Vecchie glorie e stelle nascenti al Blue Note Xperia Lounge Festival

soul-eyes daybreaks

Due venerabili veterani – Charles Lloyd et Al Jarreau – un talento che torna al jazz – Norah Jones – e parecchi rappresentanti della nouvelle vague quali Robert Glasper, Christian Scott, Trombone Shorty et Kandace Springs formano l’ossatura della nuova edizione del Blue Note Xperia Lounge Festival che si svolgerà a Parigi dal 15 al 22 novembre.
Dopo aver debuttato sulla scena jazzistica nel 2002 e aver vinto non meno di cinque Grammy Awards, l’anno seguente la pianista e cantante Norah Jones, 37 anni, ha intrapreso altre strade molto più redditizie dal punto di vista economico come il pop-jazz, il folk, il country, il soft-rock e il soul. Il che ha ovviamente deluso quanti avevano risposto molte speranze in quella che consideravano un astro nascente della mitica scuderia “Blue Note”. Dopo una dozzina d’anni, l’artista torna con il suo ultimo album, “Day Breaks”, alle sue radici jazz e blues. E’ sufficiente, al riguardo, ascoltare ” Carry On “, molto orientato verso il blues, o ancora la sua ripresa di ” Fleurette africaine (African Flower) “, una composizione di Duke Ellington registrata nel 1963, e ” Peace ” di Horace Silver. E da notare la presenza di jazzmen straordinari come Wayne Shorter (saxes), Lonnie Smith (organo) e Brian Blade (batteria) – già presenti nel suo primo album  – per constatare il desiderio della pianista/cantante di allontanarsi dalle strade seguite in precedenza… Ma fino a quando? (il 15 Salle Pleyel & il 21 nov. à L’Olympia – concerti sold out).
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I NOSTRI CD. Da Apuzzo e Ottolini due piccoli capolavori

a proposito di jazz - i nostri cd

Antonio Apuzzo Strike!, “Songs of Yesterday, Today and Tomorrow” (dodicilune, Ed.355).

Da tre decenni Antonio Apuzzo – polistrumentista e compositore romano – esplora il linguaggio di Ornette Coleman. Come fece Steve Lacy con Thelonious Monk, Apuzzo è da tempo giunto ad una totale metabolizzazione della poetica di Coleman che gli consente di mettere a fuoco la sua, tanto autonoma quanto interrelata con quella dell’altista texano. E’ da notare, poi, che in Europa e negli Usa pochi sono i “discepoli” di Ornette la cui musica, a più di cinquant’anni dalle prime uscite discografiche, è spesso rimossa o sottovalutata da neofiti – e non – del jazz. Apuzzo mette in rilievo la valenza (e potenza) vocale e canora di Coleman, utilizzando veri e propri testi ora in italiano ora in inglese cantati dalla valente Costanza Alegiani, figura di compositrice e vocalist tra le più interessanti del panorama jazzistico-contemporaneo peninsulare. Purtroppo le liriche non sono inserite nel Cd ed è un peccato perché il legame simbiotico tra parole e musica in Apuzzo è forte, intenso, rivelatorio. “In un tempo lontano” e “Sounds of love, pain and fear” sono opera del leader; ad Ornette appartengono “Sadness – Long time no see” e “A Girl Named Rainbow”, mentre “Deporta il tempo nel futuro” è di Jolanda Insana, “Peel the paint” di K.Minnear/D.Shulman/P. Shulman/R.Shulman, “Eclipse” di Charles Mingus, “Lonely Woman” di Margo Gunyan e “Song of Endless Time” di Dylan Thomas. Anche l’uso intimamente sonoro delle liriche potrebbe essere un altro tratto in comune con Lacy, forse una semplice ma significativa coincidenza. Si tratta, infatti, di due artisti che hanno portato avanti con coerenza rigorosa e profonda ispirazione la propria poetica, senza cedere a nessuna tendenza esterna e seguendo un percorso di creativa trasformazione interiore a stretto contatto con il mondo nelle sue incessanti modificazioni. Personalmente – e non da oggi – ritengo Antonio Apuzzo un musicista straordinario, uno strumentista fuori dal comune su tutti i suoi strumenti (sax alto e tenore, clarinetto e clarinetto basso), un compositore innovativo che poco (o nullo spazio) ha avuto sulla scena nazionale ed europea, senza per questo rinunciare ad una produzione di alto livello e ad una significativa azione didattica, formativa, sociale (è stato tra gli animatori della Scuola Popolare di Villa Gordiani, a Roma).
“Songs of Yesterday, Today and Tomorrow” lo dimostra. Il leader utilizza un quintetto con la Alegiani, Luca Bloise (marimba e percussioni), Sandro Lalla (contrabbasso, musicista di valore da sempre al fianco di Apuzzo) e Michele Villetti (batteria e percussioni). Con un numero limitato di musicisti, la musica ha sempre uno spessore orchestrale, un’ampiezza di respiro, una polifonia di voci che integra, arricchisce, contrappunta quella del leader. Gli undici brani sono legati da brevi episodi – spesso in solo – che cuciono le stoffe di un grande arazzo di sentimenti, situazioni, riflessioni. L’elaborazione del dolore e il fluire inarrestabile del tempo non portano la musica di Apuzzo in un orizzonte nostalgico ma scrittura ed improvvisazione sono lucide e appassionate, convinte a vivere-suonare fino all’ultimo respiro, a catturare l’umanità della vita fino al grido finale, a quello “Strike!” che suona come una non consolatoria speranza. Ho sempre poco creduto alle classifiche ed ai referendum (pur partecipando da decenni alle consultazioni) ma penso che questo disco (peraltro prodotto da Antonio Apuzzo e Gabriele Rampino) sia uno dei più significativi dell’anno, se si considera il jazz come una musica non consolatoria ma di passione e avanguardia, non nel senso retorico ma come capacità di leggere il presente, guardare al futuro con le radici ben piantate nel passato. (altro…)