SaxArts Festival 2016 – diciottesima edizione

SaxArts Festival 2016 – diciottesima edizione
Faenza, Russi, Tredozio – 13/17 luglio 2016
www.faenzasaxfestival.com

Il SaxArts Festival presenta la sua diciottesima edizione e porta sui palchi di Faenza, Russi e Tredozio musicisti di grande qualità. Le attività della prossima edizione si svolgeranno dal 13 al 17 luglio e proporranno al pubblico diverse novità importanti tra cui l’ingresso, per la prima volta, del festival nel prezioso scrigno rappresentato dalle sale della Pinacoteca Comunale di Faenza dove sarà ospitato il concerto del SaxArt Project, una rilettura di pagine classiche e jazz con Branford Marsalis, Marco Albonetti e un ensemble di talentuosi sassofonisti provenienti da tutto il mondo. Branford Marsalis terrà inoltre una masterclass rivolta sia ai sassofonisti classici che jazz: un evento unico che il SaxArts Festival propone a Faenza, presso il Ridotto del Teatro Masini, nel corso della giornata di sabato 16 luglio.

Le scelte artistiche compiute dal direttore artistico Marco Albonetti come di consueto tengono conto, tra gli altri fattori, del legame umano con i musicisti invitati e questo avviene, usando le sue parole, per «dare a questi giorni un’energia che diventa linfa vitale per tutti.»

Mercoledì 13 luglio, Massimo Valentini apre a Russi, presso il Giardino della Rocca, il cartellone dei concerti del SaxArts Festival con la presentazione del suo recente lavoro, Jumble, pubblicato dalla Abeat Records. Il progetto di Massimo Valentini rivela sin dal suo titolo le intenzioni del sassofonista: mescolare stili ed epoche diverse, utilizzare suoni di varia provenienza, sia per riferimento geografico che culturale, per rappresentare la realtà di oggi.

Si prosegue giovedì 14 luglio, al Mens Sana di Faenza, con The Blowing Guitar Duet, il duo formato da Martina Effy, alla voce e alla chitarra, e Filippo Corbolini, al sax baritono: un combinazione sonora sofisticata ed elegante capace di riprendere brani celebri scelti in maniera ampia e variegata dai repertori di Paolo Conte, Michael Jackson, Ray Charles, Daft Punk e molti altri autori ancora, il tutto impreziosito anche dalle proprie composizioni.

Gli “anni ruggenti” del jazz sono la colonna sonora di venerdì 15 luglio al Palazzo Fantini di Tredozio. La Tiger Dixie Band conduce il pubblico in un viaggio attraverso le atmosfere di New Orleans e del Chicago Style, i ritmi del Charleston e del Ragtime. La formazione unisce il rispetto filologico dei timbri e dello spirito, anche grazie all’utilizzo di alcuni strumenti originali dell’epoca con una visione che tiene conto delle moderne esperienze musicali dei singoli membri ed evita di ricadere in una stucchevole operazione imitativa. (altro…)

Antonio Onorato: cerco sempre di essere in armonia con il Creato

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Antonio Onorato è il classico esempio dell’artista che non ha ancora raccolto completamente quanto meritato. Sontuoso chitarrista, compositore ispirato… e persona davvero gentile e garbata, cosa tutt’altro che scontata in questo mondo di matti, Onorato può vantare un curriculum di assoluto livello.
Più di venti album a suo nome e soprattutto la padronanza di uno stile affatto personale in cui gli stilemi jazzistici si fondono con il linguaggio della cultura napoletana, con la musica medio-orientale e brasiliana. Non a caso ha viaggiato molto, in particolare negli Stati Uniti d’America, suonando, tra l’altro, al Blue Note di New York, in Brasile e soprattutto in Africa.
Lo abbiamo intervistato sabato 18 giugno poco prima dell’applaudito e convincente concerto pomeridiano alla Corte di Palazzo Morpurgo nell’ambito del Festival Udin&Jazz 2016 di cui riferiremo nei prossimi giorni.

-So che per settembre è prevista l’uscita di un nuovo disco che hai inciso con Franco Cerri. Ce ne vuoi parlare più nel dettaglio?
“E’ un disco che corona una collaborazione che va avanti da una quindicina d’anni. Lui ha tra l’altro partecipato ad un disco che è uscito una decina d’anni fa, che feci assieme ad altri chitarristi; il disco si chiamava “Four Brothers” ed eravamo tre chitarristi di Napoli – io, Pietro Condorelli e Aldo Farias – con l’aggiunta per l’appunto di Franco Cerri come ospite. Questo era però un disco cumulativo, di più chitarristi; poi la nostra collaborazione è andata avanti con molte serate, tanti concerti e come ti dicevo viene ora coronata da questo album cui ovviamente tengo moltissimo, anche perché è fatto a nome di tutti e due cosa che per me rappresenta un grandissimo onore”.

-Siete in duo o c’è qualcun altro?
“Siamo in quartetto con una formidabile sezione ritmica costituita da Simone Serafini al contrabbasso e Luca Colussi alla batteria”.

-Che tipo di repertorio avete scelto?
“Diciamo che mi sono un po’ più io avvicinato alle cose di Franco, quindi un repertorio molto classico, molto mainstream che va dagli standards che Franco ama suonare di più come “Bye Bye Blues”, “Corcovado” di Jobim fino a quello che per me è il pezzo più riuscito dell’album, una rielaborazione perfettamente arrangiata da Franco di “Munasterio ‘e Santa Chiara”; la maggior parte dei brani sono stati registrati in studio nel settembre del 2015, mentre due sono live, presi da un nostro concerto tenutosi al Teatro Palamostre di Udine il 2 dicembre del 2011”.

-Nell’album non ci sono composizioni originali?
“Sì, c’è un mio brano che si intitola “Neapolitan Minor Blues” che ho riproposto anche con questo quartetto”.

-Come si conciliano due chitarristi solisti quali indubbiamente siete tu e Franco Cerri?
“Siamo abbastanza complementari: abbiamo un modo di suonare molto simile di matrice bop ma la nostra complementarietà sta proprio nel fatto che sono due chitarre jazz marcatamente italiane, hanno cioè questo stile melodico tipicamente italiano, elemento questo che mi ha sempre colpito quando ascoltavo la musica di Franco. Lui è un chitarrista jazz “italiano” “.

-Cosa intendi con il termine chitarrista italiano?
“Noi italiani abbiamo un senso, un gusto per la melodia che altri non hanno, molto più forte rispetto agli americani … e parlo anche di raffinatezza, di eleganza. Insomma credo che queste siano le caratteristiche di Franco Cerri ed è una strada che anche io ho inteso sempre perseguire”.

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