindibile durante tutti gli incontri avvenuti alla Casa del Jazz. Ci sono stati durante quest’anno artisti che definire “affermati” sarebbe riduttivo, ma la scelta è spesso stata anche quella di portare sul palco strumenti inusuali per il Jazz, o artisti bravissimi ma quasi sconosciuti. E allora se si è avuta la fortuna di ascoltare per due ore i racconti e le note di un gigante del pianoforte come Pieranunzi, la poesia e le parole di Danilo Rea, ma anche le acrobazie espressive di nuove punte di diamante del Jazz italiano come Lorenzo Tucci o Luca Mannutza, di certo è stato importante anche ascoltare strumenti quali l’arpa di Marcella Carboni o la fisarmonica applauditissima di Renzo Ruggieri.  E un trio come quello dell’ultimo incontro di ieri, che hanno stupito per la loro preparazione tecnica unita però a una grande freschezza compositiva e a una musicalità fuori dal comune. Perché il Jazz è una musica in continuo rinnovamento, anche dal punto di vista dei suoi protagonisti.

E gli standard nel Jazz sono una fonte inesauribile proprio perché i jazzisti sono sempre in continuo avvicendamento, e di per se anche coloro che calcano le scene da decenni non fanno mai la stessa musica: e perché le giovani leve si dimostrano sempre più preparate e piene di idee.

Così abbiamo avuto modo di apprezzare la vena melodica di Stefano Sabatini e anche la bella fantasia compositiva di Daniele Pozzovio, ma anche la novità del Jazz scritto dell’Ottetto Ibrido Hot Six. Filippini ci ha fatto sognare con il suo Embreaceable You ma anche con le sue composizioni originali, dense di pathos e dalle risoluzioni sonore inaspettate.

Claudio Filippini (Foto Daniela Crevena)

Claudio Filippini (Foto Daniela Crevena)

Il Jazz passa dall’esperienza dei grandi  alla freschezza di nomi nuovi che troppo spesso rimangono invischiati e soffocati nella pigrizia di un mercato che tende a non rischiare e a dare spazio sempre e soltanto gli stessi concerti che girano per i vari festival.  Non sempre è così naturalmente. Fino a che ci saranno etichette discografiche che scommettono su giovani talenti (Filippini ne è la riprova, su di lui CAM Jazz ha scommesso e la scommessa è stata vincente – ma ci sono anche coraggiose etichette piccole che promuovono nuova musica), ma anche giornalisti che li porteranno sul palco a parlare di se e del proprio Jazz, allora possiamo star sicuri che l’ossigeno arriverà sempre: e il Jazz italiano di ossigeno ne ha da vendere. Per non parlare dell’ importanza strategica che hanno gli organizzatori di Festival.

Ve ne renderete conto anche durante le prossime Guide all’ ascolto serali previste  a Luglio sempre alla Casa del Jazz: tanti giovani, tanta musica, tanto Jazz.  Vi aspettiamo!

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