E Gian Maria Testa sempre nell’ aria

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Teatro all’aperto, ore 21

Enrico Rava, flicorno
Francesco Diodati, chitarra
Gabriele Evangelista, contrabbasso
Enrico Morelli, batteria

Indiscutibilmente una serata di splendido Jazz quella che l’ Associazione Alba Jazz ha voluto regalare a se e alla città aggiudicandosi questo quartetto eccezionale: Rava in stato di grazia per pathos, idee, e quella sua poetica che lo rende così particolare, e che ieri sera ha incantato con il suo flicorno, i tre giovani musicisti con lui che non ho difficoltà a definire stupefacenti per tecnica, espressività, coesione ed intensità. Tutte caratteristiche bilanciate con uno stile ed una grazia notevolissimi, anche nei momenti complessivi di massima energia.

Il concerto comincia con l’omaggio, emozionante, commovente, a Gian Maria Testa, al quale come sapete è dedicato tutto il festival. Enrico Rava decide di riarrangiare “Nient’altro che fiori”, canzone incantevole resa con una dolcezza ed una poesia da brivido. Il silenzio quasi stordito del pubblico, un cielo stupendo, il teatro all’aperto dietro al duomo non si dimenticheranno facilmente: chi c’era sa cosa intendo.
E già con questo brano lento, dolce, si comincia a capire il livello dei musicisti e di questo quartetto affiatato e praticamente impeccabile: la fusione perfetta tra un musicista di enorme esperienza che non ha mai rinunciato alla curiosità creativa e al contatto con le nuove generazioni e un trio di giovani vulcanici che riescono a dimostrare un rigore stilistico considerevole pur non rinunciando a vivacità e vigore.
Brani originali tratti dal nuovo disco “Wild Dance” e qualche standard, la cifra del concerto è una bravura finalizzata (come deve essere) non al mostrare i muscoli o a fare acrobazie fini a se stesse: le acrobazie ci sono (Morello alla batteria è veramente portentoso, il suono di Evangelista e la sua capacità ritmico armonica sono travolgenti e Diodati spreme dalla sua chitarra ogni tipo di nota e timbro possibili con fantasia inesauribili) ma te ne rendi conto, non so come dire, alla fine delle frasi e dei pezzi. Te ne rendi conto un attimo dopo, perché “durante” hai ascoltato musica, non guardato salti mortali.
La chitarra elettrica si fonde perfettamente con gli strumenti acustici: i quali prendono spunto continuamente dalla chitarra elettrica. La batteria la si potrebbe seguire da sola estrapolandone i suoni dal contesto per la musicalità che riesce ad esprimere, come in un “concerto nel concerto”, eppure ogni singolo battito ha il suo senso più grande nell’interazione con gli altri. Così come accade per ogni singola nota del flicorno di Rava e del contrabbasso di Evangelista – che canta incessantemente creando idee su idee – e della chitarra di Diodati, che fornisce continuamente qualche nuovo spunto timbrico con i suoi effetti, sempre congrui al contesto.
La scaletta è variegata e spazia tra brani quasi surreali (come “Space Girl”, dedicata all’ astronauta Samantha Cristoforetti, e che con i suoni paradossalmente riesce ad evocare silenzio, lontananza, assenza di gravità, suggestivi spazi infiniti) e rivisitazioni ritmiche e timbriche di brani celebri quali “You don’t know what love is”, nel quale fantasia, energia, voglia di esprimersi danno vita ad uno standard completamente nuovo, nel quale non mancano scambi di ruolo, fantasia illimitata negli assottigliamenti improvvisi di organico e nella ricchezza delle dinamiche. Un quartetto capace di sussurrare delicate poesie in 3/4 e di macinare suoni potenti come treni in corsa senza mai perdere l’ intensità e il garbo.

Il bis è dedicato con finezza e swing da vendere a Fats Waller: così, tra gli applausi, si conclude un gran bel concerto di Jazz.

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